Nei giorni scorsi si sono tenute varie presentazioni del libro Ilva, dal sud al nord, con gli autori di Taranto del libro, su richiesta delle realtà di operai, lavoratori, compagni, di giovani di centri sociali presenti nelle città. In particolare, a Napoli il 7 aprile, a Pisa e Massa il 13 aprile, a Milano il 14 e a Schio (Vicenza) il 15.
Altre si terranno nei prossimi giorni e a Maggio.
Queste presentazioni stanno servendo, e questo è importante, anche a affrontare dei nodi centrali della lotta di classe, per cui ogni presentazione sta creando dibattito, confronto, conoscenza e soprattutto rapporti che guardano al futuro.
Un esempio di questo è stata la presentazione fatta a Napoli, presso la Casa editrice del libro "La città del Sole", dove vi è stato un ricco dibattito, con confronto di posizioni che in alcuni casi non hanno nascosto le differenze, ma in uno spirito di comune battaglia.
A Napoli l'assemblea ha visto una partecipazione molto varia e rappresentativa: da ex operai dell'Italsider di Bagnoli, a una compagna che ha portato l'esperienza nella Rete campana salute ambiente, a rappresentanti dei disoccupati di Banchi Nuovi, dai giovani compagni della Camera popolare del Lavoro del centro occupato Je sò pazzo, con i compagni del Kamo, a studenti dell'Università Federico II, a compagni di organizzazioni politiche della sinistra, ecc.
L'assemblea è stata aperta dalla presentazione da parte dell'editore della "Città del Sole" della nuova collana "Lotte di classe" che ha iniziato proprio dall'edizione del libro Ilva. Una collana - è stato detto - che intende contribuire ad una maggiore circolazione dei materiali prodotti da esperienze di lotta che tengono vivo lo scontro di classe.
L'intervento degli autori del libro Ilva, nel raccontare quello che è successo a Taranto nei due anni caldi 2012/2013, e della lotta e del ruolo degli operai - passati dall'allucinante manifestazione del 30 marzo 2012 organizzata da Riva e dai capi, in cui gli operai erano ridotti ad un esercito di burattini al servizio della logica e interessi aziendali, ai giorni di
rivolta di luglio in cui l'intera città era "occupata" dai blocchi degli operai, alla invasione del 2 agosto "dell'Apecar" contro i sindacati confederali, con alla testa giovani operai e ex delegati Fiom Ilva, alle nuove giornate di blocchi della città di settembre, ai 15 giorni di sciopero e presidio all'Ilva per la morte di un operaio del Mof, alla grande occupazione della fabbrica del 27 novembre 2012, e poi ancora le giornate di lotta di gennaio, di febbraio 2013, ecc., contro padron Riva e i governi e Ministri che sfornavano decreti salva Riva/Ilva - hanno detto che a Taranto vi è stata una vera rivolta, due anni in cui tutti sono scesi in campo e hanno cercato di prendere la parola. Due anni in cui si è espressa una effettiva potenzialità di lotta che però non è riuscita ad avere continuità.
E' stata una rivolta senza direzione di classe, senza base di unità, su cui hanno pesato anche le posizioni di coloro che propagandavano una lotta senza bandiera (e si intendeva la bandiera rossa) e senza ideologia, in cui l'unica "bandiera" del "siamo tutti cittadini" ha sostituito la necessaria guerra di classe. Ma non è vera l'immagine/luogo comune di operai quasi fantasmi o colpevoli. L'Ilva - è stato detto, attraverso i fatti - è stata prima di quei due anni e nei due anni caldi una fabbrica viva, in cui gli operai si sono ribellati e hanno lottato per la salute e la sicurezza, venendo attaccati sia da Riva che dal sindacato, in particolare Fiom.
Dopo questo intervento, vi sono stati vari interventi che hanno acceso un dibattito/confronto, interessante perchè ha posto come la vicenda Ilva necessita anche di lotta tra posizioni per trovare la via giusta di lotta. Gli interventi, in generale, si sono concentrati da un lato sul ruolo della classe operaia e dall'altro ha affrontato la questione delle "soluzioni". Ne riportiamo alcuni.
Il compagno operaio dell'Italsider di Bagnoli, da un lato ha affermato, giustamente, che la classe operaia esiste se diventa punto di riferimento del territorio, come negli anni passati è stata a Bagnoli, dall'altra ha detto che gli operai avrebbero perso a Bagnoli per la complicità delle altre fabbriche siderurgiche, rappresentando - cosa non vera e non giusta - in particolare gli operai di Taranto come sempre corresponsabili del conflitto lavoro-salute, mentre a Bagnoli si lottava per il controllo dei processi produttivi
Quindi, andando sulle soluzioni e continuando su questa linea del "controllo dei processi" ha parlato delle tecniche che portano ad inquinamento zero, del fatto che Riva deve spendere soldi per la questione ambientale, per un ambiente sostenibile.
Il compagno del Kamo ha portato l'esperienza di lotta per un ambiente sostenibile che stanno facendo nell'area nord di Napoli, con micro vertenze ambientali; loro - ha detto il compagno - fanno anche parte di una Commissione che non ha potere di veto nè deliberativo ma controlla e riferisce. Questo - ha aggiunto - non è la "presa del palazzo d'inverno" ma ci permette di monitorare i territori dal basso.
A fronte di questi interventi, la compagna di Taranto, ritornando sulla questione Ilva, è entrata nel merito del discorso sulle "soluzioni", e leggendo pezzi di alcune pagine del libro Ilva ha affermato che ogni discorso di "soluzione" che non metta al centro il fatto che "nocivo è il capitale e non la fabbrica" e che non è possibile un "ambiente sostenibile", senza rovesciare la causa dei disastri ambientali: il sistema del capitale, oggettivamente, al di là della volontà accetta il terreno imposto da questo sistema, illudendosi di poter fare una sorta di separazione tra aspetti brutti e aspetti buoni del capitale, o tra gli stessi capitalisti; lì dove, invece, non c'è fabbrica, al di là di cosa produca, in cui non venga attaccata la salute degli operai e spesso delle popolazioni; alla Fca di Marchionne, per esempio, gli operai non muoiono sul posto di lavoro ma il loro corpo viene scientificamente distrutto, selezionato affinchè ogni muscolo sia sfruttato al massimo per intensificare il lavoro. Così come chi propone produzioni alternative, non vuole vedere che anche in queste produzioni agisce la stessa logica distruttiva del profitto, che sia produzione agricola o attività turistica. Inoltre, come dimostra la vicenda Taranto, le posizioni tout court antidustrialiste, per un ritorno ad un economia alternativa fatta di agricoltura, pesca, turismo, non solo falsificano la realtà di Taranto, da più di centoventi anni città industriale, ma soprattutto vogliono far tornare indietro la ruota della storia.
Questo - ha aggiunto - pone battaglie come quelle sul controllo dei processi produttivi o di controllo del territorio, come terreni di lotta contro padroni, Istituzioni, come necessarie battaglie di difesa (come all'Ilva è la richiesta-proposta portata avanti dallo Slai cobas per il sindacato di classe della piattaforma-"decreto operaio), ma senza illudersi che sia possibile, senza rovesciare il sistema del capitale, difendere realmente ambiente, salute, interessi operai. Proprio Bagnoli dimostra che gli operai non solo non sono riusciti a salvaguardare il lavoro, ma neanche la salute e l'ambiente.
Anche la compagna che ha operato nella Rete campana, riprendendo la questione della invisibilità degli operai Ilva, ha sviluppato una critica alle posizioni e concezioni non classiste. Ha denunciato come questo sistema ci abbia reso tutti uguali: o consumatori o utenti, tranne che operai, lavoratori, per cancellare la classe operaia e rendere la questione ambientale, frutto della logica del capitale, roba dei "cittadini". Questa concezione - ha detto - si va facendo strada anche negli ambienti antagonisti; è una sorta di malattia dei compagni: tutti sono responsabili meno il capitale. E la corsa a "trovare soluzione" diventa inevitabilmente umanizzare, verniciare di verde questo sistema. Oggi è il capitalismo che parla di "bonifiche", vedi proprio Bagnoli.
D'altra parte - ha aggiunto la compagna - siccome poi dell'acciaio abbiamo ancora bisogno, se chiudi fabbriche da una parte questa produzione viene portata in un'altra, e non si può ragionare con la logica "purchè sia pulito il mio giardino". Quindi, o questa battaglia la facciamo da un punto di vista di classe o stiamo accompagnando questa fase del capitale.
Un compagno della Camera popolare del Lavoro dell'ex opg ha portato anche un contributo teorico al dibattito. Il libro "Ilva la tempesta perfetta" - ha detto - fornisce un importante scorcio su che cosa è questo sistema.
Quello che succede all'Ilva non capita per caso e ha a che fare con una dimensione teorica analitica.
Il libro riesce a dire che il capitale porta al massimo sviluppo una serie di contraddizioni reali, ma per sua stessa natura queste contraddizioni le trasforma in aberrazioni. Al massimo sviluppo delle potenzialità produttive corrisponde oggi il massimo manifestarsi della distruzione delle forze produttive, dell'ambiente, della salute. Affermare questo è il contrario dal cercare nello stesso capitale aspetti positivi. Quindi - ha concluso - non si tratta affatto di tornare a una Taranto di "cozze e calamari", ma di fare della fabbrica, degli operai un esercito, per mettere fine a questo sistema fondato sullo sfruttamento e il profitto.
Da questo dibattito è venuto l'interesse a portare la presentazione del libro Ilva anche in altri ambiti di Napoli.
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