QUI RIPORTIAMO LE INFORMAZIONI STAMPA - poi nostre prime note.
Con la decisione presentata venerdì 26,
in cui ArcelorMittal ha messo sul piatto altri 600 milioni, per
acquisire l'Ilva, la cordata capeggiata da questa multinazionale
franco-indiana, primo produttore d’acciaio del mondo, sembra che
sarà quella preferita.
Le ragioni sarebbero: il prezzo
d'acquisto, che dovrebbe essere di 1,8 miliardi, l'impatto ambientale
e il piano industriale in relazione alla produzione e ai livelli
occupazionali.
La marcia di avvicinamento all’Ilva
potrà durare al massimo fino al 31 marzo dell’anno prossimo, nella
cordata, oltre ad ArcelorMittal, che possiede l’85%, anche
Marcegaglia, con il 15%, e IntesaSanpaolo, che entrerà nei prossimi
giorni ad aggiudicazione avvenuta.
Oggi è previsto il parere di
competenza del Comitato di sorveglianza sull’istanza presentata dai tre commissari; entro la giornata il Comitato consegnerà
al ministro dello Sviluppo Carlo Calenda le risultanze della gara.
Martedì in tarda mattinata è fissato l’incontro tra Calenda e i
rappresentanti sindacali: a valle di questo vertice si collocheranno
le valutazioni del Mise e l’aggiudicazione, che avverrà per
decreto.
Una volta sancito questo passaggio
formale, ArcelorMittal avrà trenta giorni per fare richiesta di una
nuova Aia, sulla base del piano ambientale presentato con l’offerta definitiva: da lì in poi si dovrà attendere un massimo di altri sessanta giorni per pubblicare (non oltre il 30 settembre) il decreto ambientale della presidenza del consiglio dei ministri che fisserà la nuova Autorizzazione.
nuova Aia, sulla base del piano ambientale presentato con l’offerta definitiva: da lì in poi si dovrà attendere un massimo di altri sessanta giorni per pubblicare (non oltre il 30 settembre) il decreto ambientale della presidenza del consiglio dei ministri che fisserà la nuova Autorizzazione.
Per quanto riguarda la produzione, si
prevede un tetto all'inizio a 6 milioni, utilizzando i 3 altoforni
attualmente in servizio, ma l'obiettivo è di arrivare a circa 10
milioni di tonnellate all'anno (di cui 8 dall'area a caldo) con
l'apporto di lastre e coils laminati a caldo da altri impianti
posseduti da ArcelorMittal in Europa.
Sul piano occupazionale i commissari
hanno scritto che il piano AM comporterebbe un esubero di 2mila
operai per l'assenza dell'altoforno 2 (che produce 1,85-2milioni di
tonnellate di acciaio) nel periodo 2018-2023; ma anche dagli
investimenti di Mittal per il rifacimento dell'Afo1 verrebbe una
riduzione dei lavoratori tra 1800 e 2000 persone; non solo, poi il
sottoutilizzo di tubifici può portare ad un ulteriore calo
dell'occupazione.
Sul piano ambientale AM prevede una
spesa superiore a 1 miliardo, con la previsione della completa
copertura dei parchi minerali. 1,3 miliardi dovrebbero essere messi
per il recupero della ritardata manutenzione, oltre investimenti in
altoforni e impianti di produzione, come il rifacimento del
rivestimento interno dell'Afo 5. L'attuazione delle prescrizioni
ambientali sarà ad agosto 2023
Prima dell’acquisto andrà anche
definito l’accordo con i rappresentanti dei lavoratori, serve
un’intesa sindacale e una sottoscrizione individuale di ogni
dipendente per il passaggio dall’amministrazione straordinaria al
nuovo proprietario).
Il vero e proprio contratto di cessione
in una prima fase sarà in affitto.
Tutto quello che è stato
proposto in sede di offerta dovrà essere disciplinato all’interno
del contratto, comprese le garanzie concesse da AM nelle ultime
settimane connesse al «rischio antitrust», passaggio che investe
direttamente l’istruttoria europea, per cui la direzione generale
Competition della Commissione europea sottolinea il rischio di tempi
lunghi per l’indagine su un’eventuale posizione dominante.
ArcelorMittal, aggiungono poi i funzionari Ue, ha numerose attività
in Europa, e non è possibile escludere a priori che con
l’acquisizione di Ilva possa aumentare la sua posizione in alcuni
mercati. I vertici del gruppo hanno
a più riprese escluso il rischio di concentrazione,
pur riconoscendo di essere vicini
alla soglia in alcuni segmenti, come per esempio nello zincato.
Spetterà all’Ue definire con esattezza il grado di concentrazione
del gruppo nel «freddo» e stabilire se saranno necessari «rimedi»
(e soprattutto se la «clausola di salvaguardia» ottenuta dai
commissari, legata al perimetro di Ilva, comprenda anche asset già
detenuti in Italia, come per esempio la Magona di Piombino, o
controllati dai partner della cordata, come per esempio il sito di
Ravenna del gruppo Marcegaglia). AM ha affermato, comunque, che se ci
sarà bisogno “dimagrirà” altrove e non in Italia.
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