lunedì 19 febbraio 2018

Testimonianze operaie al processo Ilva - Ciò che avveniva (e avviene) in fabbrica

Riportiamo le parti più significative delle testimonianze - purtroppo ancora poche e rare - di operai al processo Ilva.

Da esse vengono fuori alcune questioni chiare:

- I lavoratori in Ilva non hanno mai cessato di ribellarsi, di denunciare, di lottare quando è stato possibile, sulle condizioni di sicurezza e sulla salute; ansi sono stati i primi a protestare, pagando pesantemente di persona - Questo smentisce le false vulgate diffuse da certi ambientalisti, ma anche cittadini ottusi;
- In Ilva mancava e manca il sindacato, anche una minima attività che si possa chiamare sindacale. I lavoratori che protestano, che rivendicano il diritto alla sicurezza, alla salute, a non essere attaccati, offesi dai capi, dai dirigenti, sono soli. I lavoratori ci mettono la faccia, il sindacato nasconde la sua faccia ed è parte della situazione di costante illegalità che si vive all'Ilva;
- Il sindacato, quindi, è pienamente corresponsabile degli infortuni, della condizione costante di rischio con cui gli operai devono lavorare all'Ilva, delle morti in fabbrica, delle azioni di mobbing che colpiscono i lavoratori.

DAL PROCESSO ILVA
TESTE GIUSEPPE MEO – Tecnico, IMA1 nel porto al secondo sporgente.
PUBBLICO MINISTERO - A proposito dell’evento della tromba d’aria, lei sa o ricorda quando le gru ripresero l’attività di discarica?
G. MEO - No, perché venni mandato via da quel reparto, dall’oggi al domani, senza nessuna spiegazione da parte dell’Ilva. Al quarto sporgente dopo la morte del ragazzo era tutto sequestrato, non si potevano utilizzare gli scaricatori. Hanno scaricato con lo scaricatore DM7. Ma questo DM7 non si poteva utilizzare per motivi di sicurezza, non si sapeva dove installare la cabina operatore, era troppo grande, era pericolosa, infatti a dicembre del 2014 cadde in mare e ci furono anche due infortuni.

P.M. – Lei ha detto che i suoi capi non la volevano più giù a IMA. Perché dava fastidio e a fine novembre aveva detto ai gruisti che non dovevano recarsi sopra le gru.
MEO - Dopo il tornado si dovevano spostare degli scaricatori al secondo sporgente, io mi rifiutai
perché dissi: “No, dopo il tornado sarebbe bene valutare adesso questa situazione”. Ma l’ingegnere Colucci disse: “Se i gruisti adesso cominciano con questa paura di andare sugli scaricatori, sarò costretto a mettere delle ditte esterne e mandarli tutti a casa”. Il lunedì 3 dicembre il dottor Dinoi mi manda un sms dicendomi questo: “Statti a casa perché tu mi crei solo problemi, anziché aiutarmi sei per me una specie di intoppo”. Il 31 dicembre 2012 rientro sul posto di lavoro, trovo tutta la mia roba buttata dietro ad un armadio ed il dottor Dinoi mi dice: “Non toccare nulla, non toccare nessun documento e aspetta che viene l’ingegner Colucci che ti deve parlare”. Viene l’ingegner Colucci, mi porta nel suo ufficio, e mi dice: “L’azienda ti considera un libero e pensante (per libero e pensante si intendeva un appartenente al comitato di Taranto), ha paura ancora tu esci documentazione fuori di qua (danni nave, formulario rifiuti, perché io conoscevo tutta la documentazione, tutto l’archivio, tante cose dell’Ilva). E quindi sarai spostato in un nuovo reparto. Inoltre hai fomentato i gruisti a non salire sulle gru (perché dissi ai gruisti di non salire dopo il tornado) e per produzione non avrai nemmeno il premio di fine anno. Te ne vai a casa e ci sentiamo dopo le feste, così ti dirò il tuo nuovo reparto qual è”. Al rientro sul posto di lavoro dopo le feste non mi fanno accedere nell’ufficio, mi facevano stare giù in mensa ad aspettare nuove disposizioni. Vengo poi collocato all'Ufficio programmazione, dietro ad una scrivania priva di strumenti. Non potevo accedere sulle procedure, non potevo accedere a nulla, non sono passato per una visita medica di idoneità, non ho avuto una nuova formazione. Io stavo male, avevo cominciato anche la cura presso il CIM, psicofarmaci, perché ero stato svuotato dalle mie mansioni
Quando la Guardia di Finanza mi chiese: “Ma noi quando siamo venuti giù a IMA, tu non c’eri”. Dissi: “Certo che non c’ero. Hanno fatto in modo che io non dovevo parlare con la Guardia di Finanza, non dovevo essere interrogato”.

P.M. - qui stiamo parlando di una produzione dell’Ilva S.p.a. portata ai massimi regimi, a discapito dell’aspetto ambientale. Il teste dimostra chiaramente che tutti quanti gli operai o funzionari che erano contrari a questo tipo di attività a favore di aspetti sanitari e ambientali venivano messi da parte.
MEO - Il reparto IMA1, con la venuta del signor Rebaioli e dell’ingegner Andelmi, era diventato un reparto veramente che non si poteva più lavorare, non c’era più serenità. Il caporeparto Manzulli era anche scomodo per il signor Rebaioli, perché Manzulli cercava di far rispettare la discarica nelle norme con l’impatto ambientale, era un problema, tanto è vero che Manzulli, verso settembre del 2010, venne fatto fuori. Io poi ho avuto un caporeparto, Dinoi, in formazione lavoro, quindi senza esperienza. L’intento del signor Rebaioli e dell’ingegner Andelmi non era mettere una figura di un responsabile che conosceva gli impianti, che doveva far rispettare delle leggi. No, era soltanto una figura che doveva sottostare alle loro regole, che si davano loro.

(CONTINUA DOMANI CON LA DEPOSIZIONE DELL'OPERAIO CATALDO RANIERI) 

Nessun commento:

Posta un commento