Un capannone interamente bruciato, in un campo simile ad una discarica. E' qui che abbiamo incontrato i braccianti migranti de la “Felandina” nella giornata di giovedì 8 agosto. La visione del campo e di quello che ha provocato l'incendio è dura ed è una denuncia lampante delle condizioni in cui sono costretti a vivere per lavorare centinaia di migranti, e che prima o poi dovevano portare ad un terribile disastro. Del capannone bruciato non resta che lo scheletro, tutto all'interno è andato distrutto; ma l'incendio ha toccato anche un capannone vicino. I migranti ora dormono negli altri capannoni, in una condizione chiaramente impossibile, ma già da prima.ì
Siamo andati innanzitutto per portare la solidarietà e la nostra vicinanza dopo l'atroce morte di Eris Petty, di 28 anni, nigeriana, del cui corpo si sono trovati solo resti carbonizzati.
I braccianti ci hanno raccontato quello che è successo, il gigantesco scoppio che solo perchè la maggiorparte erano al lavoro non ha provocato tante altre morti. L'intervento dello Stato e delle Istituzioni ha avuto agli inizi un solo scopo, allontanare i migranti che non hanno potuto recuperare nulla di quello che avevano nel capannone, e in primis i documenti, per cui tanti ora, pur avendo il permesso di soggiorno, senza i documenti è come se fossero “inesistenti. e questo, dicono i migranti, ora è il problema più urgente.
Dopo il primo giorno - hanno detto i migranti - nessuno è venuto, nè istituzioni (giovedì impegnate
nel Comitato sicurezza e ordine), nè sindacati. Invece di portare assistenza, tutto il campo poi è stato “ripulito” non delle macerie, ma delle bombole a gas e dei fornelli che permettevano loro di prepararsi i pasti. Per cui al campo senz'acqua si è aggiunto un campo senza cibo.
nel Comitato sicurezza e ordine), nè sindacati. Invece di portare assistenza, tutto il campo poi è stato “ripulito” non delle macerie, ma delle bombole a gas e dei fornelli che permettevano loro di prepararsi i pasti. Per cui al campo senz'acqua si è aggiunto un campo senza cibo.
Mentre eravamo lì è arrivata un'autobotte per l’acqua, rapidamente presa d'assalto; ma i pasti giunti tramite la Caritas e dati da cittadini solidali, commercianti, ecc., sono – dicono i migranti – assolutamente insufficienti. Per cui sono stati giorni anche di fame per tanti di loro.
Una sola struttura era
presente con un camper, quello di ‘Medici senza frontiere’, tutti
solerti e gentili nel fare da mesi un lavoro di assistenza sanitaria
e ora costretti a fare anche un lavoro di indirizzo verso i migranti
senza documenti e senza niente.
Il rapporto con i
‘Medici senza frontiere’ è stato ottimo, hanno detto che ci
conoscevano, hanno raccontato la situazione e richiesto soprattutto
assistenza legale per i migranti, perchè ora le istituzioni dicono
ai migranti di andare a fare la denuncia per la perdita dei documenti
alla stazione dei carabinieri di Metaponto, ma qui non trovano chi li
aiuta ad avere un duplicato o ad accertarne l'esistenza, invece
trovano chi li vessa con domande su dove, quando, perchè hanno avuto
il permesso di soggiorno, ecc., non tenendo conto che i migranti
vengono da tante città e da altri campi come questo, da cui altri
sgomberi, altri incendi, altre ricerche del lavoro, li hanno
allontanati. Eris Petty era stata prima mandata via dalla questura di
Padova e poi dal campo di San Ferdinando in Calabria. Come possono i
migranti ora tornare da dove sono venuti alla ricerca dei documenti o
del tagliando per il rinnovo o dei documenti dei ricorsi, che sono
andati distrutti?
Così in realtà li si
vuole ulteriormente clandestinizzare, ricattare, cacciare, nonostante
le belle parole sprecate davanti al corpo carbonizzato di Eris,
nonostante l'impegno sincero di volerli aiutare che tanti hanno
espresso, dal Parroco di Bernalda, ad alcune associazioni, ecc.
Siamo stati accolti dai
migranti nel campo molto bene. Appena abbiamo detto chi siamo, cosa
facciamo, cosa abbiamo già fatto a Taranto nella lotta per i
documenti ai migranti dei centri di accoglienza, i migranti presenti
ci hanno raccontato la loro drammatica situazione. Innanzitutto il
lavoro che sono costretti a fare: pagati 3 euro all'ora, dopo che si
alzano alle 5 e raggiungono il posto di lavoro, chi a piedi, chi con
le bici, chi preso e portato nelle campagne. Raccolgono le angurie a
Metaponto. E a parte le 3 euro hanno “diritto” a portare
un'anguria a casa… E dopo ore di lavoro sotto il sole che brucia la
testa, con la schiena dolorante, si portano al campo solo 35 euro in
tasca. Un vero inferno il lavoro che si unisce all'inferno del campo!
Ma non c'è né
vittimismo, né rassegnazione, e meno che mai un abbassare la testa,
bensì una denuncia diretta, ora rabbiosa ora calma e determinata di
quello che accade in Italia “dove ci negano anche l'acqua...
perfino in Africa non stavamo in queste condizioni”; dove c'è il
razzismo di padroni e padroncini, delle Istituzioni che non fanno
nulla, dei sindacati – i braccianti hanno fatto un attacco frontale
e diretto alla Cgil che pure in queste ore riempie le pagine dei
giornali, anche se la sua attività principale è partecipare ai
Comitati per l'ordine e la sicurezza.
“Nessuno ci tutela
dai salari infami e dalle condizioni di lavoro – hanno detto.
Eppure lavoriamo, siamo regolari, abbiamo il permesso di soggiorno...
ma siamo trattati come schiavi. In queste ore ci danno una bottiglia
d'acqua e dei biscotti... Se non bruciano, viviamo in baracche
costruite con tavole di legno imballate con plastica e cartoni, e
abbiamo solo materassi e pentolini di rame”.
I migranti ci dicono
che sono ben di più dei 500/600 censiti, perchè lì ci sono
braccianti che lavorano da tutte le parti e vengono da tutte le
parti, portati a lavorare nelle vicinanze o anche fino in Calabria, a
Sibari per raccogliere i pomidori.
Ci chiedono, poi, se
abbiamo avvocati per essere assistiti nella tragedia dentro la
tragedia della questione documenti.
Ci attiviamo subito e
stiamo lavorando per fornire, con un avvocato sul posto,
un'assistenza. Ma chiaramente diciamo che ci vuole l'azione
collettiva, la lotta.
Intanto mentre noi
siamo lì a parlare, a prendere accordi, a dare un numero di telefono
di emergenza, le autorità preparano una sola cosa, lo sgombero.
Certo, il campo è una
discarica, e ora che è bruciato un capannone, sono ancora più
sovraffollati gli altri capannoni. Ma qui almeno si fa base per il
lavoro. Lo sgombero significa essere dispersi, allontanati da questa
possibilità, per di più ora che tanti di loro sono senza documenti.
Il sindaco parla di pasti confezionati in due scuole ma lui stesso afferma che la cucina in queste scuole valeva per 50 bambini, come dare cibo ad oltre 500 migranti? Così si dice che con lo sgombero i migranti saranno portati in varie strutture di emergenza e temporanee, per pochi giorni e previste sicuramente per un numero inferiore a quello effettivo dei braccianti che sono a Felandina, molti dei quali non vogliono essere censiti alla maniera prevista, perchè spesso si rivela un mezzo solo per espellere.
Il sindaco parla di pasti confezionati in due scuole ma lui stesso afferma che la cucina in queste scuole valeva per 50 bambini, come dare cibo ad oltre 500 migranti? Così si dice che con lo sgombero i migranti saranno portati in varie strutture di emergenza e temporanee, per pochi giorni e previste sicuramente per un numero inferiore a quello effettivo dei braccianti che sono a Felandina, molti dei quali non vogliono essere censiti alla maniera prevista, perchè spesso si rivela un mezzo solo per espellere.
D'altra parte il
sindaco stesso dice che dopo pochi giorni i migranti saranno senza
abitazione e quindi per chi vuole rimanere a lavorare ci saranno
campi ancora peggiori di questo che dovrebbero lasciare.
E che dire di Eris.
Hanno scritto che i figli sono rimasti nel paese natale, ma la
stampa, non sappiamo da quale fonte, scrive che forse li ha in Italia
e non si sa dove. Neanche il seppellimento è chiaro. Ogni volta che
muore un migrante si apre la questione se e come portare il corpo nei
paesi d'origine.
Ma a parte Eris,
nessuno parla cosa ne sarà delle altre donne presenti nel campo, in
numero imprecisato. Le donne nel tempo che noi stiamo al campo
appaiono solo quando arriva la cisterna dell'acqua.
Ma non è tempo di
limitarsi alla denuncia. Se siamo andati lì ci torneremo nei
prossimi giorni è perchè vogliamo dare un contributo di sostegno,
di organizzazione e di lotta collettiva.
SLAI COBAS per il sindacato di classe
Taranto
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