Dal Corriere di Taranto
GIANMARIO LEONE
08 SETTEMBRE 2022
Ripartono alcuni impianti di Acciaierie d’Italia, in particolar modo per quanto riguarda l’area a freddo. Con il ritorno al lavoro di poco più di cento lavoratori. A cominciare dall’area laminatoio a freddo (che passerà dalle attuali 270 a 380 unità).
Più nel dettaglio, il decatreno passa a 15 turni settimanali per le prossime due settimane in attesa di ulteriori verifiche; il decapaggio 2, da oggi alle 15, viaggia a 21 turni settimanali; la zincatura 2 e l’imballo da domani alle 15 vanno a 21 turni settimanali; la zincatura 1 e l’imballo ricominciano il 14 settembre con 21 turni e infine l’imballo Lid marcerà a 15 turni dalla prossima settimana.
Resteranno invece ancora fermi, così come comunicato dall’azienda lo scorso 5 settembre, l’altoforno 2 inattivo da luglio, che nelle intenzioni dell’azienda sarebbe dovuto ripartire ad inizio settembre insieme all’acciaieria 1 e il treno lamiere, tra gli impianti principali, così come risultano ridotte alcune manutenzioni. Del resto, incide sulla forza lavoro anche un altro aspetto: ovvero quello di vendere ad altri operatori direttamente le bramme e non le lamina, con ulteriore mancanza di lavoro nei reparti dell’area a freddo.
Inoltre, come già riportato, all’orizzonte s’intravede la possibilità che l’azienda possa usufruire della nuova cassa integrazione per il caro energia. Una misura attualmente allo studio del Governo, che sarebbe inserita in un decreto da approvare in pochi giorni e che consisterebbe in due mesi di ammortizzatori sociali con oneri ridotti. E la siderurgia, in quanto settore fortemente energivoro, ne beneficerebbe come i settori di automotive, agroindustria, ceramica e legno. Visto che Acciaierie d’Italia ha visto aumentare vertiginosamente i costi in bolletta, sforando la cifra monstre di 100 milioni di euro al mese rispetto ai 20 abituali. Del resto fu la stessa ad Lucia Morselli, nel corso dell’incontro dello scorso 3 agosto, a dichiarare che l’azienda poteva continuare ad operare soltanto a fronte di una garanzia di 300 milioni di euro(tramite un prestito di Unicredit con garanzia SACE) per continuare ad approvvigionarsi di gas e non mettere gli impianti al minimo di sicurezza.
Attualmente sono 2.500 i dipendenti in cassa nello stabilimento di Taranto, con il tetto massimo autorizzato per la cassa integrazione straordinaria (in vigore da marzo scorso e sino a marzo 2023) di 3.000 unità, mentre sono 500 i lavoratori in cigs distribuiti tra i vari siti del gruppo in Italia. Chiaramente, per poter eventualmente usufruire del nuovo provvedimento del caro energia, l’azienda dovrebbe sospendere quella in atto. Sicuramente nei prossimi giorni si registreranno novità in tal senso.
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