COMUNICATO DELLO SLAI COBAS
L’azienda vuole avviare subito la procedura di licenziamento e intanto chiedere la cassa integrazione.
I licenziamenti sarebbero operativi a fine cigs se non esce una nuova azienda - intanto ci sarebbe un tavolo tecnico per gestire essenzialmente i licenziamenti con incentivo.
Lo Slai cobas è nettamente contro questa soluzione. Per noi: Sì alla cigs fino a dicembre 2023, ma niente avvio della procedura - continuazione della ricerca di nuovi soggetti per prendersi l’azienda con rinnovo Vertus e Tavolo Task force - NO al tavolo tecnico richiesto dall’azienda
Se stavamo tutti sotto la Regione come proponeva lo Slai cobas potevamo far sentire netta e chiara la volontà dei lavoratori.
Lo Slai cobas non firma alcun accordo che permetta all’azienda di avviare la procedura di licenziamento e non accetta alcun tavolo tecnico per incentivi e svuotamento dell’azienda dai macchinari. Noi vogliamo la richiesta di nuova cigs e continuazione del tavolo Task force per trovare una nuova azienda e invitiamo i lavoratori qualunque sia la tessera sindacale a sostenere subito e in tutte le forme questa posizione.
Albini, con la volontà di avvio della procedura di licenziamento, vuole per ora essere sicuro di licenziare a fine dicembre 23 - intanto con il tavolo tecnico vuole svuotare tutto e sperare che molti se ne vadano con incentivo che è sempre quello di prima. Avviare la cigs senza accettare la procedura di licenziamento è possibile e lo aveva proposto Caroli nell'incontro in Regione di ieri,
Nè va accantonata la via, presa in considerazione anche da parte della Task Force, di insistere per la riapertura con Albini, dato il suo bilancio molto positivo di profitti e la possibilità per gli stessi Albini di una parziale riconversione della produzione per adeguarla alle necessità del mercato.
Noi Slai cobas non accettiamo quattro soldi di incentivo, ne vogliamo che vadano via le macchine.
Ma i sindacati confederali su questo si apprestano come sempre a calare le brache e il 4/10 vanno a firmare. Dobbiamo dire ai lavoratori di non dargli il consenso - come è stato l’altra volta con l’accordo sottobanco sull'incentivo all'autolicenziamento di 14.000 lorde in comode rate, che grazie alla aperta opposizione degli operai Slai cobas, non è passato.
Dopo il disimpegno di fine agosto è calato il silenzio. Si lavora per altri 12 mesi di Cigs
Corriere di Taranto
GIANMARIO LEONE
PUBBLICATO IL 27 SETTEMBRE 2022, 21:02
Di male in peggio. Potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il titolo da dare all’odierna riunione presso la task force regionale per l’occupazione (prevista in un primo momento il 5 settembre), sul tavolo regionale di crisi “Tessitura di Mottola-Gruppo Albini”.
La Motion spa è letteralmente scomparsa dai radar: dopo l’ultima comunicazione di fine agosto, nessuno ha avuto più contatti con l’azienda di Forlì. Né la Regione, così come il gruppo bergamasco Albini e la Vertus (l’azienda di scouting incaricata di trovare investitori disposti a subentrare a Mottola) e i sindacati di categoria Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil.
Il disimpegno annunciato si è trasformato in un silenzio totale. Che difficilmente sarà interrotto da nuove comunicazioni.
Tant’è che adesso la priorità resta soltanto una: quella di mettere in sicurezza i 114 lavoratori interessati dalla vertenza, la cui cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività scadrà il 28 ottobre, ma grazie all’aggangio alla precedente per Covid terminerà il 22 dicembre. Quasi certamente si utilizzerà lo stesso strumento che ha già interessato i lavoratori dell’ex Cementir di Taranto: quello previsto dall’articolo 62 della Manovra finanziaria 2022, che aggiunge il nuovo articolo 22-ter al D.Lgs. n. 148 del 2015, rubricato “Accordo di transizione occupazionale”. L’art. 22-ter prevede che all’esito dell’intervento straordinario di integrazione salariale per le causali di cui all’articolo 21, comma 1, lettere a) e b) (i.e. riorganizzazione e crisi aziendale) ai datori di lavoro che occupano più di 15 dipendenti possa essere concesso un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, finalizzato al recupero occupazionale dei lavoratori a rischio esubero e al fine di sostenere le transizioni occupazionali. La Cigs in parola, concessa in deroga ai limiti di durata di cui gli articoli 4 e 22, è riconosciuta per un massimo di 12 mesi complessivi non ulteriormente prorogabili. Strumento che comporta anche un onere per l’azienda, ovvero il versamento del 9 per cento dei contributi previdenziali all’Inps.
Il gruppo Albini però, pur manifestando l’intenzione di avallare tale percorso, ha posto una condizione. Ovvero la firma dei sindacati sulla procedura di licenziamento collettivo che scatterebbe al termine della cigs, ovvero a fine 2023 (richiesta sin troppo scontata a fronte del fatto che il gurppo lombardo non vuole avere più collegamenti e problemi sulla vertenza, visto che l’azienda è anche in liquidazione, oltre a voler svuotare lo stabilimento dei macchinari di sua proprietà). Opzione a cui alcuni tra i sindacati hanno opposto il loro rifiuto, chiedendo che ciò avvenga soltanto una volta terminati gli ulteriori 12 mesi di cassa integrazione. Quasi certamente si cercherà una sintesi nella prossima riunione a Bari convocata per il 4 ottobre. Dopo di che, come chiedono da tempo i sindacati, la questione dovrà inevitabilmente passare a Roma, al ministero dello Sviluppo economico, già atteso da oltre 70 tavoli di crisi aziendali.
Quel che resta, per i 114 lavoratori della Tessitura di Mottola, è una grande amarezza mista a sconforto. Chi ci legge sa che sin dal principio abbiamo manifestato dubbi e perplessità su una trattativa che procedeva troppo spedita rispetto alla complessità che la vertenza in questione poneva e pone tutt’ora.
Così come avevamo segnalato per tempo che l’ingresso sulla scena della politica poteva non essere di buon auspicio. Del resto, dopo aver dato quasi per imminente la chiusura della trattativa tra il gruppo Albini e la Motion spa, prima a marzo, poi a maggio e infine quest’estate, anche la politica è scomparsa dalla scena. Come accadde lo scorso 18 maggio, quando il viceministro allo Sviluppo economico Alessandra Todde (Movimento 5 Stelle), scese nel paese del versante occidentale della provincia ionica in vista delle elezioni amministrative (che proprio a Mottola vedevano il sindaco uscente del Movimento 5 Stelle Giampiero Barulli in corsa per il secondo mandato, poi ottenuto vincendo il ballottaggio). Con lei c’erano il senatore Mario Turco, vicepresidente del Movimento, braccio destro dell’ex premier Conte e ritenuto oramai il capo del Movimento in terra ionica e l’onorevole Leonardo Donno. Tutti e tre i politici in questione sono stati rieletti (Donno e Todde nel proporzionale alla Camera, mentre Turco nel proporzionale al Senato): visto e considerato che il Movimento 5 Stelle si considera il partito dei lavoratori, l’unico progressista del Paese guidato dall’avvocato del popolo Giuseppe Conte, ci aspettiamo che adesso ritornino alla carica per difendere i lavoratori di Mottola e il presidio industriale della provincia ionica (oltre al fatto che un Rsu è attivista del Movimento a Mottola).
Ironia a parte (nella speranza come sempre di essere smentiti quanto prima), qualcuno dovrebbe spiegare cosa sia realmente successo in questi mesi. Perché il sospetto che quello portato avanti dalla Motion sia stato un grande bluff ad oggi è molto concreto.
Durante l’incontro dell’11 agosto infatti, la Motion, multinazionale di Forlì che produce la componentistica in due impianti in Vietnam e in Cina e che ha deciso di aprire un nuovo sito industriale in Italia, aveva confermato quanto presentato lo scorso 31 maggio al MiSE (inviandola al dr. Stefano D’Addona che è il Capo della Segreteria Tecnica del Sottosegretario Alessandra Todde) ovvero la manifestazione d’interesse per il sito di Mottola. Parliamo di un investimento di circa 30 milioni di euro, con la possibilità di accedere ai contratti di sviluppo del MiSE, rifinanziati con 3,1 miliardi dal PNRR. Nel dettaglio, un investimento triennale in 30 milioni di euro (di cui il 40% dell’importo era stato chiesto fosse a copertura statale, ottenendo i contributi previsti dalle misure Industria 4.0 e Bonus Sud) che doveva servire a creare in Italia il primo stabilimento per la produzione di componenti elettromeccanici ed elettronici destinati a rifornire le aziende che realizzano poltrone e divani. L’interesse della Motion non era affatto casuale, visto che la stessa è un importante fornitrice del gruppo Natuzzi (che proprio tra Matera, Ginosa e Altamura ha il suo centro produttivo) e che la stessa Motion abbia una sua sede commerciale ad Altamura. Oltre al fatto che il sito è molto vicino ad infrastrutture importanti come il porto di Taranto, l’Autostrada A-14 e lo scalo merci-ferroviario.
Il business plan 2022/2026 presentato al MiSE prevedeva l’eventuale partenza produttiva con due turni già nell’ultimo trimestre del 2024 (Mottola è stata scelta come prima possibilità di investimento anche per il fatto di possedere una manodopera abituata alle lavorazioni in turni) per un’occupazione totale che avrebbe dovuto vedere impiegate ben 282 unità. Quindi ben oltre le attuali 114. Il capannone dell’ex Tessitura andava però ampliato per consentire la realizzazione di tutta l’attività produttiva prevista. Dunque in una prima fase sarebbe stato importatodai siti presenti in Cina e Vietnam un semilavorato per ultimare la produzione a Mottola. In una seconda fase, con lostabilimento allargato e le nuove stampatrici il sito di Mottola sarebbe dovuto diventare indipendente da un punto di vista produttivo. Tanto da farlo diventare il più grande produttore europeo maccatronico per la componentistica di letti e divani (quindi produzioni meccaniche di letti e divani da una parte e produzioni di reti letto per divani e materassi). Il tutto sarebbe stato gestito da una new.co partecipata al 100% dalla Motion Spa.
L’azienda aveva inoltre chiesto al MiSE, all’interno della manifestazione d’interesse, oltre ad un aiuto economico, la piena e totale collaborazionedelle autorità locali, l’impegno della Regione Puglia nell’aiuto al reperimento delle risorseper la riuscita del progetto, nonché la disponibilità di mezzi pubblici per lo spostamento dei lavoratori e il loro percorso di formazione, oltre ad auspicare la creazione sul territorio di un istituto di formazione specifico per formare i lavoratori del domani, dando ampio spazio al settore Ricerca & Sviluppo.
Ed invece, dopo appena venti giorni, tutto sfuma, nonostante fosse stato già programmato un nuovo incontro per lunedì 5 settembre.
Nella lettera inviata al gruppo Albini, la Motion comunica “con rammarico, l’impossibilità allo stato di proseguire le trattive in corso, tese all’acquisto dell’immobile di vostra proprietà, ubicato nel comune di Mottola (TA) ed al ricollocamento del personale alle vostre dipendenze. Oltre a rilevare il permanere di una distanza nella posizione delle parti in merito a importanti aspetti dell’operazione, siamo giunti a questa determinazione anche alla luce del quadro macro economico mondiale, che sta coinvolgendo anche il nostro Paese e che determina una serie di incertezze previsionali già a partire dai prossimi mesi. Dall’inizio delle nostre trattative, lo stesso importo degli investimenti è aumentato di circa il 10% per via dell’aumento delle materie prime, anche relative ali’ampliamento immobiliarenecessario per la finalizzazione dell’investimento. Ciò ci costringe a cautela nel dar seguito (allo stato) a una iniziativa industriale in cui crediamo ancora fermamente, ma che ci vediamo costretti a sospendere almeno fino alla fine del rente anno, in attesa di poter misurare gli sviluppi e gli effetti del deterioramento del quadro economico sopra riferito”.
Tutte problematiche che però, come abbiamo più volte sottolineato, esistevano già lo scorso 11 agosto.
Inoltre, quello di Mottola non è mai stato l’unico sito su cui la Motion ha messo gli occhi (come scrivemmo ad inizio anno). Infatti, lo stesso business plan presentato per Mottola, risulta essere stato avanzato anche per la reindustrializzazione di una parte del sito di Termini Imerese ex Blutec. La Motion farebbe infatti parte di una cordata industriale che a fine giugno ha presentato uno studio di fattibilità per rilevare l’area e i capannoni della ex Blutec, al momento in amministrazione straordinaria. Ne fanno parte due aziende straniere la ‘Shapran Group‘ Llc e ‘BrovaryAluminium Plant’ Llc che producono meccanica di precisione e alluminio. C’è poi la Comal SpA è una società attiva nel settore dell’impiantistica per la produzione di energia da fonte solare ed infine la stessa Motion che ha previsto di entrare in possesso dell’area entro il mese di luglio 2022, partendo con parte della produzione il primo gennaio 2023. Il che qualche dubbio doveva pur portare nella mente di qualcuno.
Le perplessità sono tante. Anche i dubbi. In particolar modo dei lavoratori. Attesi da altri mesi di tensione e paure per il futuro. Staremo a vedere.
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