giovedì 22 febbraio 2018

FORMAZIONE OPERAIA - IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA DI MARX ED ENGELS

Da oggi inizia, e per ogni giovedì, il nuovo ciclo della Formazione Operaia on line rivolta prima di tutto agli operai

Di seguito la presentazione, anche in video
Il 170° anniversario della prima uscita de Il Manifesto del Partito comunista scritto da Marx ed Engels è una grande occasione per affermarne l'attualità e la potenza come strumento vivo per definire chi sono i comunisti ieri, oggi e sempre e qual'è la battaglia che fanno.

Ne Il Manifesto Marx ed Engels affermano:”La storia di ogni società esistita fino ad ora è storia di lotta di classe... La nostra epoca è l'epoca della borghesia che ha e continua ad avere questo carattere distintivo. L'intera società si scinde in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte, borghesia e proletariato”.
Vi sono tra di esse altre classi e strati, ma essi non possono cambiare la sostanza della struttura della società moderna: una classe dominante e una classe degli sfruttati e oppressi il cui cuore è la classe operaia.
La classe dominante ha nelle sue mani il potere politico e Il Manifesto scrive: “Il potere politico dello
Stato moderno è solo un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese”.
Questo a 170 anni di distanza dall'uscita de Il Manifesto e attraverso tutte le trasformazioni formali che si sono date dello sistema statale resta la verità di fondo.

E' Il Manifesto che scrive che la borghesia non è sempre uguale e il suo sistema non è sempre uguale. Anzi, la borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali.
Questo continuo sovvertimento della produzione, questo ininterrotto scuotimento di tutte le condizioni sociali, questo moto perpetuo e perpetua insicurezza contraddistingue l'epoca borghese... Spinta dal bisogno di sempre nuovi sbocchi per le proprie merci, la borghesia corre per invadere tutto il globo terracqueo, deve annidarsi e stabilirsi dappertutto”
Chi può non vedere in questa descrizione lo stato attuale del mondo?
La borghesia costringe tutte le nazioni ad adottare il modo di produzione borghese e le obbliga ad introdurre la cosiddetta “civilizzazione”. In una parola essa si crea un mondo a sua immagine e somiglianza”. Assoggetta la campagna alla città, pone sotto il dominio delle grandi potenze i popoli oppressi dal suo sistema; centralizza mezzi di produzione e finanza e li pone al servizio del suo dominio.
Questo sistema produce continue crisi, scrive Il Manifesto, si tratta di crisi di sovrapproduzione che sono la manifestazione del fatto che “i rapporti borghesi sono diventati ormai troppo angusti per contenere la ricchezza che essi stessi producono”.
Come riesce la borghesia a superare le crisi? “per un verso tramite la distruzione forzata di una grande quantità di forze produttive, per un altro attraverso la conquista di nuovi mercati e più intenso sfruttamento di quelli già esistenti”. Ma questo non fa che preparare nuove, formidabili crisi.
Per mettere fine a questo sistema, a queste crisi, Il Manifesto spiega la legge, interna al sistema, che ne produce la “soluzione”.
La borghesia non ha soltanto fabbricato armi che producono morte, ma anche gli uomini che possono servirsi di queste armi per mettere fine al suo sistema. Questi uomini, scrive Il Manifesto “sono gli operai moderni, i proletari... Il proletariato, ossia la classe degli operai moderni i quali vivono solo finchè trovano lavoro e trovano lavoro soltanto finchè il loro lavoro accresce il capitale... Questi operai che sono costretti a vendersi giorno per giorno non sono per la borghesia che una merce come tutte le altre e, come merce, soggetta alla concorrenza e alle fluttuazioni del mercato... L'operaio diventa un semplice accessorio della macchina e il costo dell'operaio si limita in conseguenza ai semplici mezzi di sussistenza che gli occorrono per vivere e perpetuare la sua specie... via via che il sistema procede cresce il peso del lavoro sia per il prolungarsi delle ore di lavoro, sia per l'aumento del lavoro richiesto in una data unità di tempo...Non appena l'operaio abbia finito di subire lo sfruttamento del fabbricante e abbia ricevuto un salario in contanti, ecco diventare subito preda degli altri membri della borghesia, il padrone di casa, il bottegaio, il fornitore di mutui, e via dicendo”.
E' qui la base di fondo della lotta operaia, lotta che è cominciata sin dall'inizio; prima lotta di una sola fabbrica, poi di un'intera categoria contro chi li sfrutta quotidianamente, poi contro l'intera classe degli sfruttatori.
In questa lotta: “... di quando in quando gli operai vincono, ma il vero e proprio risultato delle loro lotte non è il successo immediato ma l'unione sempre più vasta dei lavoratori...”
E in questa unione diventano una classe e rendono ogni lotta di classe una lotta politica.

L'organizzazione del proletariato in classe e quindi in Partito politico della classe è di continuo spezzata dalla concorrenza degli operai tra di loro indotta dal sistema del capitale e dall'azione politica, economica della classe dominante. E' questa lotta di classe che deve arrivare fino in fondo.
In questa lotta di classe tutte le classi sono chiamate a partecipare, ma dice Il Manifesto “di tutte le classi che oggi sono contrapposte alla borghesia solo il proletariato costituisce una classe realmente rivoluzionaria: le altre classi si corrompono e periscono e quando vogliono tornare ai privilegi precedenti sono conservatori e reazionari, quando invece ricadono nella massa del proletariato sono parte della lotta di classe del proletariato...”
...Tutte le classi che si sono impossessate del potere hanno sempre cercato di consolidare la posizione raggiunta, assoggettando la società al loro particolare modo di appropriazione. I proletari, invece, solo per una via possono impossessarsi delle forze produttive sociali, che è quella di abolire tutto il sistema di appropriazione esistente... Il movimento proletario è il movimento indipendente della grande maggioranza nell'interesse della grande maggioranza...”
La storia quindi diventa storia della lotta di classe e questa lotta di classe è la “guerra civile più o meno occulta” che travaglia la società attuale fino al momento in cui essa esplode in un'aperta rivoluzione, e il proletariato stabilisce il suo dominio con il rovesciamento violento della borghesia”
Finchè questo non avviene, scrive Il Manifesto “L'operaio moderno invece di salire di grado coi progressi dell'industria discende sempre più in basso e perfino al di sotto delle condizioni della sua propria classe”.
Se la borghesia produce in questa maniera i propri becchini è solo la vittoria del proletariato che rende possibile la fine di questa condizione.

I comunisti – dice Il Manifesto - si distinguono dagli altri partiti proletari - intesi qui indipendentemente se esistono come forma organizzata o come tendenza nel proletariato - perchè essi nelle differenti lotte nazionali dei proletari mettono in rilievo e fanno valere gli interessi comuni del proletariato, tutto intero, che sono indipendenti dalle nazionalità.
I comunisti sono, dunque, la parte più decisa, che più spinge ad avanzare gli operai di tutti i paesi. “...E dal punto di vista teorico hanno il vantaggio, rispetto alla rimanente massa del proletariato di comprendere a fondo le condizioni, il percorso e i risultati generali del movimento proletario...”

Quindi, lo scopo dei comunisti è netto e preciso: formazione del proletariato in classe, rovesciamento del dominio della borghesia, conquista del potere politico da parte del proletariato.
I comunisti si battono per l'abolizione della moderna proprietà privata borghese, perchè la proprietà nella sua forma presente si muove nell'antagonismo tra capitale e lavoro salariato. Il capitale è un prodotto collettivo e una potenza sociale che trasforma la proprietà comune in proprietà di una classe.  
E' questo che il proletariato vuole abolire. La proprietà privata nella società attuale è già abolita per 9/10 dei suoi membri – scrive Il Manifesto – ed è questa “ingiustizia” che i comunisti vogliono abolire.
Il comunismo non toglie a nessuno la facoltà di appropriarsi del prodotto sociale, ma toglie solo la facoltà ai borghesi di giovarsi di tale appropriazione per assoggettare il lavoro altrui.
Lo stesso vale per la cultura e per tutti i legami sociali che esistono nella società attuale.
Che cosa infatti dimostra, dice Il Manifesto, la storia delle idee, se non che la produzione intellettuale si modifica con la produzione materiale? E che quindi:“Le idee dominante di un epoca sono sempre state le idee della classe dominante”
Di conseguenza la rivoluzione comunista è la più radicale rottura con i rapporti di proprietà tradizionali e nel corso del suo sviluppo rompe nel modo più radicale con le idee tradizionali.
Il Manifesto dice “la prima tappa della rivoluzione operaia consiste nell'elevarsi del proletariato in classe dominante, nel raggiungere vittoriosamente la democrazia (quella vera, quella proletaria). Il proletariato userà il suo dominio politico per togliere via via alla borghesia tutto il capitale, per concentrare nelle mani dello Stato, ossia del proletariato organizzato come classe dominante, tutti gli strumenti di produzione e per aumentare con la massima rapidità possibile la massa delle forze produttive... fino a rivoluzionare l'intero modo di produzione, fino a che al posto della vecchia società borghese, con le sue classi con i suoi antagonismi di classe, subentra un'associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti”.

Molti si dicono dalla parte del popolo, del proletariato, socialisti e comunisti, ma il loro socialismo e il loro comunismo non corrisponde a quello indicato dal Manifesto come interesse del proletariato.
Molti rimproverano alla borghesia di aver prodotto un proletariato, ma perchè temono che abbia prodotto un proletariato rivoluzionario. Per cui sono contro la borghesia quando essa domina, ma diventano contro il proletariato quando esso si ribella e lotta per la rivoluzione.
Molti socialisti sono ispirati da una visione cristiana, ma il socialismo cristiano non è che “l'acqua benedetta” che sostituisce la carità al sostegno della lotta.
La borghesia non domina soltanto il proletariato ma anche la piccola borghesia che di continuo oscilla tra proletariato e borghesia, come parte complementare della società borghese che si riforma continuamente. Gli individui che la compongono vengono continuamente ricacciati, dal funzionamento del sistema del capitale, nel proletariato, e, quindi, lottano contro la borghesia e aspirano ad un loro socialismo. Mettono in luce i mali della borghesia e dei suoi modi di produzione, ma non individuano nella classe proletaria il soggetto che mettendo fine a quel sistema di produzione metterà fine alla loro oppressione, ma anche alla loro condizione di piccolo borghesi e alle loro idee piccolo borghesi. Questo falso socialismo, anziché gli interessi del proletariato tende a mettere in rilievo quelli della natura umana e dell'uomo in generale, dell'uomo che non apparterrebbe a nessuna classe, e trasformano il socialismo in fantasia filosofica o sistema sociale immaginario.
Entrano in questa categoria “economisti, filantropi, umanitari, miglioratori della sorte della classe operaia, organizzatori della beneficenza, protettori degli animali, fondatori di circoli di buone intenzioni e di buone maniere, e tutta la variopinta genia di minuti riformatori”.
In realtà questi vogliono la società attuale tolti gli elementi che la rivoluzionano. Dice Il Manifesto “vogliono la borghesia senza il proletariato e descrivono questo come l'ipotetico migliore dei mondi possibili” e ai proletari in fondo non chiedono che starsene in questa società attuale rinunciando alle odiose opinioni che se ne fanno.
Alcuni di questi riformatori cercano di seminare tra la classe operaia il disgusto per ogni movimento rivoluzionario. Non vogliono l'abolizione dei rapporti borghesi di produzione, realizzabili solo per via rivoluzionaria, ma “piuttosto – dice il Manifesto – miglioramenti amministrativi realizzati sul terreno stesso dei presenti rapporti di produzione. Miglioramenti che nulla cambiano nei rapporti tra capitale e lavoro salariato, anzi in molti casi rendono meno costoso alla borghesia l'esercizio del potere e l'assetto della sua finanza statale”.
Dice Il Manifesto: “Libero scambio, nell'interesse della classe operaia, dazi protettivi (protezione dell'industria, dell'economia nazionale) nell'interesse della classe operaia; riforma delle carceri, nell'interesse della classe operaia”. Il riformismo è il socialismo della borghesia, e consiste dice il Manifesto, in questo enunciato: “I borghesi sono borghesi nell'interesse della classe operaia”.
Alcuni di essi escogitano nuovi sistemi sociali ma non scorgono nessuna azione storica dalla parte del proletariato, nessun movimento politico che gli sia proprio. Sanno sì rappresentare nei loro progetti la condizione e l'interesse della classe operaia, ma come classe che soffre di più, e il proletariato per essi non esiste che sotto il punto di vista di classe dei sofferenti - O, come dicono alcuni odierni sostenitori di questa visione, come gli “esclusi” della società - Respingono in particolare ogni azione rivoluzionaria. Vogliono raggiungere il loro obiettivo con mezzi pacifici e cercano con la forza dell'esempio di aprire la via a quello che Il Manifesto chiama “un nuovo vangelo sociale, tramite piccoli esperimenti che naturalmente falliscono”

A questo si contrappone il Manifesto del Partito comunista e i comunisti.
Essi “lottano per raggiungere gli scopi e gli interessi immediati della classe operaia, ma nel movimento presente rappresentano in pari tempo l'avvenire del movimento stesso. Essi operano per risvegliare negli operai la coscienza, per quanto è possibile chiara, dell'antagonismo ostile esistente tra borghesia e proletariato... affinché gli operai sappiano convertire in armi dirette contro la borghesia le condizioni sociali e politiche. I comunisti appoggiano dappertutto ogni movimento rivoluzionario contro le condizioni sociali e politiche esistenti e in tutti questi movimenti mettono in rilievo come problema fondamentale del movimento la questione della proprietà del capitale.

I comunisti, però (e innanzitutto oggi più che mai) sdegnano - dicono alla fine Marx ed Engels - di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni e dichiarano apertamente che i loro obiettivi – che sono quelli del proletariato come classe – possono essere raggiunti solo col rovesciamento violento di tutto l'ordine sociale esistente... perchè i proletari non hanno nulla da perdere fuorchè le loro catene e hanno un mondo da conquistare”

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