La terza edizione del ‘Primo maggio’ tarantino si apre ai lavoratori, alle associazioni, alla società civile e a tutte le persone che desiderino affrontare i molteplici problemi di Taranto, tragica rappresentazione del fallimento di un intero sistema di gestione dello sviluppo, in questo paese. Il tema della passata edizione è stato: “Futuro, ma quale futuro?”, spunto per una riflessione su quelle che possano essere le strade da percorrere per ridare dignità a questo territorio e ai suoi abitanti.
Il tema di quest’anno è: “Legalità; quale giustizia?”, in un’Italia in cui si tutelano i poteri forti, politici e mafiosi, ma si condannano gli studenti che manifestano per il diritto alla vita e alla legalità.
‘Legalità’, parola non più legata al senso di giustizia, di etica e di partecipazione popolare ma dietro la quale garantire l’interesse di pochi a scapito dei diritti della maggioranza.
E’ legale permettere, attraverso lo strumento normativo, la distruzione di un territorio, l’avvelenamento di luoghi e persone? Un tumore è più accettabile, se la causa che l’ha indotto è resa legale da una legge?
E’ legale negare la possibilità di costituirsi parte civile per il risarcimento di un danno subito? E’ legale condannare chi manifesta pacificamente per i propri diritti? La politica ha utilizzato gli strumenti normativi a sua disposizione per rendere tutto ciò legale ma non certamente giusto. E’ proprio da questo senso profondo di ‘Giustizia violata’ che vogliamo ripartire per ricostruire
tutto ciò che hanno cercato di distruggere: i nostri territori, le nostre aspettative . . . le nostre stesse vite e quelle delle generazioni future. I mesi e gli anni che si affacciano al nostro presente saranno impegnativi. “Io non delego, io partecipo” è, per il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, non un semplice slogan ma una modalità, sulla quale si basa l’idea di democrazia, di pace sociale e di gestione di una comunità. Tante sono le risposte che vorremmo offrire alla politica per affrontare i nostri problemi:
- Chiusura di tutte le fonti inquinanti.
- Riconversione industriale di Taranto.
- Impiego degli operai Ilva e dell’indotto nelle operazioni di bonifica, con corsi di formazione aperti anche ai disoccupati della città.
- Esenzione ticket per tutti i residenti sani della provincia ionica per patologie legate all’inquinamento. Quest’ultimo punto era parte integrante del programma ‘Rischio Sanitario Taranto’ redatto da questo Comitato e sottoscritto da decine di migliaia di tarantini.
- Promozione del territorio allo scopo di favorire l’insediamento di nuove imprese attraverso forme di defiscalizzazione accompagnate da finanziamenti, anche comunitari, per le nuove startup.
- Restituzione alla città di tutte le aree del demanio non più utili all’attività della Marina Militare.
- Valorizzazione della Città Vecchia e censimento del patrimonio immobiliare.
- Revisione insieme alle autorità competenti di tutte le concessioni monopolistiche del porto di Taranto.
Le cause della tragedia che il nostro territorio vive sono note e gli effetti si ripercuotono sulla qualità della vita: scuola, sanità, economia, ambiente. La colonizzazione qui a Taranto non è stata solo industriale e militare, ma anche mentale. Ci sono stati imposti modelli di sviluppo, isolati economicamente e culturalmente, presidiati, rinchiusi in un perimetro fatto di fabbriche e Marina Militare. Taranto è stata chiusa al resto del mondo e tante generazioni di giovani sono state costrette a emigrare. Tutto ciò non deve continuare; non vogliamo e non permetteremo che continui. Siamo abituati a dire e sentire che la politica non da risposte alle istanze dei cittadini. Per Taranto, così come per molte altre realtà italiane, la politica ha invece, puntualmente dato delle risposte ben precise, utilizzando e abusando dello strumento del ‘Decreto Legge’ per tutelare le banche, neutralizzare le ordinanze dei giudici e ledere i diritti di cittadini, operai, allevatori e miticoltori della nostra terra, escludendo l’ILVA dalla responsabilità civile per i disastri ambientali compiuti. Taranto non è un’emergenza piovuta dal cielo, un cataclisma imprevedibile, qualcosa di cui non si aveva coscienza.
Il dramma di questo territorio è visibile a tutti da anni ma gli unici a pagare le conseguenze di questa politica di sfruttamento saranno i tarantini; da qui deriva la responsabilità che ognuno di noi ha nel partecipare attivamente alla riformulazione dei concetti stessi di ‘Lavoro, Salute, Diritto’. Vogliamo che le cose cambino e vogliamo farlo investendo sulle enormi potenzialità che il nostro territorio ci offre.
La riconversione mentale è partita e sarà inarrestabile.
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