mercoledì 21 febbraio 2018

LE DEPOSIZIONI DEI SEGRETARI PALOMBELLA-UILM, RAPPA E STEFANELLI-FIOM AL PROCESSO ILVA - Dalle loro stesse dichiarazioni emerge che dovrebbero stare anche loro tra gli imputati

Le deposizioni di Palombella-Uilm, Rappa e Stefanelli Fiom sono importanti, non solo per quello che dicono, ma anche per quello che dicono di non sapere...
Segretari, come Stefanelli che neanche avevano idea di cosa fosse una fabbrica come l'Ilva; segretari, come Palombella che non sa in che anno l'Ilva è stata venduta ai Riva; segretari che non sanno neanche i nomi dei loro delegati e che mostrano di non sapere assolutamente di ciò che avveniva in fabbrica sulla costante mancanza di sicurezza, attacco alla salute; segretari che dichiarano tranquillamente che il sindacato ha avuto per anni più di un miliardo all'anno da Riva per il circolo Vaccarella e dichiarano spudoratamente che questi soldi erano destinati ai lavoratori e che nulla sanno delle denunce fatte da ex delegati e lavoratori su questa gestione; segretari che sulla questione dei "fiduciari"- che per anni hanno imposto in tutti i modi agli operai il loro "comando", con le minacce, provvedimenti repressivi, il mobbing - dichiarano che al massimo hanno fatto una denuncia sulla "non chiarezza" del loro ruolo, al massimo un "comunicato", ecc. ecc.
Dovrebbe essere la vita normale di un sindacato intervenire quando c'è una insicurezza che mette a rischio la vita dei lavoratori. Invece all'Ilva (lo abbiamo visto dalle deposizioni degli operai) il lavoratore lo fa per "coscienza sua", a titolo individuale, e tale viene trattato, può essere spostato dove vuole l'azienda, e nessuno dice niente, perfino quando è un rappresentante sindacale, anzi questi rappresentanti scomodi sono espulsi dal sindacato (vedi Fiom).

Non è solo un problema che sono venduti, il sindacato non c'è o quando c'è è corresponsabile dell'azione criminale del padrone e dei capi. Perchè allora non sono anch'essi sul banco degli imputati?
Ma mai dire, mai... 

Nel riportare le parti più significative della loro deposizione sono sottolineate in grassetto le dichiarazioni più emblematiche di questo gestione del loro ruolo sindacale.


DEPOSIZIONI DEI SINDACALISTI



TESTE R. PALOMBELLA - Sui fiduciari. Quando arrivarono i Riva arrivò una società che si chiamava Sider Consult, a cui facevano parte queste persone. Per un anno loro non apparirono, perché la gestione continuò ad essere come se fosse pubblica, con gli stessi responsabili e poi, successivamente, queste persone assunsero dei posti chiavi all’interno dello stabilimento, però con il sindacato non hanno avuto mai a che fare, non abbiamo mai avuto incontri, non abbiamo mai avuto un rapporto diretto tra me e loro.

Noi denunciammo la non chiarezza del ruolo gerarchico all’interno
dell’azienda, c’era una struttura, quella classica, quella nota, e poi c’erano alcune persone chiave che erano all’interno di alcuni reparti, non di tutti, che svolgevano anche una loro funzione, che era appunto quella di collaborare, avevano una presenza influente.
PUBBLICO MINISTERO - Alla commissione d'inchiesta parlamentare che venne a Taranto, denunciò la presenza di questi fiduciari?
PALOMBELLA - Sì, perché ritenevo che ci fossero delle confusioni che potevano creare problemi di infortuni. Nella commissione loro volevano sapere per quale motivo si verificano tanti incidenti, qual è la causa dell’incidente. Tra le cause, tra le motivazioni che provocavano gli incidenti, io personalmente avevo dichiarato che questi sono ragazzi giovani, sono inseriti all’interno di una struttura particolare, come quella dell’Ilva ed in più c’è anche un qualcosa che non si capisce, che è la struttura gerarchica, cioè chi comanda, chi ha il comando, chi ha la responsabilità?
P.M. – Ma queste persone erano inserite nell’organigramma aziendale?
PALOMBELLA – No, non lo so, non glielo so dire.
P.M. – Ma della presenza di questi fiduciari lei parlò con i responsabili dell’azienda, delle relazioni sindacali? E che cosa le disse, quando lei lamentò questo discorso dei fiduciari?
PALOMBELLA – Il problema dei fiduciari per noi costituiva sempre un’anomalia, per cui non è che c’è stata una circostanza, ci sono state tante circostanze dove noi abbiamo sempre evidenziato il fatto che ci fossero delle persone con cui noi non potevamo trattare, ma che erano quelli che avevano un potere superiore agli altri.
P.M. – quando vi è stata la presenza di questi fiduciari all’interno dello stabilimento siderurgico?
PALOMBELLA – Presumo che a maggio del 2005 sono arrivati i Riva a Taranto.
P.M. – Del 1995.
PALOMBELLA - Le figure chiave, erano in posti strategici dello stabilimento, per quanto riguarda per esempio gli acquisti, per quanto riguarda i sistemi informativi, per quanto riguarda alcune posizioni dove l’azienda riteneva fossero importanti ai fini del loro controllo dell’azienda.
P.M. – Cioè, quelle che erano inserite nell’organico come capoarea, caporeparti?
PALOMBELLA – Come responsabili, caporeparti, eccetera.
P.M. – Quindi loro erano sovraordinate a queste persone?
PALOMBELLA – Il fatto che parlavano direttamente con i proprietari.

CONTROESAME DELLA DIFESA
AVVOCATO – In relazione alla commissione parlamentare di inchiesta, lei ricorda in che periodo ci fu questa seduta?
PALOMBELLA – No, però il fatto che sia stata pubblica, immaginavo che si poteva anche andare a rilevare quando è avvenuta.
AVVOCATO – Infatti, è la seduta del 26 settembre del 2005.
PALOMBELLA – Però questa data così riavvicinata, la vedo troppo vicino rispetto al processo di vendita dell’Ilva. Se l’Ilva è stata venduta nel 2005.
AVVOCATO – Nel 1995.
PRESIDENTE S. D'ERRICO – Nel 1995.
AVVOCATO – Prima ha detto che queste persone dei fiduciari erano collegate ad una società che era la Sider Consult. Agli atti praticamente c’è un contratto di consulenza proprio tra la Sider Consult e l’Ilva. Lei ne è a conoscenza?
PALOMBELLA – Assolutamente no.
AVVOCATO ANNICCHIARICO – Nel corso dell’esame prima, che è stato fatto dai Pubblici Ministeri, lei ha riferito un solo episodio, di contestazione di operai che erano stati sorpresi in orario diverso in pausa. Da quali fonti lo ha saputo?
PALOMBELLA – Dirette. Perché è vero che io ero il segretario dei metalmeccanici, ma io ogni mattina andavo in Ilva. Avevo i miei delegati, io ho cinquanta delegati sindacali della mia organizzazione, poi ci sono anche quelli delle altre organizzazioni. Ovviamente c’è un luogo, un locale all’interno dell’Ilva la mattina, dove io arrivavo e chiedevo: “Che problemi ci sono?”.
AVVOCATO - Mi vuole dire per favore i nomi di questi delegati sindacali?
PALOMBELLA – Tutte le RSU dell’Ilva.
AVVOCATO- qualche nominativo
PALOMBELLA – Antonio Talò, Oliva Gennaro. Piero Pallini.
AVVOCATO – Poi?
PALOMBELLA – Basta.

Sempre sui fiduciari
PALOMBELLA - c’erano delle figure organizzative, cioè figure all’interno del reparto, che rispondevano direttamente alla proprietà.
AVVOCATO – E chi erano nell’area officine?
PALOMBELLA – Non lo so. Sono arrivate alcune figure collocate in diverse aree dello stabilimento. Sull’area degli altoforni, sull’area dei parchi, sull’area dell’acciaieria in modo particolare e così via. Per cui, non avendo interlocuzione diretta con noi, cioè con la struttura, loro agivano in un’area ben definita. Io, essendo uno che non aveva rapporti diretti all’interno delle aree produttive, ogni mattina come non facevo altro che chiedere quali erano i problemi. Questo è durato ovviamente vent’anni. Forse di più, fin quando io poi sono andato via. Queste situazioni, non è una circostanza, non è un episodio, perché l’episodio specifico io l’ho già dichiarato, tutto il resto sono tutte situazioni che venivano riportate, come quello del RIL, piuttosto quello dell’acciaieria, piuttosto quello degli impianti marittimi. I rappresentanti sindacali riferivano circa la presenza di queste persone e che, ovviamente, non ci dicevano che non erano figure che aiutavano il sistema, ma che erano figure che il sistema non riuscivano a gestirlo. In termini critici insomma.
Noi non abbiamo mai avuto la possibilità di visionare un organigramma dove comparivano figure al di fuori di quelle che erano le strutture che noi conoscevamo.
AVVOCATO – E lei li ha visti tutti gli organigrammi di quegli anni?
PALOMBELLA – Tutti. Quello che mi capitava.
AVVOCATO – Quindi, orientativamente, dal 1996 al 2013 quanti organigrammi lei crede di aver visionato?
PALOMBELLA – Non ho idea.
AVVOCATO – Di tutto lo stabilimento o di singole aree?
TESTE R. PALOMBELLA – Presumo di tutto lo stabilimento. Ci venivano consegnati anche i piani aziendali, i bilanci.
AVVOCATO – Le consta che l’organigramma di tutto lo stabilimento si componga di centinaia di pagine?

Sul circolo Vaccarella
AVVOCATO – Lei è stato Presidente del circolo Vaccarella?
PALOMBELLA – Sì.
AVVOCATO - E fino a quando, da che data?
PALOMBELLA – Non lo so, non mi ricordo.
AVVOCATO – Nel corso della sua gestione, mi può confermare che sono state versate somme intorno al miliardo all’anno e anche di più, miliardo e quattro, miliardo e tre, miliardo e due...?
PALOMBELLA – L’entità non la so, però erano tutte somme che venivano destinate ai lavoratori.
AVVOCATO – Mi conferma che rispetto a queste somme non avevate obbligo di rendiconto ai Riva?
PALOMBELLA – No.
AVVOCATO – Le risulta che ci sono stati allontanamenti di diverse figure, quali Battista Massimo, Rizzo Francesco, Fiusco Francesco per dubbi che afferivano proprio alla gestione del circolo?
TESTE R. PALOMBELLA – No, non mi risulta.

DEPOSIZIONE DEL TESTIMONE RAPPA ROSARIO
TESTE R. RAPPA – Attualmente sto in segreteria nazionale della FIOM e seguo siderurgia e aerospazio. Sono stato segretario generale della FIOM di Taranto nel periodo 2009 e 2012.
P.M. – Ricorda un episodio legato ad un’aggressione verbale di un suo delegato sindacale presso l’Ilva?
RAPPA – Un mio delegato, Ignazio De Giorgio, che era delegato dei tubifici del treno nastri, fu aggredito da un fiduciario, mi fu detto tale ingegnere Corti, non so che titolo; c’era stata questa aggressione verbale e addirittura il lancio di una sedia contro il delegato e da allora dichiarammo 24 ore di sciopero. C’è stata una contestazione sulle linee, credo che c’era un problema di ritmi e così via in cui il delegato era andato a parlare con questo fiduciario ed è stato aggredito.
Sui fiduciari. C’era appunto una sorta di gladio interna, un sistema di potere parallelo a quello ufficiale che nei fatti governava l’Ilva. Queste notizie le ho apprese dai delegati
P.M. – Lei è a conoscenza dei vari premi che venivano distribuiti dall’Ilva ai suoi dipendenti?
RAPPA – Un premio contrattato, che era un premio di produzione, e un premio di risultato. L’anomalia che c’era in Ilva è che i preposti, in questo caso i capireparto, potevano in maniera unilaterale modificare l’entità del premio, perché il premio era a fatto su varie fasce. Nel 2003 codificammo che questo non poteva più avvenire, nel senso che poteva succedere che un lavoratore prendeva un mese un premio della fascia a), il mese successivo veniva portato alla fascia c) e così via e là regolammo un meccanismo legandoli alla professionalità e quindi all’inquadramento.
Però c’erano premi di fine anno, che non sapevamo l’entità, che ogni fine anno l’azienda distribuiva - a suo giudizio insindacabile, così come scoprii in corso d’opera che c’erano anche meccanismi legati all’infortunio, in cui venivano dati obiettivi di infortuni, cioè di stare al di sotto di un certo tipo di infortuni e in funzione del risultato conseguito venivano dati soldi sotto forma anche di spese buono pasto. Anche queste non contrattate, ma decise unilateralmente da parte dell’Ilva. Quindi c’è una massa salariale enorme, questo ci era chiaro, noi non eravamo autorità salariale, una massa enorme di risorse che venivano erogate in maniera unilaterale dall’Ilva, con un meccanismo anche qua premiale, che in realtà ridivideva una parte, non tutta, di risparmi che l’Ilva faceva. Era una sorta di bonus malus, più si diminuisce l’infortunio, meno si paga. Quindi c’era anche un elemento ed una tendenza ad incentivare il non infortunio. Ma anche casi di lavoratori che pur avendo piccoli infortuni si mettevano in malattia per poter prendere quei soldi sul mancato infortunio. Quindi c’erano anche operazioni di questo tipo, come voce notoria.
La politica retributiva dell’Ilva era legata alla produttività, quindi tanto più si produceva produttività, tanto più i premi unilaterali venivano erogati. In aggiunta, siccome in Ilva prevaleva il motivo della variabilità del premio, una delle caratteristiche era che se si era iscritti al sindacato si stava fuori dalla premialità, poi se era uno iscritto alla mia organizzazione ancora di più. Noi non avevamo contezza di tutte le risorse che metteva in campo l’Ilva sulle premialità e le sue cadenze. Perché credo, avendolo chiesto a lavoratori, che anche fra di loro i lavoratori non sapevano esattamente quanto prendesse l’uno e quanto prendesse l’altro.
P.M. – le ricordo quello che ebbe a dichiarare quanto è stato sentito dalla Guardia di Finanza, esattamente il 26 giugno del 2013. Lei dice in merito a questi premi: “sia il contratto nazionale che la contrattazione aziendale prevedono due premi variabili, ma non discrezionali, legati a parametri certi e verificabili. Uno è trimestrale, denominato PDR, premio di risultato; l’altro è semestrale, detto PRE PRO, premio di produzione”. Quindi c’erano questi premi legati alla produzione e al risultato?
RAPPA – Sì, questi sono quelli contrattati. Fino al 2003 era il preposto che stabiliva in quale fascia inserire per il premio di produzione, dal 2003 in avanti la fascia era corrispondente alla qualifica di inquadramento, quindi dal 2003 in avanti è venuta meno la discrezionalità nella attribuzione della fascia. Prima del 2003 il premio risultato aveva delle fasce. Un lavoratore era inquadrato in una categoria e poteva andare avanti o indietro su giudizio insindacabile del capo. Anche qua sto alle cose classiche, se uno scioperava – ad esempio – non era affidabile, per usare questo tema. Se aveva assenze...
Le consistenti liberalità elargite indubbiamente hanno il fine di incrementare anche in maniera abnorme le quantità produttive, sottoponendo i lavoratori a ritmi sostenuti e stressanti, che accrescono il rischio di infortuni sul lavoro. Basta vedere il volume della produzione del 2008, gli anni di record corrispondono ad un volume di straordinari, a ritmi, quindi anche di elargizione, oltre che del PDR, anche di premi personali finalizzati alla produzione.

AVVOCATO DEL VECCHIO – Ricorda altri casi analoghi in cui è stato programmato uno sciopero di una durata così ampia per le 24 ore? Per esempio, per il contratto di lavoro quante ore si sciopera?
RAPPA – Per quello che è a mia conoscenza no, intanto non è stato mai proclamato uno sciopero contro i fiduciari. Probabilmente per altre cose sindacali di solito facciamo 2 -3 ore di sciopero
AVVOCATO DEL VECCHIO – ha ricevuto lamentele specifiche da parte degli scritti o dei delegati sindacali per disposizioni loro impartite da questi consulenti della famiglia Riva?
RAPPA – Non ho elementi specifici.
P.M. – Ma lei ha provato a chiedere a loro della presenza di questi fiduciari o non c’è stato proprio il discorso?
RAPPA – Non c’è stato, questo elemento non è mai venuto fuori in termine ufficiale e formale.

AVVOCATO ANNICCHIARICO – mi dice chi è la persona che le ha detto questa cosa o le persone?
RAPPA – I miei delegati. Ignazio De Giorgio, Patrizio Di Pietro, Claudio Lucaselli. Basta.
Patrizio Di Pietro era nell’esecutivo del consiglio di fabbrica. Gli esecutivi erano in distacco. Claudio Lucaselli anche lui era nell’esecutivo, in quale reparto era non ricordo. Ignazio De Giorgio era delegato al treno nastri e tubificio era un’area unica.

Sul circolo Vaccarella
AVVOCATO – Cosa sa dirci della fondazione Vaccarella?
RAPPA – Riva disse alle organizzazioni sindacali che lui non intendeva gestire il dopolavoro e che era disponibile a dare le quantità economiche che l’Ilva pubblica metteva nel dopolavoro Ilva e che veniva gestito da aziende e sindacati, al sindacato.
AVVOCATO – Mi conferma che la gestione Riva ha dato alla fondazione Vaccarella, comunque al circolo Vaccarella 1 miliardo e 400 un anno, 1 miliardo e 300 un altro anno, 1 miliardo e 200 un altro anno, 1 miliardo e 100 un altro anno, 1 miliardo un altro anno (stiamo parlando di vecchie lire), 850 milioni di lire un altro anno, fino ad arrivare a 438.988 euro, che questo è andato avanti fino al 2012 e che queste somme non avevate come sindacati obbligo di rendiconto ai Riva, alla gestione Riva?
RAPPA – Quelle cifre sono appunto l’accordo sottoscritto con Riva. La gestione delle somme era a discrezione delle organizzazioni sindacali.
AVVOCATO – Mi conferma che lei è arrivato a Taranto proprio per verificare e normalizzare il sindacato in base a dubbi che afferivano la precedente gestione? In particolare c’è stata l’espulsione di tre dirigenti sindacali, Battista Massimo, Rizzo Francesco e il suo proprio predecessore Fiusco Francesco, per anomalie proprio gestionali e amministrative, me lo conferma?
TESTE R. RAPPA – Lo confermo, ma nell’ambito della gestione della FIOM, non della gestione alla Vaccarella. la espulsione è avvenuta, ma per fatti di natura sindacali.
AVVOCATO– Quando lei è venuto, mi conferma che ha provveduto alla chiusura del circolo nautico Vaccarella, che da circolo di dipendenti e pensionati Ilva si era trasformato in rimessaggio di barche, producendo una gestione anomala dello stesso
RAPPA – Le confermo…
AVVOCATO – E mi conferma che il suo predecessore era Fiusco Francesco, che era stato allontanato comunque per anomalie gestionali e amministrative?
RAPPA – Lo confermo.
AVVOCATO – Quindi lei assume la carica di presidente del circolo Vaccarella in data 21 luglio 2009.
RAPPA – Sì, mi trovai a gestire nei fatti una fondazione che non era stata registrata nell’elenco della presidenza alla Regione Puglia in quanto fondazione. Era stato avviato l’iter, ma non era stato mai concretizzata. Questo diede luogo ad un contenzioso amministrativo con l’Agenzia delle Entrate. Cosa che nel mio mandato misi a posto e credo che intorno al 2011 ci fu il riconoscimento. C’era poi l’utilizzo improprio che nasceva come un circolo per i dipendenti e poi nel tempo si era trasformato in una sorta di rimessaggio barca, che poi io chiusi. Quindi c’era anche una serie di gestione non finalizzata allo scopo iniziale del dopolavoro.
AVVOCATO – Queste gestioni non rientranti nelle finalità originarie della fondazione, erano comunque sovvenzionate, traevano la linfa economica sempre da quei fondi di cui abbiamo parlato?
RAPPA – Nel mio schema di valutazione politica sindacale quel tipo di rapporti dovevano essere di volontariato, quindi decisi di utilizzare volontari per fare quel tipo di attività, piuttosto che gente retribuita.
AVVOCATO – Come si è scelto quel personale?
RAPPA - Li ho trovati, il motivo, le modalità non saprei dire e neanche la scelta.
AVVOCATO – Quindi lei riteneva queste attività inconferenti rispetto alle finalità rivenienti da quell’accordo e immagino anche dall’utilizzo di somme?
RAPPA – No, non erano utilizzati dalla triplice, erano utilizzati dal dopolavoro gestito dal sindacato e finalizzati ai lavoratori.

DEPOSIZIONE DEL TESTIMONE STEFANELLI DONATO PIETRO
TESTE D.P. STEFANELLI – Io dal 2000 sono in distacco sindacale, faccio il sindacalista sempre in FIOM, attualmente lavoro in segreteria nazionale, al dipartimento formazione sindacale, quindi mi occupo di formazione sindacale. Prima di questo impegno, di questo incarico di lavoro sono stato qui a Taranto per tre anni. Sono arrivato a Taranto a maggio del 2012. L'Ilva per me era un mondo nuovo, non soltanto per la complessità degli impianti, ma per le sue articolazioni. Non sempre mi erano chiare le dinamiche, la catena di comando che in realtà rispondeva a persone che non erano negli organigrammi, ma erano vestiti di ruoli di poteri veri e propri, i cosiddetti fiduciari.
Io di questi fiduciari non ne ho mai incontrato nessuno, non ho mai conosciuto nessuno, però c’erano ed erano una sorta di governo ombra che condizionava molto la situazione.
Dell’esistenza di questi fiduciari io ho avuto trasferimento verbale da chi mi aveva preceduto, Rosario Rappa.
Ma di queste persone io ho sentito parlare anche dalle persone con cui io avevo a che fare quotidianamente, perché un sindacalista che si occupa dell’Ilva non è che ci va ogni tanto, tra l’altro io facendo il pendolare, venendo da San Michele di Bari, e quindi passando davanti all’Ilva tutti i giorni, mi fermavo e molte volte ci passavo la giornata. Nei momenti più caldi non riuscivo a mettere piede nella sede della mia organizzazione perché il mio tempo lo passavo lì e lo passavo in compagnia dei nostri delegati, alle cui conoscenze io ho attinto.
Tre anni sono un tempo breve, ma in tre anni io ho visto passare cinque cadaveri, cinque infortuni. Mentre noi eravamo in ogni circostanza lì pronti ad agire su questi aspetti molto ma molto delicati e molto ma molto seri in una realtà come quella dell’Ilva, io non posso dimenticare di essere stato in quelle circostanze tempestato da tante telefonate che mi arrivavano direttamente dai reparti, dai nostri delegati, dai nostri iscritti o da semplici lavoratori che mi raccontavano del fatto che su di loro, in piena proclamazione dello sciopero c’erano interventi di persone responsabili, che fossero consulenti, che fossero fiduciari o altro, che li invitavano a non scioperare, talvolta anche a minacciare provvedimenti: “Stai abbandonando il posto di lavoro, stai mettendo a repentaglio gli impianti”.
STEFANELLI - Il premio di produzione, il cosiddetto PRE PRO, era derivante da un accordo sindacale del 20 maggio del 1989. Così come il premio di risultato - acronimo PDR frutto di un accordo sindacale del 17 settembre del 2010.
Poi c'era il cosiddetto tempo tuta, frutto dell’accordo del 15 dicembre del 2011, che prevedeva la corresponsione di 1 euro e 95 per ogni giornata di effettiva presenza.
P.M. – Oltre i premi frutto di accordi sindacali, c’erano altrimenti premi che venivano elargiti unilateralmente dall’azienda?
STEFANELLI – Ne hanno sempre parlato, io non posso dimostrarlo. I premi che l’azienda erogava unilateralmente e che noi in quel contesto consideravamo più che mai impossibile, perché l’Ilva era senza soldi, era ferma, non era in grado di forniture, di assicurare la continuità della produzione, non era in grado di garantire l’intervento di manutenzione per la sicurezza, a fine anno venivano dati questi premi ai capi.
Noi non solo ci opponemmo, ma ricordo che facemmo un comunicato in cui stigmatizzammo queste prassi, invitando espressamente l’azienda, la direzione aziendale a non procedere in quella direzione.
P.M. – Lei ha mai sentito parlare del premio infortuni?
TESTE D.P. STEFANELLI – Sì, ne ho sentito parlare, erano questi benedetti buoni spesa che venivano erogati agli operai essenzialmente, buoni spesa Auchan. Cioè, meno infortuni potevano o dovevano esserci e più c’era erogazione di questi buoni. Non sono in grado di dire se venivano erogati a tutti, qualcuno li ha anche rifiutati, quelli della mia organizzazione questi buoni spesa li rifiutavano perché li consideravamo eticamente fuori dai nostri valori.
Invece del cosiddetto premio di fine anno, anche su questo le mie fonti sono le stesse di prima, trasferimento fattomi dal mio predecessore, che come me stava di casa e di bottega in Ilva per cercare di capire la situazione e poi dai miei delegati.
AVVOCATO – Lei, oltre questi tre nominativi, può indicarci qualcun altro che le avrebbe trasferito delle informazioni utili?
STEFANELLI – Fondamentalmente erano queste le persone.
P.M. - Lei ha parlato prima della morte del povero Zaccaria Francesco, avvenuta il 28 novembre del 2012. Lei era presente quel giorno in stabilimento?
STEFANELLI – Io ero in stabilimento, era in corso un incontro con la direzione aziendale quel giorno. No, al mattino no. Iniziò un temporale fortissimo a metà pomeriggio e poi arrivò l’ondata.
P.M. – Quindi quella mattina non ricorda precisamente quali fossero le condizioni, quando è arrivato lei in stabilimento attorno alle otto? Pioveva o non lo ricorda?
STEFANELLI – No, questo non lo ricordo.

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