Ancora
una volta strumentalizzando l'incendio e la morte/assassinio della
migrante nigeriana, il Ministero, la Prefettura, con la posizione
ambigua del Sindaco di Bernalda, stanno preparando lo sgombero del
campo La Felandina per "soluzioni" che sono peggiori della
situazione esistente.
Ora
stanno identificando e facendo fotosegnaletiche ai migranti, per
dividerli tra "regolari" e "irregolari",
per controllarli, intimidirli, ricattarli - Un ricatto e una
forzatura chiaramente repressiva che va respinta, da ogni e da tutti
i migranti presenti al campo.
Su
questo lo Slai cobas sc di Taranto, unitamente alle iniziative che
stanno prendendo altre realtà e associazioni, dopo l'assemblea di
mercoledì scorso, ha inviato una diffida/denuncia a tutte le
istituzioni e organi competenti, chiedendo di mettere fine a questa
presenza di fatto repressiva della polizia nel campo La Felandina e
di non operare alcuno sgombero, prima di una soluzione reale e
condivisa dai braccianti migranti.
Le
soluzioni a cui stanno pensando sono tutte negative e da respingere:
-
NO ai "centri di accoglienza", che vorrebbe dire
rinchiudere i migranti che passerebbero da una condizione sia pur
brutta e inumana e incivile, ma di fatto autogestita da loro, ad una
condizione peggiore di controllo continuo, imposizione di obblighi.
Noi
che ben conosciamo a Taranto e in provincia come vivono i migranti in
questi "centri", in cui non viene garantito nè il cibo
sufficiente e buono, nè l'assistenza medica, ecc., denunciamo come
questa soluzione sia peggiore del male attuale.
-
NO al rimpatrio dei migranti, che stanno da anni in Italia e nei
nostri territori, e lavorano.
-
NO al rientro nel luogo di residenza iniziale, questo vorrebbe dire
nessuna garanzia di case e perdita della possibilità di lavorare
girando nei vari territori
-
NO a mettere fuori chi rifiuta queste soluzioni; parlare di
"sistemazione autonoma" è pura ipocrisia, quale alloggio
autonomo ci potrebbe essere con la miseria di salario che i
braccianti prendono dai padroni delle campagne!?
-
Non va bene neanche la sistemazione in strutture (come quella
proposta dalla Caritas) che dividerebbe i braccianti migranti in
poche decine e non garantirebbe la vicinanza coi luoghi di lavoro.
La
"soluzione" deve garantire l'unità di tutti i braccianti
migranti attualmente nel campo La Felandina, nessuna divisione,
nessuna dispersione; deve garantire la continuazione del lavoro, deve
garantire che siano gli stessi migranti ad autogestirsi l'alloggio e
le condizioni di vita.
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