sabato 4 aprile 2020

A Taranto comandano ArcelorMittal e Prefetto - tutti gli altri fanno tappezzeria - per noi non c'è altra soluzione sciopero o si resta a casa

dal corriere di taranto


La multinazionale ArcelorMittal Italia può tornare a commercilzzare le bramme d’acciaio. E’ la decisione finale del prefetto di Taranto, Demetrio Martino.
Il nuovo decreto infatti, arriva come risposta alla nota della società ArcelorMittal, pervenuta in prefettura il 31 marzo, con la quale si chiedeva il riesame dei contenuti del provvedimento inibitorio, in previsione della proroga delle misure governative di contenimento della diffusione del virus, previste dal Dpcm del 22 marzo.
“Il provvedimento adottato dallo scrivente, per l’aspetto della sospensione temporanea dell’attività produttiva, si è basato, come risulta dalla motivazione dell’atto amministrativo, sulla necessità di evitare la possibilità di incrementi della forza lavoro da impiegare nello stabilimento produttivo
sito in questo Capoluogo, al fine di contenere, quanto più possibile, il pericolo di diffusione del virus covid-19″ spiega il prefetto.
“Peraltro, la misura disposta, chiaramente, è stata calibrata anche sulla dimensione temporale della sospensione, valutandone la sostenibilità per l’azienda nell’arco di tempo compreso tra il 26 marzo e la data odierna – chiarisce ancora il prefetto -. L’intervenuta proroga al 13 aprile delle misure restrittive connesse all’emergenza sanitaria che il Paese sta affrontando, pone la necessità di rivalutare, complessivamente, i presupposti, le condizioni e le finalità della inibizione temporanea, nell’ottica di una possibile estensione degli effetti, fino al nuovo termine di scadenza, tenendo, anche, conto di quanto posto in essere da codesta società in adempimento alle prescrizioni di cui è stata destinataria”.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2020/03/31/ex-ilva-crisi-generale-indotto-in-difficolta/)
“In tale analisi, innanzitutto, va considerato che nel periodo di sospensione, il numero dei dipendenti impiegati in lavorazioni, sia diretti che dell’indotto, è rimasto sostanzialmente inalterato e comunque entro i limiti massimi indicati dal provvedimento prefettizio (come confermato in questi giorni anche dai sindacati) e che tale assetto di marcia è stato confermato, anche come impegno per il futuro, con nota pervenuta in data odierna” chiarisce Sua Eccellenza nel decreto.
“Occorre, poi, tenere conto di quanto dichiarato dall’Azienda relativamente alla difficoltà di carattere economico a motivo della produzione ridotta al minimo (3 milioni di tonnellate annue a fronte di 8 milioni di tonnellate annue a regime) la cui mancata commercializzazione, ove dovesse prorogarsi il divieto fino al 13 aprile, porterebbe l’impossibilità di pagare i fornitori e le imprese dell’indotto e progressivamente alla crisi dell’impianto mettendone a rischio la salvaguardia e la sicurezza” chiarisce Demetrio Martino.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2020/04/03/2arcelormittal-la-morselli-minaccia-lo-stop/)
“Non privo di rilievo, nell’attività di analisi, appare anche il rafforzamento della misure di protezione dei lavoratori, realizzato con la disposizione, adottata dal Dirigente dello SPESAL dell’ASL di Taranto, che ha aumentato di n. 5 unità l’organico del S.P.P. aziendale (Servizio Personale e Prevenzione), in adempimento all’ incarico conferito dallo scrivente con il cennato provvedimento dello scorso 26 marzo” si legge ancora nel dectreto.
Per tutto quanto specificato e in applicazione dei principi generali di proporzionalità e adeguatezza, “lo scrivente non ritiene, allo stato, di dover prorogare il provvedimento adottato in data 26 marzo, fermo restando il monitoraggio ed il controllo sulle condizioni di impiego del personale, con riferimento anche ai valori numerici giornalieri e sulla costante e totale applicazione delle misure di prevenzione da rischio sanitario, contenute nel protocollo operativo adottato da codesta Azienda in data 17 marzo 2020″.
Nella speranza che tutte le norme siano rispettate dall’azienda e da ogni singolo lavoratore, diretto o dell’indotto. Perché con la salute, di chiunque, non si gioca.

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