domenica 21 aprile 2013

Sabrina: una sentenza che vuole chiudere gli occhi

La condanna all'ergastolo di Sabrina e della madre Cosima per l'uccisione di Sarah è la conclusione, per il momento, brutta e che non chiarisce ancora granchè, di un'altrettanta vicenda bruttissima che non si è voluta capire e si è continuata ad avvolgere in un alone di “oscuro”. Questa sentenza è, comunque, emblematica di come la magistratura e tutto il sottosistema di avvocati e avvocaticchi, tutto il sistema sociale che ha ruotato attorno, il sistema da sciacallaggio mass mediatico, abbiano, dopo troppi anni, condotto ad una conclusione processuale che non rende ancora verità e giustizia né a Sarah ne alle ragazze.



Noi avevamo detto che “qualunque sia la natura e l'esito della vicenda, essa affonda nella condizione di vita e di relazione delle ragazze di questo paese, Avetrana, come di tante realtà del sud, ed essa si muove nel contesto generale dell'oppressione che si vive e del bi/sogno di ribellarsi e fuoriuscirne. Invece di spezzettare la vita di Sarah, bisognerebbe guardarsi attorno, forse si potrebbe capire perchè e cosa è accaduto”.

La condanna di Sabrina - che comunque si basa soprattutto, al di là delle deboli prove e della non solida motivazione, sulla denuncia del padre – non cambia questo discorso di fondo e in un certo senso rafforza la nostra denuncia sulla condizione delle ragazze fatta già all'inizio della vicenda. Essa mostra la realtà che dietro ogni uccisione delle donne vi è l'intera condizione delle donne fatta comunque di oppressione sia di vita, ma anche ideologica, perfino quando si tratta di una donna che uccide un'altra donna; che dietro ogni violenza e uccisione vi sono cause sociali e vi è un sistema capitalista, di cui il patriarcalismo/maschilismo (nelle sue varie forme), con i suoi falsi valori e sentimenti individualistici, è un'ideologia fondamentale e costitutiva e per questo anche dominante e deviante a volte della coscienza delle stesse ragazze.

La morte di Sarah, la vicenda di Sabrina non sono, quindi, una brutta vicenda privata, ma trovano le loro vere ragioni nella condizione di centinaia, migliaia di ragazze a volte fatta di vuoto ma anche di deviazione dei desideri delle ragazze di un mondo diverso, per imporre falsi, deviati bisogni individuali che puntano a dividere, a contrapporre in una competizione, le ragazze invece che a trovare le ragioni comuni di ribellione e di lotta.



Tutta la vicenda è stata anche uno smascheramento della “famiglia”, chiusa, oppressiva, ora da difendere anche quando è barbarie e morte, ora terreno di “lotta intestina”; mostrando a chi vuole vedere e capire come essa, più viene esaltata da questo sistema sociale come “sacra famiglia”, luogo di solidarietà, sostegno, più nella realtà di abbrutimento e crisi del sistema capitalista, della sua marcia ideologia, è luogo di “guerra”, in cui, comunque, a farne le spese sono soprattutto le donne, anche quando partecipano a questa "guerra". Nella vicenda processuale, prima c'è stata la difesa omertosa della famiglia, da difendere nella sua “onorabilità” verso l’esterno, poi la lotta di tutti contro tutti (a cui grande mano hanno dato i mass media: prima “Michele” era il “mostro” poi il povero zio “schiavizzato” dalle “perfide” donne di casa, ecc.). Una famiglia che è una catena, in cui se cade uno cadono tutti.



Ma la durissima sentenza di ieri, l'ergastolo, è anche la “logica” conclusione, quasi una risposta scontata al clima parossistico che c'è stato sulla vicenda dopo l'uccisione di Sarah. Al fango, allo sciacallaggio, all'impazzimento dei Talk Show, alla morbosa curiosità che si era volutamente mantenuta per mesi e mesi sulla vicenda, doveva evidentemente corrispondere una sentenza “esemplare” (che – tra parentesi – pare non convincere lo stesso Procuratore della Repubblica che, in una sorta di messa di mani avanti, ha dichiarato: “”pare” che i giudici abbiano lavorato bene... sembrerebbe che errori grossolani non ne siano stati commessi... le sentenze in ogni caso si rispettano... ora si vedrà negli altri gradi di giudizio...”).

Ricordiamo brevemente alcuni fatti. Subito dopo l'uccisione di Sarah, calano in massa nel piccolo paese di Avetrana, le forze dell'ordine: polizia, carabinieri, i Ros, che stazionano per mesi. Mentre comincia in maniera assurda la presenza e pressione mediatica.

Il paese, la casa di Sabrina, diventano un luogo di macabro turismo della domenica.
La maggior parte della stampa e delle Tv cerca di sguazzare nelle sofferenze, di trovare la notizia piccante sulla vita amorosa delle ragazze di Avetrana... Vi sono per mesi e mesi Tv nazionali e locali che fanno trasmissioni non stop (arrivando a trasmissioni di 24 ore!); che quando inizia il processo si piazzano al Tribunale e ad Avetrana e arrivano a pagare i “cittadini” da intervistare, suggerendo loro anche cosa dire perchè si faccia notizia.

La morte di Sarah, la questione di Misseri prima e di Sabrina e Cosima dopo, diventano uno spettacolo da “grande fratello”, non è più reale, non deve più provocare emozioni, rabbia, ribellione, ma morbosa curiosità, facendo volutamente un’operazione di capovolgimento: non si parte dalla vicenda personale per comprenderne le ragioni sociali, ma si cancellano di fatto le ragioni sociali e tutto si riduce a scandagliare i particolari. Come una dittatura viene imposto a migliaia di persone di parlare solo di questo, di pensare solo a questo, di concentrare l’attenzione della gente sul particolare, per non interessarsi al generale della loro condizione e della stessa condizione delle donne.

Poi c'è lo sporco ruolo degli avvocati, tutti, e degli “esperti”, che si vendono a fior di soldi le loro dichiarazioni e indiscrezioni sugli atti processuali; gli avvocati parlano più in televisione e sui giornali che nell'aula giudiziaria; mentre indirizzano le bugie, mezze verità dei loro assistiti.

E poi c'è il sindaco di Avetrana che cerca di sfruttare l'attenzione per rendere più interessante il suo paese a fini turistici (pensa anche di far costruire nella piazza una statua di Sarah). Poi lo stupido fratello di Sarah che cerca di avere da Lele Mora anche una sua piccola e squallida pubblicità, ecc., ecc.



Infine, non possiamo non rilevare un altro fatto.

Sabrina e Cosima sono state condannate al massimo della pena: l'ergastolo. Questo avviene in una situazione, anche recente, in cui altre sentenze, che hanno riguardato terribili violenze e perfino uccisioni di donne da parte di uomini, non hanno visto affatto dure condanne, anzi sono state spesso sentenze scandalose per la loro leggerezza. Della serie che se è l'uomo ad uccidere ha sbagliato e addirittura va perdonato, se è una donna, è un 'mostro'!
Anche questo c'è in questa brutta vicenda e pensiamo che anche questo abbia pesato. 

Margherita Calderazzi del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario 

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