sabato 10 settembre 2022

Crisi siderurgica mondiale e azione operaia e internazionalista contro i padroni ArcelorMittal


La crisi siderurgica mondiale è contraddittoria. Da un lato la guerra in Ucraina, il blocco delle acciaierie in Ucraina, le sanzioni anti Russia hanno lasciato campo libero alle altre siderurgie per accaparrarsi nuove fette di mercato, e quindi vi è stata una ripresa per alcuni grandi produttori di acciaio nel mondo, lo stesso costo delle materie prime, a parte il gas, si è abbassato. Dall’altro evidentemente si aggrava la crisi mondiale – vedi la questione dei costi del gas - la concorrenza, la guerra commerciale tra i grandi gruppi siderurgici nel mondo. La questione è che la crisi mondiale di sovrapproduzione è preesistente all’emergenza pandemia e guerra.

Questo contesto internazionale ci permette di guardare alla questione ArcelorMittal da un ottica più generale.

Il gruppo ha annunciato che taglierà tre siti, due in Germania, Amburgo e Brama, uno in Spagna nelle Asturie, che rappresentano circa l’8/9% della produzione europea di ArcelorMittal.

Le attuali riduzioni rappresentano il 2/3% della produzione di acciaio piatto della UE e l’1% della produzione di acciaio lungo, e si ipotizza che la domanda scenderà del 5% nel 2023 rispetto al 2022.

Gli attuali ‘fermi impianti’ all’ex Ilva di Taranto, quindi, sono dentro questo quadro generale, a cui si è aggiunto l’aumento del prezzo del gas.

Secondo Bernabè, la bolletta del gas dell’ex Ilva sarebbe salita da 20 milioni al mese a 100 milioni al mese, e la Morselli all’incontro al Mise ha parlato di 300 milioni necessari per il gas per evitare che gli impianti vengano messi al minimo.

Ma, chiaramente, queste cifre sono di fonte padronale che tendono ad esagerare per giustificare nuove richieste di fondi allo Stato e cassintegrazione e sfruttamento negli stabilimenti ArcelorMittal.

Per quanto riguarda l’Italia il governo Draghi è venuto in aiuto, mettendo a disposizione il cosiddetto miliardo che è legato all’approvazione del decreto legge “aiuti”. Su questo miliardo, secondo le fonti stampa, vi sarebbe un contrasto tra la linea di Invitalia che punta a ricapitalizzare con questi soldi la fabbrica e la linea di Mittal/Morselli che li vogliono “pronto cassa” come ossigeno finanziario.

Quello che è certo che questa crisi ArcelorMittal la scarica sui lavoratori con il taglio dei siti, cassintegrazione, futuri esuberi, non interventi per manutenzione impianti e bonifiche.

Manca la risposta operaia, dentro questa crisi, all’azione di padroni e governo, e ArcelorMittal può tranquillamente avere mano libera; è del tutto assente nella discussione in Italia che ArcelorMittal è una grande multinazionale, la 2° nel mondo, e tale dovrebbe essere a questo livello la risposta operaia.

Lasciati nelle mani del padroni e dei sindacati confederali gli operai dei diversi paesi e dei diversi stabilimenti vengono messi gli uni contro gli altri.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe è una organizzazione classista e internazionalista che da sempre opera per collegare gli operai a livello internazionale e unirli nella lotta, in particolare nei grandi gruppi.

In questo autunno occorrerà adoperarsi per:

primo, sviluppare la lotta all’interno degli stabilimenti di Acciaierie d’Italia, a partire da Taranto che è il più grande e importante a livello nazionale ed europeo;

due, stabilire contatti con gli operai e le realtà proletarie e comuniste che operano verso la classe operaia là dove ci sono gli altri stabilimenti di ArcelorMittal, in Spagna e Germania in questo momento, dove ci sono tagli e chiusure.

Un problema a parte e strategicamente molto importante è la situazione dei grandi stabilimenti siderurgici ucraini, nelle mani del padroni ucraini e multinazionali e sotto le bombe dell’imperialismo russo invasore; uno di questi, il più grande d’Europa, è dell’ArcelorMittal, in cui il management peraltro è italiano.

Dobbiamo stabilire contatti, sviluppare informazione di classe di ciò che avviene nello stabilimento ArcelorMittal di Ucraina.

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