BARI - La Corte dei Conti «frusta» i politici alla
Regione e boccia il 90 per cento dei bilanci dei gruppi consiliari.
Conti del bar, ristorante, biglietti della Fiera, spese astronomiche di
telefonini e spese di rappresentanza ingiustificate. Per non parlare di
pieni fatti contemporaneamente nello stesso giorno (di diesel e benzina)
o di conti «salati» al ristorante pagati cash in barba alle regole
sulla tracciabilità finanziaria. Pur se la Regione Puglia non può essere
paragonata (per ora) al Lazio, alla Lombardia o alla Basilicata dove si
sono abbattuti cicloni giudiziari sugli sprechi a carico di Pantalone, i
giudici contabili pugliesi richiamano all'ordine i partiti politici
dettando la linea sul rispetto di regole. Una decisione, quella
pubblicata l'altro giorno dalla sezione di controllo dopo il «faro»
acceso un mese fa con le richieste di chiarimenti, che passa in rassegna
i rendiconti dei vari gruppi consiliari di via Capruzzi facendo
emergere uno spaccato di «consuetudini» che la dicono lunga sulla
gestione allegra dei contributi.
Ad onor del vero, va detto che la Puglia è una delle regioni italiani
che «regala» ai gruppi il minor numero di fino: fino all'anno scorso
erano 750 mila euro, mentre da quest'anno - con le nuove regole -
arriveranno a non più di 350 mila (5mila euro a poltrona) salvo poi
ridursi quando si ridurrà il parlamentino.decisione a sorpresa La scure
della Corte dei conti è stata un po' inaspettata per tutte le regioni
italiane: occorre fare un passo indietro e arrivare alla legge 213 del
2012, varata dal governo Monti prima di Natale scorso) che ha previsto
l'obbligo di rendicontazione da parte dei gruppi consiliari regionali
sulle entrate e sulle spese rappresentate dall'utilizzo dei contributi
pubblici.
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