giovedì 8 agosto 2019

A pochi passi da Taranto, nel ghetto dei migranti braccianti di Metaponto muore in un incendio una giovane bracciante nigeriana - Eris Petty Stone - nostra sorella di classe!

Il corpo della giovane nigeriana di 28 anni  non è  stato recuperato perché si trova in una posizione rischiosa a causa delle presenza di bombole di gas.  La bracciante era arrivata in Italia nel 2015, quando presentò domanda per il permesso di soggiorno alla questura di Padova che però la respinse. In seguito la 28enne, che aveva due figli nel  luogo di origine, aveva fatto ricorso ed era in attesa del responso

L' incendio è scoppiato in un capannone in provincia di Matera. Lo stabile è l’ex complesso industriale “La Felandina”, situato a Metaponto di Bernalda, che ospita stabilmente diversi immigrati che lavorano come braccianti nei campi della zona. Si tratta di una struttura in cui uomini e donne vivono da anni in condizioni precarie e nel quale le fiamme hanno iniziato a divampare la mattina del 7 agosto per cause ancora da accertare, ma non si tratta di rogo doloso. Una prima ipotesi è che l’incendio sia scaturito dall’esplosione di una delle bombole di gas presenti nel capannone

I media locali riportano che le condizioni della struttura erano talmente malandate da far pensare che fosse “solo questione di tempo” prima che avvenisse qualche incidente, mentre molti commentano l’accaduto riferendosi a “La Felandina” chiamandola “il ghetto”... i migranti sono intanto stati radunati all’esterno della struttura in attesa di recuperare le proprie cose.

La dichiarazione dello Slai cobas per il sindacato di classe Taranto 
Ora le ipocrite dichiarazioni di istituzioni e sindacati complici dei padroni e padroncini dello sfruttamento e delle orrende condizioni di abitabilità e vita dei braccianti - dichiarazioni utili solo a sgomberi, deportazioni, ulteriori ricatti - 
Invece che assistenza ' comitato per l'ordine e la sicurezza'!
Vogliamo il permesso di soggiorno per tutti, vogliamo case e trasporti

Una morte annunciata": dice don Pasquale Giordano
, parroco a Bernalda e responsabile Caritas interparrocchiale in una intervista a Radio Vaticana Italia, .. L’area era degradata e «il Demanio che avrebbe potuto rendere più umana, magari impiantando una pompa d’acqua, la vivibilità di quella zona» non è intervenuto.
La comunità ecclesiale, che cerca di aiutare queste persone, "si è attivata per sensibilizzare le istituzioni ma - prosegue don Pasquale - abbiamo trovato indisponibilità dovuta al fatto che le norme attualmente vigenti puntano molto sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» e quindi, è la conclusione del sacerdote, «ogni azione che si sarebbe potuta compiere per rendere più vivibile quell'area è stata bloccata per la paura di incorrere nella violazione della legge».
"È successo sotto casa nostra. L'orrenda morte di una donna in un capannone dell'area industriale (mai nata) Felandina, dove sono ammassati centinaia di lavoratori che vengono utilizzati in agricoltura soprattutto in questo periodo di raccolta dei prodotti della terra, chiama in causa le responsabilità di ciascuno di noi. Nessuno escluso". Così in una nota Salvatore Adduce, presidente di Anci Basilicata.

Il sindaco di Bernalda, Domenico Tataranno, ha commentato così la morte della donna: “Prima di tutto viene il dolore che è priorità in una situazione complessa come questa, legata a un problema mondiale come quello dei migranti, che è gestito in primis dagli amministratori locali con pochi mezzi e tanti problemi da affrontare”. “Abbiamo da tre mesi un’ordinanza di sgombero degli immobili, occupati da circa 500 persone – ha aggiunto il primo cittadino – ma i tempi della burocrazia sono quelli che sono”. A lui si unisce anche il presidente della regione Basilicata, Vito Bardi, che attraverso il suo ufficio stampa comunica: “Come comunità di Basilicata facciamo nostro questo dolore, la Regione sarà in queste ore al fianco del Comune di Bernalda per offrire supporto nella gestione dell’emergenza”. “Darò specifiche indicazioni – ha aggiunto il presidente regionale – perché si faccia in Regione prima possibile il punto della situazione per il coordinamento delle azioni”.

Sono 500 i migranti, tutti regolari, che vivono in condizioni disumane

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