sabato 30 aprile 2016

1° Maggio in ricordo di una bracciante - "MARGHERITA E I SUOI COMPAGNI" - Una dolce e forte poesia

 (Paolo Vinella – Dicembre 2003 – Putignano)
“Alle braccianti della nostra terra, a tutte le donne che lavorano, che studiano, che lottano e si chiedono il perché…”.

Era bella, era dolce, era forte
Margherita Pusterla di Putignano
bracciante a giornata, quando trovava,
zappava da mattina a sera, quando trovava,
e cantava coi compagni, Margherita.

“Manco i cani!” urlò
Quando partorì sotto una parete,
la zappa ancora in mano
Il fazzoletto in mezzo ai denti,
“Manco i cani!” urlò alla vendemmia,
la museruola del padrone alla bocca
se no si mangiava tutta la vigna.

E dalle sue mani d’oro uscivano, e grano, e fave, e ceci,
e fichi, e mandorle, e noci, e pane, e olio, e vino…
a lei quattro fave e una cipolla,
fame e freddo ai quattro figli.

Non sapeva leggere e scrivere, Margherita,
non sapeva il vapore e l’aeroplano,
non sapeva Roma e Milano
non sapeva il re e la regina,
ulivi d’argento e spighe d’oro tra papaveri rossi
sognava, Margherita.

Era maggio, papaveri rossi nei capelli.
“Ora basta!” gridava Margherita
“siamo cristiani pure noi!”.
“Ora basta!” gridava coi compagni,
cinquemila davanti al comune a Putignano.
“Pane e lavoro, non l’elemosina!
pane e lavoro e libertà!”

I compagni difendeva Margherita:
vigliacco un colpo
in mezzo al petto,
e chiuse gli occhi neri, Margherita…
prato di papaveri
sangue rosso in mezzo alla polvere.

Cantate, genti, cantate la storia di Margherita.
Grazie, Margherita, cambierà, vedrai, il mondo cambierà!

NON PIÙ SERVI, NON PIÙ PADRONI,
PANE E LAVORO E LIBERTÀ

 

"Margherita moriva il 18 maggio 1902, a quarantadue anni, e di nascosto veniva fatta seppellire alla mezzanotte del giorno 21. Di genitori ignoti, Margherita era stata trovata "esposta nella ruota" (così si diceva dei bambini abbandonati nella "ruota" dei conventi o di altre istituzioni simili) a Putignano il 2 giugno 1859. Si spiegano così il suo nome e cognome che sono quelli di una nobildonna milanese del XIV° sec, protagonista dell'omonimo romanzo (1838) del patriota scrittore risorgimentale Cesare Cantù. Glieli assegnò il sindaco, che fungeva da ufficiale dello stato civile, Leonardo Romanazzi, il quale evidentemente conosceva il romanzo. 

LA RIVOLTA BRACCIANTILE DEL 13-14 MAGGIO 1902 A PUTIGNANO (Bari)

Una folla di 5.000 braccianti e contadini poveri di Putignano (la città contava all’epoca circa 14.000 abitanti) per due giorni, il 13 e 14 maggio 1902, dette sfogo alla propria indignazione e rabbia nei confronti della ristretta classe dei grandi proprietari terrieri e dei ricchi borghesi che ingrassavano sulla miseria e sullo sfruttamento dei lavoratori della terra. La protesta era rivolta anche contro il dazio, un sistema ingiusto ed esoso di tassazione indiretta che pesava soprattutto sui miseri consumi popolari, farina e pane compresi. Il secondo giorno, la folla, che chiedeva con decisione il lavoro, una giusta retribuzione ed una vita più dignitosa, alla vista dei carabinieri a cavallo che si apprestavano alla carica, cominciò a scagliare sassi ed a devastare ed incendiare i casotti in legno della cosiddetta ‘cinta daziaria’ e gli uffici del dazio, mentre il Sindaco, cui era stato chiesto invano di mettersi alla testa della protesta con la banda e la bandiera, si rifugiava nel Municipio.
   Fu a questo punto che, secondo quanto accertato all’epoca dei fatti dal Tribunale di Bari, mentre la folla incalzava e una donna, Margherita Pusterla, cercava di disarmare un tenente scivolato a terra per impedirgli di sparare sui compagni, i Carabinieri fecero fuoco sulla folla. A terra restavano numerosi feriti, tra cui, più grave, la stessa Pusterla che morì quattro giorni dopo. Seguirono denunce ed arresti. Trentadue furono i processati (tra cui 3 donne e 4 minorenni) che subirono varie condanne.
   Inaspettatamente per l’epoca, i giudici del Tribunale di Bari dichiararono esplicitamente che ‘la precipua causa dei moti sovver­sivi fu … il disagio economico, la squallida desolante miseria in cui oggi versa la classe diseredata di Putignano, il lavoratore dei campi che non sa come provvedere ai bisogni della vita dell'oggi per sé e la sua famiglia. Sobrio, laborioso, paziente, buono, sottomesso, economico, il contadino Putignanese lavora sempre, quando può, ma il suo lavoro è insufficiente a man­tenere sé e la famiglia, perché vilmente retribuito. Fu questo il motivo per cui insorse la folla nel 14 maggio’.
   Quattro anni prima (1898), a Milano, il generale Bava Beccaris aveva massacrato a cannonate la folla inerme che reclamava ‘pane e lavoro’ (circa 100 morti). Umberto I, il re ‘buono’ corresponsabile della carneficina, lo elogiò e lo premiò immediatamente con la ‘Gran corona dell’Ordine militare di Savoia’ e la nomina di senatore a vita. In Puglia, nel solo 1902, in seguito alle proteste popolari, oltre che a Putignano, si ebbero eccidi, con morti e feriti, a Cassano Murge, a Candela, a Cerignola, ecc.

...Margherita Pusterla ed i suoi compagni, umili eroi misconosciuti e protagonisti della nostra epopea contadina, le loro lotte, i loro sacrifici hanno diritto al nostro ricordo, alla nostra riconoscenza, alla nostra gratitudine".

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