Pubblichiamo oggi e nei prossimi giorni alcuni interventi dei compagni di Taranto di proletari comunisti che stanno partecipando al gruppo di studio sul testo 'Le lotte di classe in Francia' di Marx.
Note sparse sul 1°capitolo de “le lotte di classe in Francia”
[in corsivo passaggi citati dal testo]
L'aristocrazia finanziaria, nelle sue forme di guadagno come nel suoi piaceri, non è altro che la riproduzione del sottoproletariato alla sommità della società borghese.
È già stato sottolineato in altri contributi allo studio questa aspetto. Altri compagni hanno trovato che più che alla borghesia finanziaria, che oggi equivale all’aristocrazia finanziaria dei tempi del testo, il sottoproletariato è simile alla piccola borghesia, nel suo oscillare tra le diverse classi. Se questo è senz’altro vero, va precisato che ciò che rende simile i sottoproletari alla parte più parassitaria della borghesia è lo stesso modo in cui entrambi questi settori di classe riproducono la loro esistenza, non dalla produzione ma da espedienti, traffici, mance e rendite. È questo rende la borghesia parassitaria pronta a comprare chiunque valga il prezzo e i sottoproletari a vendersi a chiunque lo paghi. La piccola borghesia si schiera contro, contro la classe che minacci la sua propria condizione e piccola proprietà, la miserabile illusione di appartenere alla classe possidente, i sottoproletari si schierano con. Con chiunque gli permetta di continuare a mantenere la propria condizione a spese di tutti gli altri.
Come gli operai credevano di emanciparsi accanto alla borghesia, così pensavano di potere compiere, accanto alle altre nazioni borghesi, una rivoluzione proletaria entro le pareti nazionali della Francia. Ma i rapporti di produzione francesi sono condizionati dal commercio estero della
Francia, dalla sua posizione sul mercato mondiale e dalle leggi di questo. Come avrebbe potuto la Francia spezzare queste leggi senza una guerra rivoluzionaria sul continente europeo che si ripercuotesse sul despota del mercato mondiale, sull'Inghilterra?
Se a metà secolo XIX già Marx riconosceva l’estensione e le connessioni transnazionali dei rapporti di produzioni capitalistici che rendevano impossibile anche solo pensare a una rivoluzione proletaria indipendentemente dalle relazioni internazionali, ciò ancor più vero è oggi che i rapporti di produzioni capitalisti sono molto penetrati molto di più in tutti i paesi del mondo (la cosiddetta globalizzazione), che il capitalismo si è evoluto nella sua forma suprema e putrescente l’imperialismo. Questo pone a noi oggi la necessità di guardare a ciò che avviene al di la dei confini a considerare effetti e conseguenze delle lotte dei popoli, delle guerre, delle crisi a livello globale. “Uno sguardo che si deve aprire sul mondo” abbiamo detto in altre occasioni, da ultimo l’iniziativa in cui abbiamo cercato di spiegare agli operai chi era Mittal.
Gli operai francesi non potevano né muovere un passo avanti, né torcere un capello all'ordine borghese prima che il corso della rivoluzione non avesse sollevato la massa della nazione che sta tra il proletariato e la borghesia, cioè i contadini e la piccola borghesia, contro questo ordine borghese, contro il dominio del capitale, non li avesse costretti ad unirsi ai proletari come a loro avanguardia. Solo attraverso la terribile disfatta di giugno gli operai potevano guadagnarsi questa vittoria.
Qui si ritrova la necessità del fronte unito. Il fatto che sia l’unica classe rivoluzionaria fino in fondo, l’unica che liberando sé stessa affranca l’intera società dai rapporti di sfruttamento, non rende il proletariato immediatamente e isolatamente vincente. Occorre sollevare e alleare, nelle forme tattiche o strategiche possibili secondo la situazione concreta, la “massa che sta tra proletariato e borghesia”. Qui si trovano ancora una volta le ragioni della nostra lotta oggi “all’indifferentismo politico”. La necessità di appoggiare e alleare ogni movimento e settore di classe che si oppone al governo fascio-populista in via di trasformazione in regime di moderno fascismo un fronte di tutti i settori sociali, inclusi settori di piccola borghesia. Chiaramente non basta. Marx precisa che ciò avviene attraverso “il corso della rivoluzione”, che oggi per noi significa nel corso della azione autonoma di classe che no solo appoggia la resistenza degli altri ma organizza le proprie forze e sviluppa la propria azione indipendente e di avanguardia.
La frase che corrisponde a questa pretesa eliminazione dei rapporti di classe fu la fraternité l'affratellamento e la fratellanza universali. Questa idillica astrazione dai contrasti di classe, questo livellamento sentimentale degli interessi di classe contraddittori, questo immaginario elevarsi al di sopra della lotta di classe - la fraternité, ecco quale fu la vera parola d'ordine della rivoluzione di febbraio.
Come allora, e in particolare oggi in cui forze populiste sono al potere e proclamano il loro essere “dalla parte del popolo” fonte di legittimazione della loro azione da regime, è importante smascherare il concetto di fratellanza, popolo indistinto. Chiunque parli di fratellanza, di popolo senza distinzioni di classe, da anteporre agli alieni (prima gli italiani!) in realtà non solo nasconde le contraddizioni e interessi antagonisti esistenti, ma pongono l’interesse della propria parte, della propria classe e settore di classe, come interesse generale e questo sempre CONTRO il loro comune nemico, i proletari. È il proletariato, la classe operaia che i populisti e chiunque parli di “popolo” nazione”e “interessi nazionali”, come oggi si declina quella che nella Francia del 1848 si chiamava “fratellanza”, vogliono negare, colpire e perfino cancellare. In certo senso l’inganno degli “ingannapopopolo” sta non solo e non tanto nel dato che i fatti producono non corrispondono alle promesse, ma nello stesso riferimento al “popolo” (o nazione, comunità, italiani ecc.). Si agita un’entità che non esiste per negare le divisioni e i contrasti che e esistono e soprattutto colpire e sconfiggere chi non ha altro interesse che rovesciare l’ordine esistente.
A questo scopo il governo provvisorio formò 24 battaglioni di guardie mobili, ciascuno di 1.000 uomini dai 15 ai 20 anni. Essi appartenevano per la maggior parte al sottoproletariato, che in tutte le grandi città forma una massa nettamente distinta dal proletariato industriale, nella quale si reclutano ladri e delinquenti di ogni genere, che vivono dei rifiuti della società; gente senza un mestiere definito, vagabondi, gens sans feu et sans aveu, diversi secondo il grado di civiltà della nazione cui appartengono, ma che non perdono mai il carattere dei lazzaroni.
...Il governo provvisorio pagava loro un franco e 50 centesimi al giorno, cioè li comperava.
Sempre il regime borghese arruola i sottoproletari come base di consenso e prima trincea a difesa del suo ordine. In tempi rivoluzionari, li arruola letteralmente per farne una forza combattente contro le forze proletarie, diversamente li compra con provvedimenti, come quelli del governo fascio-populista di oggi. Per questo è importante smascherare la politica del governo, i provvedimenti che si presentano per la dignità” “contro la miseria”, quali arma della lotta di classe, arma di una classe contro l’altra, della borghesia contro il proletariato, in due aspetti: il primo la costruzione di un blocco di consenso sociale e difesa materiale dell’ordine esistente; il secondo di cambiare le condizioni materiali di riproduzione dell’esistenza dei proletari, cambiandone così la posizione di classe. Un operaio trasformato in assistito diventa più simile, per condizione e di conseguenza per mentalità, ai sottoproletari, corrotto e corrompibile.
Armi da usare contro ciò sono da una parte la denuncia politica, lo smascheramento del contenuto concreto delle politiche ingannapopolo, dall’altra lo sforzo per elevare la coscienza di sé, la coscienza di classe, la conoscenza delle leggi di funzionamento della società di classe fondata sullo sfruttamento. Questo vogliamo dire quando diciamo che il nostro studio serve se diventa patrimonio delle masse che raggiungiamo.
In questo modo il proletariato di Parigi trovò davanti a sé un esercito, tratto dal suo seno, di 24.000 giovani forti, audaci, e prepotenti. Quando la guardia mobile sfilò per Parigi, l'accolse con degli evviva. In essa riconosceva i suoi combattenti d'avanguardia sulle barricate, e la considerava come la guardia proletaria in opposizione alla guardia nazionale borghese. Il suo errore era perdonabile.
Quella del passaggio di campo, del trasformarsi in nostri nemici giurati, di alcuni elementi che nelle fasi di lotta erano organizzati con noi, è un’esperienza che abbiamo fatto diverse volte nelle passate anche forti e vincenti lotte di settori non proletari che abbiamo organizzato. Marx ci aiuta a capire perché non sono gli elementi più esitanti o arretrati ma proprio quelli più avanzati e combattivi che più facilmente cambiano campo. E questo non per un’astuzia della borghesia che seleziona gli elementi più utili ad essa ma per la stessa natura intrinseca di questi elementi, individualisti, privi del senso di solidarietà collettiva che instilla la disciplina del lavoro collettivo, che credono di essere meglio degli altri e di meritare di più e sono pronti a seguire chi glielo riconosce, a lottare senza scrupoli contro chi mette in discussione il loro status.
Accanto alla guardia mobile il governo decise di raccogliere attorno a sé anche un esercito di operai industriali. Il ministro Marie arruolò nel cosiddetti laboratori nazionali centomila operai gettati sul lastrico dalla crisi e dalla rivoluzione. Sotto questo nome pomposo non si celava altro che l'impiego degli operai a lavori di sterro noiosi, monotoni, improduttivi, per un salario di 23 soldi.
...Questa volta la borghesia si ingannava circa i laboratori nazionali, come gli operai si ingannavano circa la guardia mobile. Essa aveva creato un esercito per la sommossa.
Anche questa è un’esperienza che abbiamo vissuto. Concentrare una massa di lavoratori, anche se destinati a un lavoro improduttivo e da assistiti, comunque crea condizioni favorevoli alla organizzazione e crescita di una forza di classe. Pensiamo agli LSU forestali della nostra regione o ai proletari dei “corsi colerici” di fine anni 70. E pensiamo quanto sarebbe più facile il nostro lavoro se il governo invece che isolarli nelle loro case e paesi a sperare che qualcosa “esca anche per loro” avesse concentrato i cassintegrati ILVA tutti nello stesso luogo impegnati in una stessa attività. Ma, come sappiamo dallo studio delle parti precedenti, la borghesia impara da ogni lotta di classe e ogni lotta contribuisce a creare un nemico più forte. Per questo la sfida è dotarci anche noi della capacitò di imparare e guadagnare forza dalle sconfitte.
Fr. Taranto
Nessun commento:
Posta un commento