TARANTO - Timidi segnali di ripresa e forti criticità. Con la
disoccupazione giovanile alle stelle, una tassazione soffocante e un
territorio che invecchia. E’ la fotografia, per certi versi impietosa,
dell’economia di Taranto tracciata dal «Rapporto Taranto 2016» della
Camera di Commercio, presentata ieri in coincidenza con la 14esima
Giornata dell’Economia.
I numeri descrivono un territorio che procede a tentoni, alla ricerca
di un rilancio possibile ma sostanzialmente fermo. Immagine rilanciata
da un confronto spesso penalizzante con le medie nazionali. A partire
dal «valore aggiunto» prodotto in provincia di Taranto (ovvero le
attività prodotte e distribuite nel territorio a partire dai beni
primari): l’indice risale dello 0,5 per cento dopo il calo degli scorsi
anni. Un dato che evidenzia l’elasticità e la reattività conservata dal
sistema produttivo locale. Ma in Italia la crescita è dell’1,3 e in
Puglia dello 0,9.
Le unità produttive registrate a Taranto nel 2015 sono 55.595, con un incremento dell’1,1 rispetto all’anno precedente (in Italia +0,5). Le imprese attive sono 41.171, con un aumento
dello 0,3 per cento e un sostanziale pareggio rispetto al 2010. Crescono anche gli imprenditori stranieri, +6,5 rispetto al 4,5 nazionale, mentre diminuiscono del 2,7 per cento le aziende in procedura concorsuale.
Manca quasi del tutto la capacità d’innovazione. A Taranto le start up sono 18, di cui soltanto 8 condotte da giovani. Le imprese under 35 sono addirittura in calo del 2,1: va peggio in Puglia (-3 per cento) e in Italia (-2,7).
Il settore agroalimentare incide sulla ricchezza del territorio per il 4,6 (a livello nazionale è il 2,2): si tratta, però, di un comparto in recessione, che nel 2014 aveva fatto registrare un calo del 12,5.
Zoppica il sistema produttivo culturale: le imprese creative, legate al patrimonio storico-artistico e alle arti visive a Taranto sono 2.523, appena il 5,3 del totale (in Italia il 7,3): gli addetti sono 5.340, solo il 3 per cento del totale e il valore aggiunto prodotto ha un’incidenza del 2,6 (contro il 3,7 pugliese e il 5,4 nazionale).
Il commercio con l’estero riserva una curiosità: tra i principali partner commerciali della provincia di Taranto, assieme a Francia e Stati Uniti, figura la Turchia, appena uscita dal tentativo di colpo di stato contro il Governo Erdogan. Nell’export le cifre ovviamente drammatiche della movimentazione delle navi del porto (-22,7) e dei prodotti in metallo (-38,9), vengono compensate dai mezzi di trasporto (+106,8) e dagli apparecchi elettrici (+29,6). Il 2015 è stato, comunque, per la provincia di Taranto un anno di contrazione sia per le esportazioni (-1,4 per cento) che per le importazioni (-4,2).
Il turismo continua a rappresentare un’occasione sfruttata male, ampiamente sottostimata rispetto alle potenzialità ricettive del territorio. Il rapporto tra gli arrivi e la popolazione residente, denominato «indice di concentrazione turistica», è solo del 44,3 contro il 175,3 a livello nazionale.
Pochi gli stranieri in arrivo rispetto al totale dei turisti: a Taranto il 17,7, in Italia il 48,5. Negli ultimi quattro anni la spesa sul territorio degli ospiti d’oltre confine è crollata: 49 milioni di euro nel 2011, soltanto 28 nel 2015.
Il tempo medio di permanenza è, invece, di 4,3 giorni: più alto rispetto all’indice nazionale (3,5). Sensibile è l’incremento d’attività dei bed and breakfast e degli esercizi complementari come i campeggi (+29,3 per cento a Taranto contro la media nazionale del +5,1), mentre continua la sofferenza di hotel e alberghi.
I depositi bancari continuano ad essere concentrati soprattutto nel settore famiglie (84,2 del totale), mentre cresce lievemente la spesa corrente del Comune per la prestazione di servizi (+6 per cento). La pressione tributaria post-dissesto, però, prosegue ad essere elevatissima: ben 568,7 euro pro capite.
Preoccupano il decremento e il progressivo invecchiamento della popolazione. Catastrofici, infine, i dati sulla disoccupazione giovanile: 60,6 per cento a Taranto, con un incremento del 6 per cento rispetto al 2014 (la media nazionale è del 40,3). L’occupazione complessiva, invece, è aumentata dell’1,7 (lo 0,8 in Italia) con un salto in avanti a favore delle donne: +4,4 rispetto al 2014 (appena +0,5 a livello nazionale).
Le unità produttive registrate a Taranto nel 2015 sono 55.595, con un incremento dell’1,1 rispetto all’anno precedente (in Italia +0,5). Le imprese attive sono 41.171, con un aumento
dello 0,3 per cento e un sostanziale pareggio rispetto al 2010. Crescono anche gli imprenditori stranieri, +6,5 rispetto al 4,5 nazionale, mentre diminuiscono del 2,7 per cento le aziende in procedura concorsuale.
Manca quasi del tutto la capacità d’innovazione. A Taranto le start up sono 18, di cui soltanto 8 condotte da giovani. Le imprese under 35 sono addirittura in calo del 2,1: va peggio in Puglia (-3 per cento) e in Italia (-2,7).
Il settore agroalimentare incide sulla ricchezza del territorio per il 4,6 (a livello nazionale è il 2,2): si tratta, però, di un comparto in recessione, che nel 2014 aveva fatto registrare un calo del 12,5.
Zoppica il sistema produttivo culturale: le imprese creative, legate al patrimonio storico-artistico e alle arti visive a Taranto sono 2.523, appena il 5,3 del totale (in Italia il 7,3): gli addetti sono 5.340, solo il 3 per cento del totale e il valore aggiunto prodotto ha un’incidenza del 2,6 (contro il 3,7 pugliese e il 5,4 nazionale).
Il commercio con l’estero riserva una curiosità: tra i principali partner commerciali della provincia di Taranto, assieme a Francia e Stati Uniti, figura la Turchia, appena uscita dal tentativo di colpo di stato contro il Governo Erdogan. Nell’export le cifre ovviamente drammatiche della movimentazione delle navi del porto (-22,7) e dei prodotti in metallo (-38,9), vengono compensate dai mezzi di trasporto (+106,8) e dagli apparecchi elettrici (+29,6). Il 2015 è stato, comunque, per la provincia di Taranto un anno di contrazione sia per le esportazioni (-1,4 per cento) che per le importazioni (-4,2).
Il turismo continua a rappresentare un’occasione sfruttata male, ampiamente sottostimata rispetto alle potenzialità ricettive del territorio. Il rapporto tra gli arrivi e la popolazione residente, denominato «indice di concentrazione turistica», è solo del 44,3 contro il 175,3 a livello nazionale.
Pochi gli stranieri in arrivo rispetto al totale dei turisti: a Taranto il 17,7, in Italia il 48,5. Negli ultimi quattro anni la spesa sul territorio degli ospiti d’oltre confine è crollata: 49 milioni di euro nel 2011, soltanto 28 nel 2015.
Il tempo medio di permanenza è, invece, di 4,3 giorni: più alto rispetto all’indice nazionale (3,5). Sensibile è l’incremento d’attività dei bed and breakfast e degli esercizi complementari come i campeggi (+29,3 per cento a Taranto contro la media nazionale del +5,1), mentre continua la sofferenza di hotel e alberghi.
I depositi bancari continuano ad essere concentrati soprattutto nel settore famiglie (84,2 del totale), mentre cresce lievemente la spesa corrente del Comune per la prestazione di servizi (+6 per cento). La pressione tributaria post-dissesto, però, prosegue ad essere elevatissima: ben 568,7 euro pro capite.
Preoccupano il decremento e il progressivo invecchiamento della popolazione. Catastrofici, infine, i dati sulla disoccupazione giovanile: 60,6 per cento a Taranto, con un incremento del 6 per cento rispetto al 2014 (la media nazionale è del 40,3). L’occupazione complessiva, invece, è aumentata dell’1,7 (lo 0,8 in Italia) con un salto in avanti a favore delle donne: +4,4 rispetto al 2014 (appena +0,5 a livello nazionale).
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