Da Buonasera
Il raccolto di chi ha navigato con i 398 migranti che sono approdati giovedì a Taranto
Ha solo undici mesi di vita il più piccolo dei 398 migranti sbarcati giovedì 22 settembre a Taranto, dopo l’approdo della nave Humanity 1. Si tratta di trecentonovantotto persone soccorse dall’organizzazione di ricerca e soccorso tedesca Sos Humanity: tra loro 178 minori.
Dopo 18 richieste e dodici giorni di attesa, lunedì notte è stato assegnato un porto sicuro – quello di Taranto – per queste persone soccorse nel Mediterraneo. Dopo altri due giorni di navigazione verso la sua destinazione, l’Humanity 1 è arrivato nella baia di Taranto mercoledì notte, spiegano da Sos Humanity. «Il tempo ha preso una brutta piega durante il nostro viaggio di due giorni verso il nostro porto assegnato a Taranto», dice Barbara, la dottoressa volontaria a bordo dell’Humanity 1.
«Dopo più di due settimane a bordo, in alcuni casi, i sopravvissuti sono stati esposti al vento forte, alle mareggiate gelide sul ponte, ed al mal di mare. Alcuni casi di febbre hanno continuato a diffondersi tra i bambini e gli adulti a bordo. A causa della mancanza di acqua dolce, non abbiamo potuto fornire docce o lavare i vestiti per giorni». I 398 migranti sulla nave di soccorso sono stati salvati dalla ong in quattro operazioni, mentre fuggivano attraverso il Mediterraneo centrale su barche inadatte alla navigazione. Si tratta di persone provenienti da sedici diversi paesi, tra cui Bangladesh, Egitto, Gambia, Libano, Mali, Nigeria, Sudan e Siria. Delle originarie 414 persone soccorse, tre bambini le cui madri non potevano più allattare al seno sono stati evacuati con le loro famiglie dalle autorità italiane. Cinquantacinque i bambini a bordo, di cui circa la metà sono malati, sempre secondo quanto riferito da Sos Humanity.
“Particolarmente vulnerabili anche i 110 minori non accompagnati. Molti dei sopravvissuti a bordo non stanno solo bene fisicamente ma anche psicologicamente, la tensione è grande”, spiega l’ong tedesca su Twitter. «Da un punto di vista psicologico, le persone soccorse sono particolarmente vulnerabili in questa situazione: sono in transito da un luogo che hanno dovuto lasciare verso uno che ancora non conoscono. Questo li fa sentire molto soli», spiega Lisa, responsabile della salute mentale a bordo di Humanity 1. «La sofferenza psicologica ha le sue radici nelle circostanze che i sopravvissuti hanno dovuto affrontare nei loro paesi d’origine. A bordo hanno denunciato minacce di morte e rapimenti. Eppure queste persone mostrano un incredibile livello di speranza e una forza interiore che mi impressiona». I primi a lasciare la nave, coloro che necessitano di cure mediche urgenti a terra, tra cui una persona con un braccio rotto, una con una ferita da arma da fuoco e una con emorragia intestinale. Era già stata segnalata una situazione precaria a bordo con le forniture di cibo e acqua pesantemente razionate a oltre due settimane dal primo soccorso.
«La precaria situazione sull’Humanity 1, durata per giorni, avrebbe potuto essere evitata se le autorità avessero assegnato immediatamente un luogo sicuro ai sopravvissuti dopo i soccorsi, come previsto dal diritto marittimo», afferma Mirka Schäfer, Osservatore dei diritti umani per Sos Humanity a bordo della nave di salvataggio. «Inoltre, ancora una volta, le autorità in questione non sono riuscite a fornire informazioni complete e un rapido coordinamento durante i soccorsi, come è loro dovere»...
Nelle stesse ore dello sbarco a Taranto delle 398 persone a bordo della Humanity 1, a Messina approdava la nave della spagnola Open Arms, con 402 migranti. A bordo anche il corpo senza vita di un ragazzo, un naufrago recuperato nei giorni scorsi quando la squadra di soccorso ha tratto in salvo 59 naufraghi, tra cui 6 bimbi, da una piattaforma petrolifera. Il giovane trovato morto si chiamava Wegihu, aveva 20 anni ed era eritreo; il corpo, avvolto in una coperta, ha navigato per 24 ore nel natante insieme ai 59 persone provenienti da Siria, Egitto, Sudan ed Eritrea. Alcuni dei migranti hanno raccontato, ha spiegato Open Arms, come nel momento in cui stavano per salire a bordo, in Libia il trafficante ha colpito il ventenne così violentemente che ha perso la vita e ha costretto gli altri a portare con loro il suo corpo. «Siamo in mare da 6 giorni con 402 persone a bordo, 60 bambini e il corpo senza vita di un ragazzo. L’indifferenza uccide in mare e toglie dignità a chi vive e a chi purtroppo non ce l’ha fatta. Abbiamo bisogno di un porto di sbarco subito» era stato l’appello della ong spagnola.
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