Le
deposizioni di Palombella-Uilm, Rappa e Stefanelli Fiom sono importanti, non solo per quello che dicono, ma anche per quello che dicono di non sapere...
Segretari, come Stefanelli che neanche avevano idea di cosa fosse una fabbrica come l'Ilva; segretari, come Palombella che non sa in che anno l'Ilva è stata venduta ai Riva; segretari che non sanno neanche i nomi dei loro delegati e che mostrano di non sapere assolutamente di ciò che avveniva in fabbrica sulla costante mancanza di sicurezza, attacco alla salute; segretari che dichiarano tranquillamente che il sindacato ha avuto per anni più di un miliardo all'anno da Riva per il circolo Vaccarella e dichiarano spudoratamente che questi soldi erano destinati ai lavoratori e che nulla sanno delle denunce fatte da ex delegati e lavoratori su questa gestione; segretari che sulla questione dei "fiduciari"- che per anni hanno imposto in tutti i modi agli operai il loro "comando", con le minacce, provvedimenti repressivi, il mobbing - dichiarano che al massimo hanno fatto una denuncia sulla "non chiarezza" del loro ruolo, al massimo un "comunicato", ecc. ecc.
Dovrebbe essere la vita normale di un sindacato intervenire quando c'è una insicurezza che mette a rischio la vita dei lavoratori. Invece all'Ilva (lo abbiamo visto dalle deposizioni degli operai) il lavoratore lo fa per "coscienza sua", a titolo individuale, e tale viene trattato, può essere spostato dove vuole l'azienda, e nessuno dice niente, perfino quando è un rappresentante sindacale, anzi questi rappresentanti scomodi sono espulsi dal sindacato (vedi Fiom).
Non è solo un problema che sono venduti, il sindacato non c'è o quando c'è è corresponsabile dell'azione criminale del padrone e dei capi. Perchè allora non sono anch'essi sul banco degli imputati?
Ma mai dire, mai...
Nel riportare le parti più significative della loro deposizione sono sottolineate in grassetto le dichiarazioni più emblematiche di questo gestione del loro ruolo sindacale.
DEPOSIZIONI DEI SINDACALISTI
Segretari, come Stefanelli che neanche avevano idea di cosa fosse una fabbrica come l'Ilva; segretari, come Palombella che non sa in che anno l'Ilva è stata venduta ai Riva; segretari che non sanno neanche i nomi dei loro delegati e che mostrano di non sapere assolutamente di ciò che avveniva in fabbrica sulla costante mancanza di sicurezza, attacco alla salute; segretari che dichiarano tranquillamente che il sindacato ha avuto per anni più di un miliardo all'anno da Riva per il circolo Vaccarella e dichiarano spudoratamente che questi soldi erano destinati ai lavoratori e che nulla sanno delle denunce fatte da ex delegati e lavoratori su questa gestione; segretari che sulla questione dei "fiduciari"- che per anni hanno imposto in tutti i modi agli operai il loro "comando", con le minacce, provvedimenti repressivi, il mobbing - dichiarano che al massimo hanno fatto una denuncia sulla "non chiarezza" del loro ruolo, al massimo un "comunicato", ecc. ecc.
Dovrebbe essere la vita normale di un sindacato intervenire quando c'è una insicurezza che mette a rischio la vita dei lavoratori. Invece all'Ilva (lo abbiamo visto dalle deposizioni degli operai) il lavoratore lo fa per "coscienza sua", a titolo individuale, e tale viene trattato, può essere spostato dove vuole l'azienda, e nessuno dice niente, perfino quando è un rappresentante sindacale, anzi questi rappresentanti scomodi sono espulsi dal sindacato (vedi Fiom).
Non è solo un problema che sono venduti, il sindacato non c'è o quando c'è è corresponsabile dell'azione criminale del padrone e dei capi. Perchè allora non sono anch'essi sul banco degli imputati?
Ma mai dire, mai...
Nel riportare le parti più significative della loro deposizione sono sottolineate in grassetto le dichiarazioni più emblematiche di questo gestione del loro ruolo sindacale.
DEPOSIZIONI DEI SINDACALISTI
TESTE
R. PALOMBELLA - Sui
fiduciari.
Quando arrivarono i Riva arrivò una società che si chiamava Sider
Consult, a cui facevano parte queste persone. Per un anno loro non
apparirono, perché la gestione continuò ad essere come se fosse
pubblica, con gli stessi responsabili e poi, successivamente, queste
persone assunsero dei posti chiavi all’interno dello stabilimento,
però
con il sindacato non hanno avuto mai a che fare, non abbiamo mai
avuto incontri, non abbiamo mai avuto un rapporto diretto tra me e
loro.
Noi
denunciammo la non chiarezza del ruolo gerarchico all’interno
dell’azienda, c’era una struttura, quella classica, quella nota, e poi c’erano alcune persone chiave che erano all’interno di alcuni reparti, non di tutti, che svolgevano anche una loro funzione, che era appunto quella di collaborare, avevano una presenza influente.
dell’azienda, c’era una struttura, quella classica, quella nota, e poi c’erano alcune persone chiave che erano all’interno di alcuni reparti, non di tutti, che svolgevano anche una loro funzione, che era appunto quella di collaborare, avevano una presenza influente.
PUBBLICO MINISTERO
- Alla commissione d'inchiesta parlamentare che venne a Taranto,
denunciò la presenza di questi fiduciari?
PALOMBELLA
- Sì, perché ritenevo che ci fossero delle confusioni che potevano
creare problemi di infortuni. Nella
commissione loro volevano sapere per quale motivo si verificano tanti
incidenti, qual è la causa dell’incidente. Tra le cause, tra le
motivazioni che provocavano gli incidenti, io personalmente avevo
dichiarato che questi sono ragazzi giovani, sono inseriti all’interno
di una struttura particolare, come quella dell’Ilva ed in più c’è
anche un qualcosa che non si capisce, che è la struttura gerarchica,
cioè chi comanda, chi
ha il comando, chi ha la responsabilità?
P.M.
– Ma queste persone erano inserite nell’organigramma aziendale?
PALOMBELLA – No, non lo so, non glielo so dire.
P.M.
– Ma della presenza di questi fiduciari lei parlò con i
responsabili dell’azienda, delle relazioni sindacali? E che cosa le
disse, quando lei lamentò questo discorso dei fiduciari?
PALOMBELLA
– Il problema dei fiduciari per noi costituiva sempre un’anomalia,
per cui non
è che c’è stata una circostanza, ci sono state tante circostanze
dove
noi abbiamo sempre evidenziato il fatto che ci fossero delle persone
con cui noi non potevamo trattare, ma che erano quelli che avevano un
potere superiore agli altri.
P.M.
– quando vi è stata la presenza di questi fiduciari all’interno
dello stabilimento siderurgico?
PALOMBELLA
– Presumo
che a maggio del 2005 sono arrivati i Riva a Taranto.
P.M.
– Del 1995.
PALOMBELLA
- Le figure chiave, erano in posti strategici dello stabilimento, per
quanto riguarda per esempio gli acquisti, per quanto riguarda i
sistemi informativi, per quanto riguarda alcune posizioni dove
l’azienda riteneva fossero importanti ai fini del loro controllo
dell’azienda.
P.M.
– Cioè, quelle che erano inserite nell’organico come capoarea,
caporeparti?
PALOMBELLA
– Come responsabili, caporeparti, eccetera.
P.M.
– Quindi loro erano sovraordinate a queste persone?
PALOMBELLA
– Il fatto che parlavano direttamente con i proprietari.
CONTROESAME
DELLA DIFESA
AVVOCATO
– In relazione alla commissione parlamentare di inchiesta, lei
ricorda in che periodo ci fu questa seduta?
PALOMBELLA
– No, però il fatto che sia stata pubblica, immaginavo che si
poteva anche andare a rilevare quando è avvenuta.
AVVOCATO
– Infatti, è la seduta del 26 settembre del 2005.
PALOMBELLA
– Però
questa data così riavvicinata, la vedo troppo vicino rispetto al
processo di vendita dell’Ilva. Se l’Ilva è stata venduta nel
2005.
AVVOCATO
– Nel 1995.
PRESIDENTE
S. D'ERRICO – Nel 1995.
AVVOCATO
– Prima ha detto che queste persone dei fiduciari erano collegate
ad una società che era la Sider Consult. Agli atti praticamente c’è
un contratto di consulenza proprio tra la Sider Consult e l’Ilva.
Lei ne è a conoscenza?
PALOMBELLA
– Assolutamente no.
AVVOCATO
ANNICCHIARICO – Nel corso dell’esame prima, che è stato fatto
dai Pubblici Ministeri, lei ha riferito un solo episodio, di
contestazione di operai che erano stati sorpresi in orario diverso in
pausa. Da quali fonti lo ha saputo?
PALOMBELLA
– Dirette. Perché è vero che io ero il segretario dei
metalmeccanici, ma io
ogni mattina andavo in Ilva.
Avevo i miei delegati, io ho cinquanta delegati sindacali della mia
organizzazione, poi ci sono anche quelli delle altre organizzazioni.
Ovviamente c’è un luogo, un locale all’interno dell’Ilva la
mattina, dove io arrivavo e chiedevo: “Che problemi ci sono?”.
AVVOCATO
- Mi
vuole dire per favore i nomi di questi delegati sindacali?
PALOMBELLA
– Tutte le RSU dell’Ilva.
AVVOCATO- qualche nominativo
AVVOCATO- qualche nominativo
PALOMBELLA
– Antonio
Talò, Oliva
Gennaro. Piero Pallini.
AVVOCATO
– Poi?
PALOMBELLA
– Basta.
Sempre
sui fiduciari
PALOMBELLA
- c’erano delle figure organizzative, cioè figure all’interno
del reparto, che rispondevano direttamente alla proprietà.
AVVOCATO
– E chi erano nell’area officine?
PALOMBELLA
– Non lo so. Sono arrivate alcune figure collocate in diverse aree dello
stabilimento. Sull’area degli altoforni, sull’area dei parchi,
sull’area dell’acciaieria in modo particolare e così via. Per
cui, non avendo interlocuzione diretta con noi, cioè con la
struttura, loro agivano in un’area ben definita. Io,
essendo uno che non aveva rapporti diretti all’interno delle aree
produttive, ogni mattina come non facevo altro che chiedere quali
erano i problemi. Questo è durato ovviamente vent’anni. Forse
di più, fin quando io poi sono andato via. Queste situazioni, non è
una circostanza, non è un episodio, perché l’episodio
specifico io l’ho già dichiarato, tutto il resto sono tutte situazioni che venivano
riportate, come quello del RIL, piuttosto quello dell’acciaieria,
piuttosto quello degli impianti marittimi. I rappresentanti sindacali
riferivano circa la presenza di queste persone e che, ovviamente, non
ci dicevano che non erano figure che aiutavano il sistema, ma che
erano figure che il sistema non riuscivano a gestirlo. In termini
critici insomma.
Noi
non
abbiamo mai avuto la possibilità di visionare un organigramma dove
comparivano figure al di fuori di quelle che erano le strutture che
noi conoscevamo.
AVVOCATO
– E lei li ha visti tutti gli organigrammi di quegli anni?
PALOMBELLA
– Tutti. Quello che mi capitava.
AVVOCATO
– Quindi, orientativamente, dal 1996 al 2013 quanti organigrammi
lei crede di aver visionato?
PALOMBELLA
– Non ho idea.
AVVOCATO
– Di tutto lo stabilimento o di singole aree?
TESTE
R. PALOMBELLA – Presumo di tutto lo stabilimento. Ci venivano
consegnati anche i piani aziendali, i bilanci.
AVVOCATO
– Le consta che l’organigramma di tutto lo stabilimento si
componga di centinaia di pagine?
Sul
circolo Vaccarella
AVVOCATO
– Lei è stato Presidente
del circolo Vaccarella?
PALOMBELLA
– Sì.
AVVOCATO
- E fino a quando, da che data?
PALOMBELLA
– Non
lo so, non
mi ricordo.
AVVOCATO
– Nel corso della sua gestione, mi può confermare che sono state
versate somme intorno al miliardo all’anno e anche di più,
miliardo e quattro, miliardo e tre, miliardo e due...?
PALOMBELLA
– L’entità
non la so, però erano tutte somme che venivano destinate ai
lavoratori.
AVVOCATO
– Mi
conferma che rispetto a queste somme non avevate obbligo di
rendiconto ai Riva?
PALOMBELLA
– No.
AVVOCATO
– Le risulta che ci sono stati allontanamenti di diverse figure,
quali Battista Massimo, Rizzo Francesco, Fiusco Francesco per dubbi
che afferivano proprio alla gestione del circolo?
TESTE
R. PALOMBELLA – No, non mi risulta.
DEPOSIZIONE
DEL TESTIMONE RAPPA ROSARIO
TESTE
R. RAPPA – Attualmente sto in segreteria nazionale della FIOM e
seguo siderurgia e aerospazio. Sono stato segretario generale della
FIOM di Taranto nel periodo 2009 e 2012.
P.M.
– Ricorda un episodio legato ad un’aggressione verbale di un suo
delegato sindacale presso l’Ilva?
RAPPA
– Un mio delegato, Ignazio De Giorgio, che era delegato dei
tubifici del treno nastri, fu aggredito da un fiduciario, mi fu detto
tale ingegnere Corti, non so che titolo; c’era stata questa
aggressione verbale e addirittura il lancio di una sedia contro il
delegato e da allora dichiarammo 24 ore di sciopero. C’è stata una
contestazione sulle linee, credo che c’era un problema di ritmi e
così via in cui il delegato era andato a parlare con questo
fiduciario ed è stato aggredito.
Sui
fiduciari. C’era appunto una sorta di gladio interna, un sistema di
potere parallelo a quello ufficiale che nei fatti governava l’Ilva.
Queste notizie le ho apprese dai delegati
P.M.
– Lei è a conoscenza dei vari premi che venivano distribuiti
dall’Ilva ai suoi dipendenti?
RAPPA
– Un premio contrattato, che era un premio di produzione, e un
premio di risultato. L’anomalia che c’era in Ilva è che i
preposti, in questo caso i capireparto, potevano in maniera
unilaterale modificare l’entità del premio, perché il premio era
a fatto su varie fasce. Nel 2003 codificammo che questo non poteva
più avvenire, nel senso che poteva succedere che un lavoratore
prendeva un mese un premio della fascia a), il mese successivo veniva
portato alla fascia c) e così via e là regolammo un meccanismo
legandoli alla professionalità e quindi all’inquadramento.
Però
c’erano premi di fine anno, che non sapevamo l’entità, che ogni
fine anno l’azienda distribuiva - a suo giudizio insindacabile,
così come scoprii
in
corso d’opera che c’erano anche meccanismi legati all’infortunio,
in cui venivano dati obiettivi di infortuni, cioè di stare al di
sotto di un certo tipo di infortuni e in funzione del risultato
conseguito venivano dati soldi sotto forma anche di spese buono
pasto. Anche
queste non contrattate, ma decise unilateralmente da parte dell’Ilva.
Quindi
c’è una massa salariale enorme, questo ci era chiaro, noi non
eravamo autorità salariale, una massa enorme di risorse che venivano
erogate in maniera unilaterale dall’Ilva, con
un meccanismo anche qua premiale, che in realtà ridivideva una
parte, non tutta, di risparmi che l’Ilva faceva. Era una sorta di
bonus malus, più si diminuisce l’infortunio, meno si paga. Quindi
c’era anche un elemento ed una tendenza ad incentivare il non
infortunio. Ma anche casi di lavoratori che pur avendo piccoli
infortuni si mettevano in malattia per poter prendere quei soldi sul
mancato infortunio. Quindi
c’erano anche operazioni di questo tipo, come voce notoria.
La
politica retributiva dell’Ilva era legata alla produttività,
quindi tanto più si produceva produttività, tanto più i premi
unilaterali venivano erogati. In aggiunta, siccome in Ilva prevaleva
il motivo della variabilità del premio, una delle caratteristiche
era che se
si era iscritti al sindacato si stava fuori dalla premialità, poi se
era uno iscritto alla mia organizzazione ancora di più.
Noi non avevamo contezza di tutte le risorse che metteva in campo
l’Ilva sulle premialità e le sue cadenze. Perché credo, avendolo
chiesto a lavoratori, che anche fra di loro i lavoratori non sapevano
esattamente quanto prendesse l’uno e quanto prendesse l’altro.
P.M.
– le ricordo quello che ebbe a dichiarare quanto è stato sentito
dalla Guardia di Finanza, esattamente il 26 giugno del 2013. Lei dice
in merito a questi premi: “sia il contratto nazionale che la
contrattazione aziendale prevedono due premi variabili, ma non
discrezionali, legati a parametri certi e verificabili. Uno è
trimestrale, denominato PDR, premio di risultato; l’altro è
semestrale, detto PRE PRO, premio di produzione”. Quindi c’erano
questi premi legati alla produzione e al risultato?
RAPPA
– Sì,
questi sono quelli contrattati.
Fino al 2003 era il preposto che stabiliva in quale fascia inserire
per il premio di produzione, dal 2003 in avanti la fascia era
corrispondente alla qualifica di inquadramento, quindi dal 2003 in
avanti è venuta meno la discrezionalità nella attribuzione della
fascia. Prima del 2003 il premio risultato aveva delle fasce. Un
lavoratore era inquadrato in una categoria e poteva andare avanti o
indietro su giudizio insindacabile del capo. Anche qua sto alle cose
classiche, se uno scioperava – ad esempio – non era affidabile,
per usare questo tema. Se aveva assenze...
Le
consistenti liberalità elargite indubbiamente hanno il fine di
incrementare anche in maniera abnorme le quantità produttive,
sottoponendo i lavoratori a ritmi sostenuti e stressanti, che
accrescono il rischio di infortuni sul lavoro. Basta vedere il volume
della produzione del 2008, gli anni di record corrispondono ad un
volume di straordinari, a ritmi, quindi anche di elargizione, oltre
che del PDR, anche di premi personali finalizzati alla produzione.
AVVOCATO
DEL VECCHIO – Ricorda altri
casi analoghi in cui è stato programmato uno sciopero di una durata
così ampia per le 24 ore?
Per esempio, per il contratto di lavoro quante ore si sciopera?
RAPPA
– Per quello che è a mia conoscenza no, intanto non
è stato mai proclamato uno sciopero contro i fiduciari.
Probabilmente per altre cose sindacali di solito
facciamo 2 -3 ore di sciopero
AVVOCATO
DEL VECCHIO – ha ricevuto
lamentele specifiche da parte degli scritti o dei delegati
sindacali per disposizioni loro impartite da questi consulenti della
famiglia Riva?
RAPPA
–
Non ho elementi specifici.
P.M.
–
Ma
lei ha provato a chiedere a loro della presenza di questi fiduciari o
non c’è stato proprio il discorso?
RAPPA
– Non c’è stato, questo elemento non è mai venuto fuori in
termine ufficiale e formale.
AVVOCATO
ANNICCHIARICO – mi dice chi è la persona che le ha detto questa
cosa o le persone?
RAPPA
– I miei delegati. Ignazio De Giorgio, Patrizio Di Pietro, Claudio
Lucaselli. Basta.
Patrizio
Di Pietro era nell’esecutivo del consiglio di fabbrica. Gli
esecutivi erano in distacco. Claudio Lucaselli anche lui era
nell’esecutivo, in quale reparto era non ricordo. Ignazio De
Giorgio era delegato al treno nastri e tubificio era un’area unica.
Sul
circolo Vaccarella
AVVOCATO
– Cosa sa dirci della fondazione Vaccarella?
RAPPA
– Riva disse alle organizzazioni sindacali che lui non intendeva
gestire il dopolavoro e che era disponibile a dare le quantità
economiche che l’Ilva pubblica metteva nel dopolavoro Ilva e che
veniva gestito da aziende e sindacati, al sindacato.
AVVOCATO
– Mi conferma che la gestione Riva ha dato alla fondazione
Vaccarella, comunque al circolo Vaccarella 1 miliardo e 400 un anno,
1 miliardo e 300 un altro anno, 1 miliardo e 200 un altro anno, 1
miliardo e 100 un altro anno, 1 miliardo un altro anno (stiamo
parlando di vecchie lire), 850 milioni di lire un altro anno, fino ad
arrivare a 438.988 euro, che questo è andato avanti fino al 2012 e
che queste somme non avevate come sindacati obbligo di rendiconto ai
Riva, alla gestione Riva?
RAPPA
– Quelle
cifre sono appunto l’accordo sottoscritto con Riva. La gestione
delle somme era a discrezione delle organizzazioni sindacali.
AVVOCATO
– Mi conferma che lei è arrivato a Taranto proprio per verificare
e normalizzare il sindacato in base a dubbi che afferivano la
precedente gestione? In particolare c’è stata l’espulsione di
tre dirigenti sindacali, Battista Massimo, Rizzo Francesco e il suo
proprio predecessore Fiusco Francesco, per anomalie proprio
gestionali e amministrative, me lo conferma?
TESTE
R. RAPPA – Lo confermo, ma
nell’ambito della gestione della FIOM, non della gestione alla
Vaccarella. la espulsione è avvenuta, ma per fatti di natura
sindacali.
AVVOCATO–
Quando lei è venuto, mi conferma che ha provveduto alla chiusura del
circolo nautico Vaccarella, che da circolo di dipendenti e pensionati
Ilva si era trasformato in rimessaggio di barche, producendo una
gestione anomala dello stesso
RAPPA
– Le confermo…
AVVOCATO
– E mi conferma che il suo predecessore era Fiusco Francesco, che
era stato allontanato comunque per anomalie gestionali e
amministrative?
RAPPA
– Lo confermo.
AVVOCATO
– Quindi lei assume la carica di presidente del circolo Vaccarella
in data 21 luglio 2009.
RAPPA
– Sì, mi trovai a gestire nei fatti una
fondazione che non era stata registrata nell’elenco della
presidenza alla Regione Puglia in quanto fondazione.
Era stato avviato l’iter, ma non era stato mai concretizzata.
Questo diede luogo ad un contenzioso amministrativo con l’Agenzia
delle Entrate. Cosa che nel mio mandato misi a posto e credo che
intorno al 2011 ci fu il riconoscimento. C’era
poi l’utilizzo improprio che nasceva come un circolo per i
dipendenti e poi nel tempo si era trasformato in una sorta di
rimessaggio barca, che
poi io chiusi. Quindi c’era anche una serie di gestione non
finalizzata allo scopo iniziale del dopolavoro.
AVVOCATO
– Queste gestioni non rientranti nelle finalità originarie della
fondazione, erano comunque sovvenzionate, traevano la linfa economica
sempre da quei fondi di cui abbiamo parlato?
RAPPA
– Nel mio schema di valutazione politica sindacale quel tipo di
rapporti dovevano essere di volontariato, quindi decisi di utilizzare
volontari per fare quel tipo di attività, piuttosto che gente
retribuita.
AVVOCATO
– Come
si è scelto quel personale?
RAPPA
- Li ho trovati, il motivo, le modalità non saprei dire e neanche la
scelta.
AVVOCATO
– Quindi lei riteneva queste attività inconferenti rispetto alle
finalità rivenienti da quell’accordo e immagino anche
dall’utilizzo di somme?
RAPPA
– No,
non erano utilizzati dalla triplice, erano utilizzati dal dopolavoro
gestito dal sindacato e finalizzati ai lavoratori.
DEPOSIZIONE
DEL TESTIMONE STEFANELLI DONATO PIETRO
TESTE
D.P. STEFANELLI – Io dal 2000 sono in distacco sindacale, faccio il
sindacalista sempre in FIOM, attualmente lavoro in segreteria
nazionale, al dipartimento formazione sindacale, quindi mi occupo di
formazione sindacale. Prima di questo impegno, di questo incarico di
lavoro sono stato qui a Taranto per tre anni. Sono arrivato a Taranto
a maggio del 2012. L'Ilva
per me era un mondo nuovo,
non soltanto per la complessità degli impianti, ma per le sue
articolazioni. Non
sempre mi erano chiare le dinamiche,
la catena di comando che in realtà rispondeva a persone che non
erano negli organigrammi, ma erano vestiti di ruoli di poteri veri e
propri, i cosiddetti fiduciari.
Io
di questi fiduciari non ne ho mai incontrato nessuno, non ho mai
conosciuto nessuno,
però c’erano ed erano una sorta di governo ombra che condizionava
molto la situazione.
Dell’esistenza
di questi fiduciari io ho avuto trasferimento verbale da chi mi aveva
preceduto, Rosario Rappa.
Ma
di queste persone io ho sentito parlare anche dalle persone con cui
io avevo a che fare quotidianamente, perché un sindacalista che si
occupa dell’Ilva non è che ci va ogni tanto, tra l’altro io
facendo il pendolare, venendo da San Michele di Bari, e quindi
passando
davanti all’Ilva tutti i giorni, mi fermavo e molte volte ci
passavo la giornata. Nei momenti più caldi non riuscivo a mettere
piede nella sede della mia organizzazione perché il mio tempo lo
passavo lì e lo passavo in compagnia dei nostri delegati,
alle cui conoscenze io ho attinto.
Tre
anni sono un tempo breve, ma in tre anni io ho visto passare cinque
cadaveri, cinque infortuni. Mentre
noi eravamo in ogni circostanza lì pronti ad agire su questi aspetti
molto ma molto delicati e molto ma molto seri in una realtà come
quella dell’Ilva, io non posso dimenticare di essere stato in
quelle circostanze tempestato da tante telefonate che mi arrivavano
direttamente dai reparti, dai nostri delegati, dai nostri iscritti o
da semplici lavoratori che mi raccontavano del fatto che su di loro,
in piena proclamazione dello sciopero c’erano interventi di persone
responsabili, che fossero consulenti, che fossero fiduciari o altro,
che li invitavano a non scioperare, talvolta anche a minacciare
provvedimenti: “Stai abbandonando il posto di lavoro, stai mettendo
a repentaglio gli impianti”.
STEFANELLI
- Il premio di produzione, il cosiddetto PRE PRO, era derivante da un
accordo sindacale del 20 maggio del 1989. Così come il premio di
risultato - acronimo PDR frutto di un accordo sindacale del 17
settembre del 2010.
Poi
c'era il cosiddetto tempo tuta, frutto dell’accordo del 15 dicembre
del 2011, che prevedeva la corresponsione di 1 euro e 95 per ogni
giornata di effettiva presenza.
P.M.
– Oltre i premi frutto di accordi sindacali, c’erano altrimenti
premi che venivano elargiti unilateralmente dall’azienda?
STEFANELLI
– Ne
hanno sempre parlato, io non posso dimostrarlo. I
premi che l’azienda erogava unilateralmente e che noi in quel
contesto consideravamo più che mai impossibile, perché l’Ilva era
senza soldi, era ferma, non era in grado di forniture, di assicurare
la continuità della produzione, non era in grado di garantire
l’intervento di manutenzione per la sicurezza, a fine anno venivano
dati questi premi ai capi.
Noi
non solo ci opponemmo, ma ricordo che facemmo
un comunicato in cui stigmatizzammo queste prassi, invitando
espressamente l’azienda, la
direzione aziendale a non procedere in quella direzione.
P.M.
– Lei ha mai sentito parlare del premio infortuni?
TESTE
D.P. STEFANELLI – Sì, ne ho sentito parlare, erano questi
benedetti buoni spesa che venivano erogati agli operai
essenzialmente, buoni spesa Auchan. Cioè, meno infortuni potevano o
dovevano esserci e più c’era erogazione di questi buoni. Non sono
in grado di dire se venivano erogati a tutti, qualcuno li ha anche
rifiutati, quelli
della mia organizzazione questi buoni spesa li rifiutavano perché li
consideravamo eticamente fuori dai nostri valori.
Invece
del cosiddetto premio di fine anno, anche su questo le mie fonti sono
le stesse di prima, trasferimento fattomi dal mio
predecessore, che come me stava di casa e di bottega in Ilva
per cercare di capire la situazione e poi dai miei delegati.
AVVOCATO
– Lei, oltre questi tre nominativi, può indicarci qualcun altro
che le avrebbe trasferito delle informazioni utili?
STEFANELLI
– Fondamentalmente erano queste le persone.
P.M.
- Lei ha parlato prima della morte del povero Zaccaria Francesco,
avvenuta il 28 novembre del 2012. Lei era presente quel giorno in
stabilimento?
STEFANELLI
– Io ero in stabilimento, era in corso un incontro con la direzione
aziendale quel giorno. No, al mattino no.
Iniziò un temporale fortissimo a metà pomeriggio e poi arrivò
l’ondata.
P.M.
– Quindi quella mattina non ricorda precisamente quali fossero le
condizioni, quando è arrivato lei in stabilimento attorno alle otto?
Pioveva o non lo ricorda?
STEFANELLI
–
No, questo non lo ricordo.
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