Ieri sera lo Slai cobas per il sindacato di classe, insieme a due avvocati, è tornato al campo La Felandina di Metaponto.
In termini concreti abbiamo cominiciato a fare un passo avanti per avere copia dalle questure dei documenti andati distrutti nell'incendio del 7 agosto, attraverso un'azione legale collettiva che impedisca alle questure di frapporre ai singoli migranti impedimenti, vessazioni.
Il nostro intervento e soprattutto la presenza degli avvocati ha anche posto un'altra serie di problemi, denunciati dai migranti, legati ai permessi di soggiorno che ritardano ad essere rinnovati, ai ricorsi di cui non si sa niente, tutte questioni che impediscono anche di lavorare.
Via via affronteremo i vari problemi.
Ma a parte questo passo avanti, la situazione resta grave e inaccettabile.
C'è questa minaccia di sgombero che incombe e che potrebbe portare a dividere i migrati, allontanarli dai posti di lavoro - anche ieri mattina si è riunito il comitato per la sicurezza e la Lega preme per lo sgombero immediato (vedi altro aricolo in questo blog). Ma nessuno dice niente alle persone del campo.
I pasti portati dalla Croce rossa continuano ad essere scarsi, al massimo per 200 persone, quando a Felenadina le stesse istituzioni dicono che sono almeno 600, e in generale poi è un tipo di cibo che non tiene conto dell'alimentazione dei migranti - ieri sera un camper della Croce rossa verso le 19 stava distribuendo dei pezzi di focaccia - quando basterebbe organizzare una cucina da campo (come si fa nelle zone in occasione di disastri simili all'incendio) per dare una soluzione più dignitosa per il mangiare. Così per ripulire dai rifiuti, dalle macerie (per l'incendio) il campo "sono venuti una sola volta - hanno detto i migranti - ma con camion troppo piccoli". Per cui anche i pochi interventi vengono fatti, bene che vada, con una logica burocratica, i cui i migranti sono un fastidio.
C'è poi la grossa situazione di sfruttamento delle campagne, tante ora a pochi euro, che se il Ministero degli Interni. la prefettura, la polizia non divide i braccianti, deve essere l'altra importante questione su cui occorre mobilitarsi.
Chiaramente c'è un problema di organizzazione all'interno. "Qui c'è l'Africa" - diceva uno dei migranti - "ci sono persone del Sudan, della Nigeria, del Ghana, del Mali, ecc.", e vari migranti condividevano la nostra proposta, di organizzare dei rappresentanti per gruppi, per paese, per fare un comitato, necessario soprattutto se avviene lo sgombero e li disperdono.
Poi c'è la grossa realtà delle donne. Ieri sembrava che non ci fosse nessuna nel campo. Di Eris Petty nessuno ne parla più. Ma questo non può essere!
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