ArcelorMittal usa gli operai come "usa e getta" a seconda dell'andamento del mercato, così taglia i costi del lavoro e tutela i suoi profitti e gli operai devono stare in cig con la miseria di 800/900 euro al mese. Questo è inaccettabile!
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ArcelorMittal chiama i sindacati: si fermano impianti appena ripartiti
La movitazione dell'azienda risiede nel rallentamento produttivo di
alcuni clienti.
Una convocazione non prevista per una riunione dai contenuti inaspettati. ArcelorMittal ha convocato le organizzazioni sindacali per comunicare alcune variazioni rispetto all’attuale assetto di marcia dello stabilimento. Nella fattispecie l’azienda ha comunicato che a causa di un rallentamento produttivo di alcuni clienti, fermerà gli impianti che erano ripartiti da alcuni giorni.
Queste le fermate previste a partire da domani: PLA dal 17 Maggio; Decapaggio da domattina a partire dalle ore 7,00; Decatreno da sabato 16 Maggio; Zincatura 2 che sarebbe dovuta ripartire dal 18 maggio resterà ferma fino a data da destinarsi, mentre Zincatura 1 continuerà regolarmente lamarcia. Sul Treno nastri 2 attualmente fermo per manutenzione è in corso di valutazione da parte di ArcelorMittal la ripartenza dello stesso impianto.
Fim, Fiom, Uilm e Usb hanno evidenziato “alcune criticità rispetto alla fase che attraversa lo stabilimento siderurgico di Taranto e ritengono inaccettabili e ingiustificate le modalità con cui l’azienda, a seguito di una comunicazione di ripartenza degli stessi impianti di pochi giorni fa, modifichi di fatto, quanto precedentemente comunicato – si legge in una nota unitaria -. Le scriventi organizzazioni sindacali ritengono immotivate le scelte della multinazionale ed è del tutto evidente che provi a celarsi dietro una strategia già definita. Pertanto, riteniamo necessario un immediato intervento da parte del Governo per salvaguardare il futuro occupazionale e ambientale del territorio ionico vista la sua strategicità più volte ricordata nei decreti d’urgenza da vari governi che si sono succeduti in questi lunghi anni di vertenza ex Ilva” concludono Fiom, Fim, Uilm e Usb.
Gazzetta del mezzogiorno
Taranto, retromarcia Mittal l’addio è più vicino
È destinato a tornare sul tavolo del Governo il dossier Ilva. Forse già la prossima settimana il Mise o direttamente Palazzo Chigi, ora che la morsa del Covid-19 si è fatta meno soffocante, (video)chiameranno tutte le parti della complessa trattativa che lo scorso 4 marzo sembrava essere arrivata finalmente ad un punto di svolta. Invece la crisi dell’acciaio, dovuta anche alla pandemia, ha peggiorato i conti di ArcelorMittal, la multinazionale che gestisce in fitto il complesso aziendale ex Ilva dal novembre 2018, e avvicinato l’addio per il quale era stata prevista scansione temporale (novembre) e prezzo (500 milioni di euro).
Questa settimana doveva essere quella nella quale l’interlocuzione tra i commissari dell’Ilva, Invitalia, Governo e ArcelorMittal doveva entrare nel vivo, con la definizione del piano industriale da proporre ai sindacati in vista dell’accordo con i rappresentanti dei lavoratori da raggiungere, secondo cronoprogramma, entro maggio. Invece Lucia Morselli, amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, per più volte ha dato buca (l’ultima, ieri), segno evidente che o non ha avuto il mandato ad andare avanti da Londra oppure che le condizioni sono così cambiate da ritenere impraticabile l’ipotesi di garantire piena occupazione ai 10.700 dipendenti al termine della realizzazione degli interventi previsti dal piano industriale. In un caso o nell’altro, ArcerlorMittal sarebbe fuori dalla partita perché il Governo mai accetterebbe esuberi. A quel punto scatterebbe la ricerca di un nuovo partner industriale da affiancare a Invitalia e il nome che circola con maggiore insistenza è quello di Arvedi, al quale guarderebbe anche la Morselli, almeno stando a guardare le sue ultime mosse nell’organigramma della fabbrica, nel tentativo così di succedere a se stessa (ma il Governo sembra avere altre idee, e soprattutto, altri nomi sul punto).
Che la situazione stia precipitando lo si intuisce non solo dallo sconcerto con il quale i partecipanti al gruppo di lavoro per dare un futuro al siderurgico di Taranto, e con esso alla siderurgia italiana, hanno appreso dell’ennesima presa di tempo della Morselli sul piano industriale, ma anche dall’atteggiamento dei sindacati.
Ieri pomeriggio Arcelor Mittal ha convocato le organizzazioni sindacali per comunicare alcune variazioni rispetto all’attuale assetto di marcia dello stabilimento. In particolare, l’azienda ha comunicato che a causa di un rallentamento produttivo di alcuni clienti fermerà gli impianti che sono ripartiti da alcuni giorni, facendo una vera e propria retromarcia. In una nota congiunta, Fim, Fiom, Uilm e Usb evidenziano «alcune criticità rispetto alla fase che attraversa lo stabilimento siderurgico di Taranto e ritengono inaccettabili e ingiustificate le modalità con cui l’azienda, a seguito di una comunicazione di ripartenza degli stessi impianti di pochi giorni fa, modifichi di fatto, quanto precedentemente comunicato». I sindacati ritengono che ci sia una «strategia già definita» e chiedono un immediato intervento da parte del Governo per «salvaguardare il futuro occupazionale e ambientale del territorio ionico vista la sua strategicità più volte ricordata nei decreti d’urgenza da vari governi che si sono succeduti in questi lunghi anni di vertenza ex Ilva».
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