domenica 7 febbraio 2021

Cementir - anche negli altri stabilimenti solo chiusure, mentre Caltagirone raccoglie profitti con gli stabilimenti all'estero. E per quanto riguarda Taranto...

stendiamo un velo pietoso sulla vicenda degli ex- cementir, oggi Cemitaly/Italcementi

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Buzzi Unicem ha preso il posto della cementir

La Buzzi Unicem chiude la sede ad Arquata, la protesta dei sindacati: “Violati gli accordi”

Venti posti di lavoro a rischio, ma l’azienda rassicura: fino marzo nessun licenziamento ma la cassa Covid-19 

ARQUATA SCRIVIA. L’attività avrebbe dovuto continuare almeno fino al 2024, in concomitanza con l’annunciata fine dei lavori del Terzo valico. Invece, non avendo la Grande opera inciso sulla produzione di cemento, la ex Cementir di Arquata Scrivia sarà chiusa e venti lavoratori rischiano di finire a spasso.

L’annuncio è stato dato ieri 5 febbraio ai sindacati dalla Buzzi Unicem di Casale, proprietaria della controllata Arquata Cementi, titolare dell’impianto di macinazione. La fabbrica in pochi anni ha cambiato tre volte proprietà: nel 2018 era stata ceduta dal gruppo Caltagirone alla Italcementi-Heidelberg, già proprietaria del cementificio a Novi Ligure. Nel 2019 l’impianto di Arquata era diventato della Buzzi Unicem con il centro di macinazione di Borgo San Dalmazzo (Cuneo) e di una cementeria a Firenze.

I muri dello stabilimento, invece, sono rimasti a Italcementi-Heidelberg. La Buzzi Unicem ha fatto sapere di voler cessare l’attività anche nello stabilimento di Greve in Toscana, «nel quadro del processo di razionalizzazione e consolidamento della struttura produttiva in corso da alcuni anni, e a seguito del perdurare della scarsa attività del mercato delle costruzioni».

«Nonostante gli annunci di significativi investimenti e stimoli pubblici destinati alle grandi opere infrastrutturali - prosegue l’azienda - e più in generale all’edilizia, si rileva comunque un mancato miglioramento dei volumi di vendita, anche in seguito all’emergenza Covid-19. Il mercato nazionale- conclude - è passato da 47 milioni di tonnellate di produzione nel 2006 a 19 nel 2019, con una chiusura del 2020 di circa 17 milioni di tonnellate».

L’azienda rassicura: non ci saranno licenziamenti fino al 31 marzo, in base alla legge, e sarà utilizzata la cassa integrazione Covid-19. Annuncia inoltre la volontà di confrontarsi con i sindacati per «minimizzare l’impatto sul personale». I sindacati edili Feneal Uil e Fillea Cgil parlano di «motivazioni di carattere tecnico finanziario incomprensibili» e ricordano la battaglia del 2017, quando la fabbrica venne occupata dai lavoratori per protestare contro la chiusura annunciata dal gruppo Caltagirone.

Alla fine, la fabbrica venne salvata grazie a un accordo che coinvolgeva la Cementir nel Terzo valico. Il Cociv si fece carico di assumere alcuni lavoratori e l’azienda ottenne alcune commesse non decisive per il futuro. «Gli accordi del 2017 - sostengono i sindacati - prevedevano il mantenimento dell’impianto almeno fino alla fine dei lavori del Terzo Valico. L’annuncio di oggi, in aperta violazione degli accordi è inaccettabile oltre che sorprendente».
Nel decennio scorso l’allora Cementir è stata condannata per i disagi causati dalle sue emissioni agli abitanti delle case vicine.            

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