Molti che si indignano, anche sinceramente, dello sfruttamento degli operai, della violenza del capitalismo, fino a forme ora di moderno schiavismo, o come noi diciamo “fascismo padronale”, attribuiscono questo ad una volontà di violenza dei padroni, alla mancanza di una politica e forme giuridiche che la impediscano e vedono i fatti economici soltanto come un effetto; e quindi pensano che siano le condizioni politiche la causa decisiva dell'ordine economico.
In realtà queste persone capovolgono la realtà, dato che la situazione, come abbiamo già visto in tutte le lezioni della Formazione Operaia, in particolare dagli scritti su Il Capitale di Marx, è esattamente l'inverso.
Per fare chiarezza su questa questione fondamentale, che ha evidentemente conseguenze nella lotta di classe, ci rivolgiamo ad Engels e al suo importante libro “Antiduhring”, dove nel capitolo intitolato “Teoria della violenza” (di cui riportiamo solo alcuni stralci) chiarisce benissimo come stanno in realtà le cose.
Perchè è importante questa chiarezza? Perchè pensare che sia prioritario e determinante il fattore politico porta anche tra gli operai a considerare che il problema sia sempre e solo il cambiamento del potere politico, del governo per eliminare la stridente contraddizione tra una maggioranza della popolazione che produce tutta la ricchezza e non ha niente e un pugno di padroni e ricchi che ha invece tutto. Ma questa idea è illusoria e porta ad una lotta impotente: ogni governo, sia di destra che di sinistra sarà sempre al servizio della classe dominante capitalista.
La classe operaia deve porsi alla testa della lotta per rovesciare l'intero sistema del capitale, per instaurare il potere del proletariato.
E' questa verità che i borghesi, gli intellettuali, gli economisti, i giornalisti borghesi vogliono, oggi come ai tempi di Engels, nascondere e imbrogliare.
Da “Teoria della violenza” in Antiduhring di Engels
“...ci si chiede... come Robinson sia arrivato ad asservire Venerdì. Per il semplice piacere di asservirlo? Assolutamente no! Vediamo invece che Venerdì "come schiavo o semplice strumento viene costretto a servigi economici e precisamente come strumento viene anche mantenuto". Robinson ha asservito Venerdì solo perché Venerdì lavori a profitto di Robinson. E come può Robinson trarre un profitto per sé dal lavoro di Venerdì? Solo per il fatto che Venerdì produce col suo lavoro più mezzi di sussistenza di quanto gliene debba dare Robinson perché resti atto al lavoro...
...(ciò) dimostra che la violenza è solo il mezzo e che il fine invece è il vantaggio economico. Quanto il fine è "più fondamentale" del mezzo che si impiega per raggiungerlo, tanto più fondamentale è nella storia il fatto economico del rapporto, di fronte al lato politico... Il soggiogamento è stato sempre... un "mezzo che ha per fine il procacciarsi da mangiare" (preso questo procacciarsi da mangiare nel senso più lato), ma mai e in nessun luogo un raggruppamento politico instaurato "per amore del raggruppamento politico stesso"... o che il raggruppamento politico odierno di borghesia dominante e proletariato dominato esiste "per amore del raggruppamento politico stesso" e non in vista del "fine di procurarsi da mangiare" della borghesia dominante, cioè in vista del profitto e dell'accumulazione del capitale...
...Ritorniamo pertanto ancora una volta ai nostri due uomini. Robinson, "la spada in pugno", ha fatto di Venerdì il suo schiavo. Ma per riuscire a questo, Robinson ha bisogno... (di) avere a disposizione due cose: in primo luogo gli strumenti e gli oggetti per il lavoro dello schiavo ed in secondo luogo i mezzi necessari per il suo mantenimento. Quindi, prima che la schiavitù diventi possibile bisogna che sia raggiunto un certo livello nella produzione e che sia comparso un certo grado di disuguaglianza nella distribuzione. E perché il lavoro degli schiavi diventi il modo di produzione dominante di tutta la società, occorre un incremento ancora maggiore della produzione, del commercio e dell'accumulazione della ricchezza...
...Il soggiogamento dell'uomo in servitù... presuppone già il possesso di un certo patrimonio superiore alla media. Come è sorto questo patrimonio? È certo chiaro in ogni caso che è possibile che esso sia frutto di rapina e che quindi poggi sulla violenza, ma ciò non è affatto necessario. Può essere stato ottenuto col lavoro, col furto, col commercio, con la frode...
In generale la proprietà privata... nella comunità primitiva naturale di tutti i popoli civili... si sviluppa, dapprima nello scambio con stranieri, assumendo la forma di merce. Quanto più i prodotti della comunità assumono forma di merci, cioè quanto meno vengono prodotti da essa per l'uso personale del produttore e quanto più vengono prodotti per il fine dello scambio, quanto più lo scambio soppianta, anche all'interno della comunità, la primitiva divisione naturale del lavoro, tanto più diseguali divengono le fortune dei singoli membri della comunità...
...Dovunque si costituisce la proprietà privata, questo accade in conseguenza di mutati rapporti di produzione e di scambio, nell'interesse dell'aumento della produzione e dell'incremento del traffico: quindi per cause economiche. La violenza qui non ha assolutamente nessuna parte. È pur chiaro che l'istituto della proprietà privata deve già sussistere prima che il predone possa appropriarsi l'altrui bene; che quindi la violenza può certo modificare lo stato di possesso, ma non produrre la proprietà privata come tale.
Ma anche per spiegare "il soggiogamento dell'uomo allo stato servile" nella sua forma più moderna, cioè nel lavoro salariato, non possiamo servirci né della violenza, né della proprietà fondata sulla violenza... Marx ha provato con evidenza solare nel "Capitale"... che ad un certo grado di sviluppo la produzione di merci si trasforma in produzione capitalistica...
...In altri termini: anche se escludiamo la possibilità di ogni rapina, di ogni atto di violenza, di ogni imbroglio... con lo sviluppo progressivo della produzione e dello scambio, arriviamo necessariamente all'attuale modo di produzione capitalistico, alla monopolizzazione dei mezzi di produzione e di sussistenza nelle mani di una sola classe poco numerosa, alla degradazione dell'altra classe, che costituisce l'enorme maggioranza, a classe di proletari pauperizzati, arriviamo al periodico affermarsi di produzione vertiginosa e di crisi commerciale e a tutta l'odierna anarchia della produzione. Tutto il processo viene spiegato da cause puramente economiche senza che neppure una sola volta ci sia stato bisogno della rapina, della violenza, dello Stato, o di qualsiasi interferenza politica. La "proprietà fondata sulla violenza" si dimostra qui semplicemente come una frase da spaccone destinata a coprire la mancanza di intelligenza dello svolgimento reale delle cose.
Questo svolgimento, espresso storicamente, è la storia dello sviluppo della borghesia. Se le "condizioni politiche sono la causa decisiva dell'ordine economico", è d'uopo che la borghesia moderna non si sia sviluppata in lotta col feudalesimo, ma sia la sua diletta creatura, da esso volontariamente generata. Ognuno sa che è accaduto il contrario. Originariamente ceto oppresso, tributario della nobiltà feudale, reclutato tra i villani e i servi della gleba di ogni genere, la borghesia, con una lotta incessante contro la nobiltà, le ha strappato un posto di comando dopo l'altro, e finalmente, nei paesi più sviluppati, ha preso possesso del potere soppiantandola... E come è riuscita a far questo? Unicamente attraverso un cambiamento dell'"ordine economico", cui seguì, presto o tardi, spontaneamente o mediante la lotta, un cambiamento delle condizioni politiche. La lotta della borghesia contro la nobiltà feudale è la lotta della città contro la campagna, dell'industria contro la proprietà terriera, dell'economia monetaria contro l'economia naturale, e in questa lotta l'arma decisiva dei borghesi fu la loro potenza economica costantemente crescente mediante lo sviluppo dell'industria, prima artigiana, poi, progressivamente, manifatturiera, e mediante l'estensione del commercio. Durante tutta questa lotta la violenza politica stette dalla parte della nobiltà... Le "condizioni politiche" in Francia erano rimaste immutate, mentre l'"ordine economico" nel suo sviluppo le aveva sorpassate.
Ma questo non basta: la borghesia, in tutta la sua produzione, era rimasta stretta nella morsa delle forme politiche feudali del medioevo superate da lungo tempo dallo sviluppo di questa produzione, non solo dalla manifattura, ma anche dall'artigianato: tutti i mille privilegi corporativi e le barriere doganali locali e provinciali, diventati, gli uni e le altre, semplici angherie e ceppi per la produzione. La rivoluzione della borghesia mise fine a tutto questo... perché gettò da una parte il vecchio e ammuffito ciarpame politico e creò condizioni politiche nelle quali il nuovo "ordine economico" poteva esistere e svilupparsi. Ed in questa atmosfera politica e giuridica ad essa confacente, la borghesia si è sviluppata splendidamente, tanto splendidamente che ormai non è molto lontana da quella posizione che la nobiltà occupava nel 1789: essa diventa sempre più non solo socialmente superflua, ma un ostacolo sociale; si allontana sempre più dall'attività produttiva e diventa sempre più, come ai suoi tempi la nobiltà, una classe che semplicemente intasca rendite; e questo rovesciamento della sua propria posizione e la reazione di una nuova classe, il proletariato, essa lo ha compiuto per via puramente economica, senza nessun intervento cabalistico della violenza. E c'è di più. Essa non ha affatto voluto questo risultato del suo operare che, al contrario, si è affermato con forza irresistibile contro la volontà e contro l'intenzione della borghesia, le cui forze produttive si sono sottratte al suo controllo, e spingono, come se fossero mosse da necessità naturale, tutta la società borghese alla rovina o al rovesciamento. E se la borghesia fa ora appello alla violenza per preservare dal crollo l'"ordine economico" che va in rovina, con ciò prova solo che essa è schiava dell'illusione... di potere... con la "violenza politica immediata", trasformare... l'ordine economico e il suo sviluppo ineluttabile, e quindi a sua volta cacciar via dal mondo... le conseguenze economiche della macchina a vapore e del meccanismo che essa mette in moto, del commercio mondiale e dell'odierno sviluppo bancario e creditizio...”.
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