L'Eni ammette: petrolio sversato sui terreni 400 tonnellate di petrolio dal Centro oli
di Antonella Inciso
Quattrocento tonnellate di petrolio si sono sversate nei terreni dentro e fuori il Centro oli dal mese di agosto dello scorso anno. E a causarle non è stato il serbatoio A del Cova di Viggiano, come emerso fino ad oggi, ma quello D. L’Eni lo ha spiegato, ieri, al tavolo che il Governo ha convocato sulla questione inquinamento Cova. Aggiungendo, anche, che entro la fine di maggio, avrà concluso la
messa in sicurezza dell’area interessata e che il lavoro fatto è ad ottimo punto, tanto che parte del liquido che fuoriusciva è stato bloccato al primo piano della fascia.
Ma le rassicurazioni, le parole tese a rasserenare gli animi, non sono state sufficienti a chiudere la questione. Da ieri, la vicenda Cova ed il suo impianto sono divenuti casi «di rilevante interesse nazionale». Tanto che il Ministero dell’Ambiente e la Regione Basilicata, entro le prossime due settimane, faranno partire un’ispezione. Una sorta di maxi controllo non solo sul Centro oli ma sull’intero processo produttivo: dai pozzi di estrazione della Val d’Agri alle condotte che portano dirette a Taranto. Insomma, ad essere controllato, verificato ed analizzato, avendo come riferimento i parametri nazionali, sarà ogni centimetro dell’impianto di estrazione. Un pool di tecnici del
Ministero, dell’Ispra e dell’Arpab, esaminerà le reali condizioni dell’area inquinata, controllerà non solo le eventuali perdite ma eseguirà accertamenti su tutti i passaggi del processo produttivo.
Un risultato giudicato estremamente importante dalla Regione Basilicata e dal suo assessore regionale all’Ambiente, Francesco Pietrantuono, secondo cui «ora si affronta la questione nella sua interezza, non si ragiona più sul pezzettino ma sull’intero processo cercando di elevare gli standard di qualità».
D’altra parte, la stessa compagnia petrolifera, ha assicurato la massima collaborazione e - proprio durante la riunione di ieri - ha confermato anche di aver implementato tutte le attività per la messa in sicurezza totale dell’impianto; di aver recepito nel nuovo piano di caratterizzazione (dopo la bocciatura da parte della Regione della prima stesura del progetto) tutte le prescrizioni che sono state richiesta dal Ministero e soprattutto di lavorare ad un piano di manutenzione straordinario dell’impianto che dovrebbe essere presentato a breve. Piano quest’ultimo che potrebbe contenere anche l’ammodernamento del Cova, come sollecitato da più parti.
Ma questo è tutto da capire. Al momento, si opera ancora alla messa in sicurezza, ai controlli già estesi - come richiesto dalla Regione Basilicata - all’area prossima al fiume Agri e tra qualche giorno si aggiungerà anche l’ispezione. Quella dei vertici di Ispra e Arpab che dalla Val d’Agri setaccerà palmo a palmo tutta la zona dell’impianto di estrazione petrolifera dalla Basilicata fino alla vicina Puglia. Per poi riferire al tavolo del Governo nazionale i risultati alla fine di maggio.
Quattrocento tonnellate di petrolio si sono sversate nei terreni dentro e fuori il Centro oli dal mese di agosto dello scorso anno. E a causarle non è stato il serbatoio A del Cova di Viggiano, come emerso fino ad oggi, ma quello D. L’Eni lo ha spiegato, ieri, al tavolo che il Governo ha convocato sulla questione inquinamento Cova. Aggiungendo, anche, che entro la fine di maggio, avrà concluso la
messa in sicurezza dell’area interessata e che il lavoro fatto è ad ottimo punto, tanto che parte del liquido che fuoriusciva è stato bloccato al primo piano della fascia.
Ma le rassicurazioni, le parole tese a rasserenare gli animi, non sono state sufficienti a chiudere la questione. Da ieri, la vicenda Cova ed il suo impianto sono divenuti casi «di rilevante interesse nazionale». Tanto che il Ministero dell’Ambiente e la Regione Basilicata, entro le prossime due settimane, faranno partire un’ispezione. Una sorta di maxi controllo non solo sul Centro oli ma sull’intero processo produttivo: dai pozzi di estrazione della Val d’Agri alle condotte che portano dirette a Taranto. Insomma, ad essere controllato, verificato ed analizzato, avendo come riferimento i parametri nazionali, sarà ogni centimetro dell’impianto di estrazione. Un pool di tecnici del
Ministero, dell’Ispra e dell’Arpab, esaminerà le reali condizioni dell’area inquinata, controllerà non solo le eventuali perdite ma eseguirà accertamenti su tutti i passaggi del processo produttivo.
Un risultato giudicato estremamente importante dalla Regione Basilicata e dal suo assessore regionale all’Ambiente, Francesco Pietrantuono, secondo cui «ora si affronta la questione nella sua interezza, non si ragiona più sul pezzettino ma sull’intero processo cercando di elevare gli standard di qualità».
D’altra parte, la stessa compagnia petrolifera, ha assicurato la massima collaborazione e - proprio durante la riunione di ieri - ha confermato anche di aver implementato tutte le attività per la messa in sicurezza totale dell’impianto; di aver recepito nel nuovo piano di caratterizzazione (dopo la bocciatura da parte della Regione della prima stesura del progetto) tutte le prescrizioni che sono state richiesta dal Ministero e soprattutto di lavorare ad un piano di manutenzione straordinario dell’impianto che dovrebbe essere presentato a breve. Piano quest’ultimo che potrebbe contenere anche l’ammodernamento del Cova, come sollecitato da più parti.
Ma questo è tutto da capire. Al momento, si opera ancora alla messa in sicurezza, ai controlli già estesi - come richiesto dalla Regione Basilicata - all’area prossima al fiume Agri e tra qualche giorno si aggiungerà anche l’ispezione. Quella dei vertici di Ispra e Arpab che dalla Val d’Agri setaccerà palmo a palmo tutta la zona dell’impianto di estrazione petrolifera dalla Basilicata fino alla vicina Puglia. Per poi riferire al tavolo del Governo nazionale i risultati alla fine di maggio.
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