Lo Slai cobas riprende alcuni punti della piattaforma, approvata dalle RSU in occasione di un coordinamento nazionale, ma caduta presto nel dimenticatoio da parte delle segreterie sindacali locali e nazionali; e soprattutto riprende i temi di fondo della piattaforma operaia, che raccolse a suo tempo circa 500 firme, che non c’è stato modo finora di sottoporre alle assemblee generali degli operai, perché queste assemblee, annunciate e promesse dalle segreterie sindacali subito dopo lo sciopero del 6 maggio, non si sono più tenute.
La linea delle segreterie sindacali è stata: lamenti, richieste di incontri a Roma e in azienda, rivelatisi tutti inutili, e recentemente la linea degli esposti all’Ispettorato del Lavoro e alla Procura. Naturalmente esposti che lo Slai cobas condivide e appoggia, ma che finora non hanno avuto alcuna risposta seria né dall’Ispettorato né dalla Procura.
La verità è che a fronte della situazione solo la lotta può pagare.
Il governo Draghi ha risposto già ai lavoratori con 1 miliardo messo a disposizione dell’azienda e nulla per gli operai. Così come il Min. Orlando ha mandato gli Ispettori nazionali, che nessuno peraltro ha visto, solo per poi dire che “andava tutto bene”, e che la cig era legittima.
Invece niente va bene: cassa integrazione permanente, unilaterale, trasformazione delle ferie in cassintegrazione, nessuna ripresa sul piano produttivo – che peraltro in queste condizioni non garantisce salute e sicurezza né in fabbrica né sul territorio, manutenzioni ridimensionate e fabbrica a rischio incidenti - e meno male che finora non è scappato il morto.
Anche ieri, 5 settembre vi è stato un incontro tra sindacati e azienda, ma più che altro per presentare il nuovo management: il responsabile delle relazioni industriali, Pietro Golini, il nuovo capo delle acciaierie, Giuseppe d’Antuono.
In questo incontro, dice Brigati Fiom, abbiamo parlato solo di “rotazione”, ovvero “come portare al lavoro sull’acciaieria 2 che sta funzionando una parte del personale di acciaieria 1 inattiva che è in cassintegrazione”. Quindi, nessuna contestazione in realtà della cassintegrazione, ma aiuto all’azienda ad applicarla meglio. Su tutto il resto, dice lo stesso Brigati, “l’azienda ha risposto picche”. Comunque questa rotazione non è nulla, riguarderebbe solo poche unità.
Il problema è che il salario di tutti è diminuito. E la richiesta delle stesse Rsu in materia di integrazione della cig è inascoltata.
Noi vogliamo la cassintegrazione al 100% con un provvedimento del governo, l’hanno chiesta chiaramente i lavoratori che hanno firmato la piattaforma operaia, ma nessuno dei sindacati l’ha portata ai Tavoli né del governo né dell’azienda (Usb compreso).
Ora il governo in punto di morte si appresta a un decreto sull’energia (2 mesi di ammortizzatori sociali con oneri ridotti) che in realtà è una misura non è certo a favore dei lavoratori, perché di fatto incentiva le aziende a mettere in cassintegrazione.
Ma i sindacati confederali parlano a proposito di quest’ultima misura: “bisognerà vedere la norma”, che è già un Sì preventivo.
Per questo lo Slai cobas oggi al presidio ha portato una sola questione: nessuna fiducia nel governo presente e ancor meno nel governo futuro sicuramente ancor più a fianco dei padroni.
Chiaramente tra i lavoratori permane uno stato di passività, di sfiducia e rassegnazione. Un atteggiamento che purtroppo alimenta il collaborazionismo sindacale. Ma il 6 maggio ha dimostrato che quando i lavoratori vengono chiamati alla lotta generale, rispondono; e la rabbia e la protesta che cova nelle loro fila hanno la possibilità di esprimersi.
E’ questa la leva su cui opera lo Slai cobas, che è impegnata a far diventare nazionale la questione Ilva dal punto di vista degli operai.
Nell’Assemblea nazionale
proletaria anticapitalista del 17 settembre a Roma questa posizione
si sentirà forte e chiara e saranno prese decisioni conseguenti.
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