giovedì 10 marzo 2016

GIOVEDI' ROSSI - IMPERIALISMO: LE BANCHE E LA LORO FUNZIONE

Con questo testo, riprendiamo la FO su "L'Imperialismo" di Lenin - dal 2° capitolo:"Le banche e la loro nuova funzione.



Nell'epoca dell'imperialismo le banche sono diventate potenti istituzioni monopolistiche che "dispongono di quasi tutto capitale liquido di tutti i capitalisti e piccoli industriali, e così pure della massima parte dei mezzi di produzione e delle sorgenti delle materie prime di un dato paese e di tutta una serie di paesi”. Questo costituisce uno dei caratteri fondamentali della trasformazione del capitalismo in imperialismo.
Il sistema delle banche nel processo di concentrazione annette le piccole banche, le assoggetta, le include nel proprio gruppo, mediante la partecipazione ai loro capitali, comprando e scambiando azioni, creando un sistema di rapporti di debiti, ecc.
Con la concentrazione avvenuta nell'epoca dell'imperialismo, poche, grandi banche concentrano tutte le operazioni finanziarie, compresi i prestiti statali, e realizzano un aspetto importante del dominio del capitale finanziario nell'intero sistema del capitale
Già Lenin descriveva questo processo e diceva che si forma “una fitta rete di canali che abbracciano tutto il paese, centralizzano tutti i capitali ed entrate in denaro e trasformano migliaia e migliaia di aziende economiche sparpagliate in un'unica azienda capitalistica nazionale e poi in un'azienda capitalistica mondiale”.

Quindi, si realizza “la sottomissione ad un unico centro di un numero sempre maggiore di unità economiche, prima relativamente “indipendenti” o, meglio, localmente circoscritte... esso rappresenta una centralizzazione, un elevamento della funzione dell'importanza, della potenza dei giganti monopolistici”.
Con lo sviluppo della concentrazione delle banche, esse finiscono ad agire come una sorta di unico capitalista collettivo, o, meglio, di un pugno di monopolizzatori che assoggettano le operazioni industriali e commerciali dell'intera società capitalista.

Qui, poi, Lenin mette in luce un aspetto del sistema di dominio, che appare, secondo la legge borghese, legale ma che in realtà da ai monopoli bancari “la possibilità anzitutto di essere esattamente informati sull'andamento degli affari dei singoli capitalisti, quindi di controllarli, di influire su di loro, allargando o restringendo il credito, facilitandolo o ostacolandolo, e infine di deciderne completamente la sorte, di fissare la loro redditività, di sottrarre loro il capitale o di dar loro la possibilità di aumentarlo rapidamente e in enormi proporzioni, e così via”.

Dopo di che Lenin irride ai riformisti che normalmente descrivono questo processo o per farne un'apologia di ineluttabilità, intesa qui come giusta e necessaria, o per muovere dei patetici rimproveri e mostrarsi spaventati dell'accelerazione della concentrazione o del dominio di un cartello sull'altro (di solito facendosi portavoce o dei cartelli dominanti, quando ne fanno l'apologia, o dei cartelli minori, quando si vestono da censori e critici).
Per non dire poi, quando tutto questo viene addebitato alle leggi bancarie esistenti, di cui si chiedono, quando si è critici, la riforma. Lenin taglia corto su questo “In tutti i paesi capitalisti, qualunque sia la loro legislazione bancaria, in ogni caso si rafforza e si accelera di mille doppi, per opera delle banche, il processo di concentrazione del capitale, di costituzione (dominio) dei monopoli".

Marx ne Il capitale, sottolinea Lenin, scriveva che “le banche creano la forma di una contabilità generale e di una distribuzione generale dei mezzi di produzione su scala sociale, ma soltanto la forma”.
Qui, Lenin mette in luce che questa “contabilità generale” significa che nelle banche affluiscono tutte le possibili entrate in denaro, non solo dei capitalisti, grandi e piccoli, ma anche della piccola borghesia, dei proprietari, e di strati consistenti di impiegati e lavoratori meglio pagati.
Ma questa raccolta generale, questa socializzazione del denaro nella raccolta, diventa privata nell'appropriazione e nel suo uso, per possedere per così dire e ripartirsi i mezzi di produzione che finiscono, così, tutti nelle mani e nell'uso del grande capitale, mentre proletari e masse si impoveriscono e l'intera società viene colpita da squilibri strutturali, agricoltura e industria, industria pesante e industria leggera, ecc.
Tutta la rete di casse di risparmio e casse postali svolgono la funzione di decentrare, penetrare nel maggior numero di località, anche in quelle remote, e, quindi, nei larghi strati popolari. E qui rastrellano i risparmi e li vincolano a operazioni cambiarie, ipotecarie. Dall'altro lato questi risparmi accumulati finiscono comunque nelle mani dei grandi magnati del capitale bancario e, quindi, si tratta di una rete decentrata di Istituti che formalmente dovrebbero essere al servizio del popolo, inteso quegli strati che il risparmio se lo possono permettere, quando invece diventano dei veri e propri accaparratori, per conto terzi, di questo risparmi, rovinando il popolo.
Mentre ben altro è l'atteggiamento verso quei milionari industriali o finanzieri che si trovano sull'orlo del fallimento. Qui il sistema bancario funziona come funziona in generale lo Stato verso il capitale: socializzare le perdite, difendere i profitti presenti o futuri.

Con lo svilupparsi della fase dell'imperialismo, e della concentrazione, centralizzazione di cui si è parlato, anche la funzione della Borsa cambia e diventa altra cosa da quello che dice di essere e che in qualche misura lo è stata negli albori del capitalismo concorrenziale, vale a dire una intermediaria di scambi, una regolamentazione di essi, attraverso l'incontro, per così dire, della domanda e dell'offerta, di venditori e compratori, qui non di beni materiali ma di azioni e titoli.
Via via, però, questa funzione è assorbita e assolta dalle banche “ogni banca è una Borsa”, e quindi anche la Borsa viene ad essere un luogo in cui avviene lo spogliamento del pubblico da parte di un gruppo di monopolisti.

Questo è particolarmente importante sottolinearlo, perchè anche oggi gli alti e bassi delle borse pretendono di essere i termometri dell'economia, quando essi riflettono esclusivamente lo scontro e l'azione dei grandi gruppi monopolistici e in primis delle banche e della grande finanza. Tutti i lamenti sul dominio della speculazione o, addirittura, tutto lo scaricare le oscillazioni della Borsa, i suoi cali e crolli, all'azione della speculazione, vista come una sorta di moloch oscuro, è puro, come direbbe Lenin, tentativo di celare le inezie; vale a dire sono la voce di chi "non si propone di svelare l'intero meccanismo e di mettere in chiaro gli imbrogli dei monopolisti bancari, bensì di nasconderli"
Non di disvelare le leggi e le cause di quello che avviene ma di renderle ancora più oscure, per conto e nell'interesse di chi domina effettivamente il sistema capitalista nell'epoca dell'imperialismo. 
(CONTINUA)

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