giovedì 7 aprile 2016

GIOVEDI' ROSSI - IL DOMINIO MOSTRUOSO DELL'OLIGARCHIA FINANZIARIA - Sul 3° cap. de L'Imperialismo di Lenin

Riprendiamo dal testo di Lenin "L'imperialismo fase suprema del capitalismo" 

CAPITALE FINANZIARIO E OLIGARCHIA FINANZIARIA

Nel Terzo capitolo de L'Imperialismo, Lenin approfondisce il dominio del capitale finanziario - effetto della crescente concentrazione della produzione e del capitale, della fusione dei monopoli con le banche - e, come a questo corrisponde “nell'ambito generale della produzione di merci e della proprietà privata... al dominio dell'oligarchia finanziaria”.

Questo processo, resosi negli anni sempre più chiaro ed evidente, allora come oggi, trova tanti rappresentanti della scienza borghese, economica e non, impegnati ad occultarlo o a farne l'apologia. Sono tutti pronti ad abbellire quello che Lenin chiama “il meccanismo della formazione dell'oligarchia, i suoi metodi, l'entità delle sue entrate, lecite come “illecite”, la sua collusione con i parlamenti”. Eppure, Lenin dice che “il dominio mostruoso dell'oligarchia finanziaria salta agli occhi”.

Oggi a distanza di tanto tempo dallo scritto di Lenin, questo appare evidente quando si parla e si critica il dominio dei finanzieri, lo strapotere delle Banche, così come il concetto di oligarchia
finanziaria è abbastanza utilizzato, ma senza mai individuarlo come carattere essenziale del sistema dell'imperialismo, processo strutturale venuto a compimento da quasi un secolo che può essere “superato” solo e semplicemente se se ne comprende l'essenza.
L'oligarchia finanziaria, peraltro, controlla con un sistema di “scatole cinesi” enormi capitali ed enormi gruppi industriali, veri e propri imperi che il sistema delle società per azioni, e tutte le sue sofisticazioni, permettono di formarsi e consolidarsi, comporsi e ricomporsi.
Oggi è meno diffuso del passato, ma sempre presente, l'idea della “democratizzazione del sistema”, possibile da raggiungere con leggi che favoriscano la piccola produzione, l'azionariato popolare, il controllo.
Lenin già qui taglia corto con questi sofismi borghesi e opportunismi pseudo socialdemocratici, affermando come la legislazione che permette azioni sempre più piccole è solo un mezzo per rastrellare risparmi e capitali per “accrescere la potenza dell'oligarchia finanziaria” e non certo per democratizzarla.
Il sistema di partecipazione – dice Lenin – non soltanto serve ad accrescere enormemente la potenza dei monopolisti, ma permette anche di manipolare ogni sorta di loschi e luridi affari e di frodare il pubblico attraverso un sistema di responsabilità che permette ai veri padroni dell'impero di poter fare ciò che vogliono”.

Nel libro “Ilva la tempesta perfetta” dedicato a Riva esiste una descrizione dettagliata di quell'impero costruito da Riva stesso che lo metterebbe al riparo dai danni prodotti dal sistema produttivo e, nello stesso tempo, metterebbe al riparo i capitali accumulati dall'inchiesta giudiziaria che lo riguarda. Questa è una chiara dimostrazione di ciò che Lenin descrive. Cosa che si ritrova anche nelle pagine dedicate dal libro ad un precedente processo, nel quale di fronte alla denunce degli effetti della gestione dell'Ilva, il patron di questa grande aziende dice: “Io? Ma io non sono padrone neanche di un cane”.

Lenin nel libro usa un esempio tratto da un fascicolo della Die Bank che vale la pena di trascrivere interamente perchè spiega in maniera chiara e comprensibile ai nostri lettori operai e proletari, come questo processo avveniva, ed avviene tuttora:
"La Società anonima per l'industria dell'acciaio per molle di Kassel, fino a poco tempo fa era ritenuta una delle imprese più redditizie della Germania. La sua cattiva amministrazione condusse le cose a tal punto che i dividendi caddero dal 15% a zero. L'amministrazione, senza che gli azionisti ne sapessero nulla, aveva fatto un prestito di sei milioni ad una sua " società figlia", la Hassia, Il cui capitale nominale non ammontava che a poche centinaia di migliaia di marchi. Di questo prestito, che costituiva quasi il triplo del capitale azionario della "società madre", non v'era traccia nel bilancio di quest'ultima; e contro tale occultamento non si poteva sollevare la minima eccezione giuridica, sicché esso poté essere continuato per due anni, non violando nessuna disposizione del codice di commercio. Il presidente del Consiglio di amministrazione, che firmò sotto la sua responsabilità i bilanci falsi, era ed è presidente della Camera di commercio di Kassel. Gli azionisti furono messi a conoscenza del prestito fatto alla Hassia soltanto quando esso già da lungo tempo era risultato un "errore" [l'autore avrebbe dovuto mettere questa parola tra virgolette] e quando le azioni della Società dell'acciaio per molle, in seguito alla vendita fattane da coloro che erano a conoscenza della cosa, ebbero perduto, nelle quotazioni, circa il cento per cento.
"Questo esempio caratteristico di equilibrio nei bilanci, che è consueto nelle società per azioni, lascia intendere perché mai le amministrazioni delle società per azioni, in generale, si incaricano di affari rischiosi, a cuor leggero, assai più dei privati imprenditori. La moderna tecnica della estensione dei bilanci non solo rende loro agevole di occultare ai comuni azionisti gli affari rischiosi intrapresi, ma permette inoltre ai principali interessati di sottrarsi alle conseguenze di un esperimento fallito col vendere a tempo le loro azioni, mentre il privato imprenditore sopporta sulla propria pelle le conseguenze di quel che fa ...
"... I bilanci di molte società per azioni rassomigliano a quei noti palinsesti medioevali, nei quali si deve prima cancellare la scrittura visibile per poter decifrare i segni che stanno sotto di essa e che formano il vero contenuto del manoscritto ...
"... Il mezzo più semplice, e quindi più spesso adoperato, per rendere impenetrabile un bilancio consiste nello scindere un'azienda unitaria in più parti sotto forma di costituzione o aggregazione di "società figlie". Sono così evidenti i vantaggi offerti da tal sistema per i più svariati scopi -legali e illegali- che ormai si possono considerare come eccezioni le società, alquanto cospicue, che non lo abbiano accolto"

In particolare, analizza come operano nella pratica i grandi monopoli per realizzare i loro obiettivi.
Scrive, quindi, Lenin: “Tutte le norme di controllo, di pubblicazione, di bilanci..., di Istituti di sorveglianza, ecc... non hanno alcun valore”, se non quello di difendere e abbellire il capitalismo e tradurre nell'interesse dei grandi capitalisti la legge “la proprietà privata è sacra. Non si può proibire ad alcuno di comprare, vendere, barattare, impegnare, ecc. azioni”.

La natura del capitale finanziario e l'agire dell'oligarchia finanziaria, può essere anche in alcuni aspetti diversa in diversi paesi imperialisti, ma i risultati sono identici.
Lenin irride a coloro che, nel descrivere il sistema, dividono “i capitali bancari secondo che vengono impiegati “produttivamente” (commercio e industria) o “speculativamente” (nelle operazioni di Borsa e finanziarie)”, evidenziando come si tratti di una concezione riformista, piccolo borghese, che crede veramente che permanente il capitalismo, si potrebbero separare l'uno dall'altro questo tipo di investimento di capitale ed eliminare il secondo.
Tutte le lamentele di questo genere, che si trovano anche nelle formazioni sindacali e politiche alternative a quelle ufficiali sono solamente un modo per confondere e oscurare agli occhi dei proletari e delle masse popolari la natura del sistema e per indirizzare le lotte dei lavoratori nel vicolo cieco della conservazione dello stesso.
La realtà è sempre quella, invece. Un piccolo gruppo di grandi monopolisti attraverso il sistema finanziario riesce a controllare l'intero sistema come una 'società madre' controlla le 'società figlie'.

Lenin, poi, attraverso dati inconfutabili, mette in luce alcuni nodi che permettono di decifrare in maniera chiara sia il dominio dei grandi paesi capitalisti, sia lo sviluppo diseguale di essi, sia la maniera con cui i grandi paesi capitalisti controllano e dominano l'economia dei paesi dipendenti.
Il paese che esporta il capitale si prende il meglio. E, quindi, chi esporta capitale domina il capitale del paese in cui esporta. “il capitale finanziario, concentrato in poche mani e godendo un monopolio di fatto, ritrae redditi giganteschi e sempre maggiori da ogni fondazione di società (cioè da ogni investimento nell'appropriazione di altre aziende – ndr), dall'emissione delle azioni, dai prestiti statali, ecc.”. E attraverso questa azione che si “consolida l'egemonia delle oligarchie finanziarie, imponendo a tutta la società una tributo a favore dei detentori del monopolio”.
E' sempre attraverso questo funzionamento di sistema che, ad esempio, i grandi trust industriali e finanziari, con i loro investimenti, si appropriano e controllano le materie prime e i territori in cui essi esistono.
Là dove - e qui Lenin fa l'esempio della Francia – il dominio finanziario è essenzialmente nelle mani dei trust delle grandi Banche, tutto il sistema funziona come quello che Lenin definisce “un capitale usuraio gigantesco”.
L'ascesa dell'imperialismo e il dominio dell'oligarchia finanziaria hanno sostanzialmente trasformato il capitalismo e trasformato “tutte le condizioni della vita economica soggiacente”, sì da rendere – e qui Lenin fa ancora riferimento alla Francia – “la Repubblica francese una Repubblica finanziaria, in cui l'onnipotenza delle grandi banche è assoluta e attraggono alla loro orbita il governo e la stampa.”

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