mercoledì 29 luglio 2020

ArcelorMittal - Rinvio del Tavolo a dopo le elezioni di settembre - la sorte degli operai legata a chi vince?

Da un Tavolo a Roma che doveva essere convocato pochi giorni dopo il 9 giugno, siamo ora al rinvio a fine settembre - dopo l'elezioni!
La sorte degli operai, che significa lavoro, salute, viene quindi usata come carta da giocare sul banco della competizione elettorale e viene fatta dipendere dall'esito del voto. E sappiamo bene come le promesse fatte in campagna elettorale poi spariscono.
Questo è inaccettabile! Gli operai hanno già vissuto questo drammatico "gioco" sulla loro pelle.

(Dalla stampa) 
Bisognerà aspettare almeno fine settembre. Dopo le elezioni in Puglia.
Il lavoro del Governo procede seppure sotto traccia, ma c’è un’altra incognita piombata sul percorso che dovrà chiarire chi avrà in mano l’impianto. Ma anche come si produrrà e quanto. E con quanti lavoratori, che significa anche decidere se e quanti esuberi ci saranno. Eccola l’incognita: il voto in Puglia del 20-21 settembre. Una fonte dell’esecutivo che è in prima fila nella gestione del dossier lo spiega così: ”È tutto fermo per le elezioni, fino a fine settembre le cose non si muoveranno”.  Anche gli umori sondati in casa Mittal e quelli che circolano tra i sindacati dicono la stessa cosa. Il senso del ragionamento: gli equilibri tra le forze politiche che usciranno dalle urne sono un elemento ineludibile. Non nel senso che una vittoria di Michele Emiliano piuttosto che di Raffaele Fitto o degli altri candidati determinerà il futuro dell’Ilva. Gli elementi chiave sono due. Il primo: il risultato che conseguiranno i 5 stelle. Più positivo sarà e più forte sarà la spinta che tradizionalmente arriva dal territorio verso una soluzione che punta all’idrogeno, sulla linea della soluzione a cui sta lavorando il ministro dello Sviluppo economico in quota M5s Stefano Patuanelli. Il secondo: la possibile convergenza tra i 5 stelle e il Pd sull’ex Ilva. Emiliano, infatti, vuole una decarbonizzazione dell’impianto, che è cosa simile anche se non uguale alla soluzione dell’idrogeno.

Il nodo esuberi ancora irrisolto 
Il primo passaggio che salterà tra una settimana è quello del 31 luglio, data entro la quale bisognava chiudere un accordo con i sindacati proprio sul perimetro occupazionale. L’ultimo incontro tra il Governo e le organizzazioni sindacali è stato il 9 giugno, poi nessuno si è fatto più sentire. Ad oggi non è arrivata nessuna convocazione. I sindacati sono sul piede di guerra. Ecco cosa dice Rocco Palombella, il segretario generale della Uilm, a Huffpost: “Sono passati 47 giorni e nonostante i nostri solleciti non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione. In queste settimane abbiamo letto e ascoltato dichiarazioni del presidente Conte e del ministro Patuanelli sulla volontà del Governo di voler chiudere l’area a caldo e riconvertirla con una produzione ad idrogeno. Non si era mai verificato un atteggiamento così ambiguo e irresponsabile da parte dei Governi che si sono avvicendati. La situazione è esplosiva da un punto di vista sociale, non c’è tempo da perdere”.

La pre-intesa prevedeva l’ingresso dello Stato a fianco di Mittal. Anche questo punto è tutto da definire. L’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri e il super consulente del Governo Francesco Caio stanno coordinando i lavori della squadra chiamata a fissare il prezzo di questo ingresso. E non è ancora chiaro se lo Stato, attraverso Invitalia, alla fine sarà maggioranza o minoranza nella nuova Ilva. Bisogna poi capire la modalità di produzione dentro lo stabilimento. Impianto con un forno elettrico e a gas, a idrogeno e decarbonizzazione non sono la stessa cosa.

Su 8.200 lavoratori che conta Mittal, tremila sono in cassa integrazione Covid. E dal 3 agosto ripartirà la cassa ordinaria per 13 settimane. I 1.700 dipendenti dell’amministrazione straordinaria sono in cassa straordinaria dal 2018. La produzione viaggia a livelli minimi, intorno alle 4,5 milioni di tonnellate all’anno. Ed è ritornata anche la magistratura. La procura indaga per truffa ai danni dello Stato: nel mirino c’è l’utilizzo della cassa integrazione durante il lockdown. Un uso che chi ha sollevato il caso ritiene illegittimo perché l’azienda aveva ottenuto anche la deroga per continuare a lavorare durante i mesi di blocco.

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