Gli imputati, ex dirigenti dello stabilimento Italsider Ilva di Taranto, sono accusati di omicidio colposo e omissione dolosa di cautela per la morte di 5 operai deceduti per mesotelioma pleurico
Redazione online
30 Gennaio 2019
«E' una vicenda processuale complessa e dolorosa come troppe ormai in Italia, cominciata nel 2012 al
Tribunale di Taranto: sono 31 gli operai dell’Italsider-Ilva di Taranto morti per mesotelioma pleurico. Ma i dirigenti dello stabilimento condannati per complessivi 189 anni di reclusione in primo grado, nel processo di appello sono stati tutti assolti per prescrizione, tranne tre: una sentenza clamorosa, che ribaltò in buona parte quella di condanna emessa nel maggio 2014. Una storia che si ripete troppo spesso, quella del tentativo di 'negazionismò e 'abolizionismò rispetto alle patologie causate dall’amianto e alle responsabilità, da un capo all’altro della penisola», sottolinea una nota del Coordinamento amianto.
«La solita ennesima 'beffà per chi è morto per il lavoro e non potrà mai più difendersi contro chi ne ha provocato la morte e contro i meccanismi 'perversì di una 'giustizia, ballerinà, che a volte condanna e a volte assolve, e dove tempi elefantiaci e meandri burocratici vincono troppo spesso sui diritti fondamentali delle persone. Per gli altri 26 lavoratori morti a causa dell’amianto all’Ilva di Taranto, nessun responsabile, nessuna colpa, nessuna, pena», conclude il Coordinamento nazionale amianto.
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