domenica 16 maggio 2021

Dichiarazioni di Fara Pres. Eurispes - perchè la pensiamo diversamente

In questi giorni da varie parti, Comune, Liberi e pensanti, ecc., si sono elogiate, condivise le dichiarazioni fatte sullo stabilimento Ilva e il futuro di Taranto dal Presidente di Eurispes Italia (Istituto di studi di ricerca politica, economica, sociale) Gian Maria Fara, nel presentare il "Rapporto Italia" in cui un capitolo viene dedicato a Taranto.

Noi rimarcarchiamo la denuncia dei dati di morti e malattie a Taranto, ma sulla soluzione la pensiamo diversamente, per alcuni motivi:

Primo, Fara dice: “Se si considera che oggi l’acciaio può essere acquistato a livello internazionale a prezzi notevolmente inferiori di quelli necessari per la sua produzione a Taranto..."

"L'acciaio può essere acquistato altrove"? Quindi, quello che succede, in termini di sfruttamento, attacco alla salute, sicurezza, morti e malattie, altrove non ci interessa. Basta che non avviene nella mia città... I morti sono tuoi, basta che non li vedo e non li so, i "vantaggi" sono i nostri... Nè mi interessa che quei prezzi inferiori siano dovuti soprattutto a salari inferiori, a diritti inferiori per gli altri operai...

Secondo, Fara dice: "...in una economia globalizzata ciascun territorio dovrebbe cercare di valorizzare al meglio i propri asset e le proprie risorse, non resta che una soluzione: chiudere le acciaierie..."

Fara dimentica (?) di aggiungere ad "economia globalizzata" la parola, sostanziale, capitalista. In questa globalizzazione capitalista è seminare falsità e illusioni populiste dire che ogni paese, addirittura ogni città può autogestirsi le proprie risorse. Poi, ci spieghi Fara: quando c'è da acquistare l'acciaio dagli altri paesi siamo "globalizzati", quando dobbiamo "valorizzare il  proprio asset" ognuno si guarda il suo ombellico? 

Terzo, Fara dice: "A chi prospetta l’impoverimento del territorio e la perdita di migliaia di posti di lavoro si può segnalare che esistono soluzioni alternative... le stesse risorse, finanziarie e umane, impegnate per mantenere in vita lo stabilimento, possono essere utilizzate per smantellare gli impianti, bonificare il territorio e restituirlo alle sue naturali vocazioni...".

Fara non spiega perchè quelle risorse finanziarie e umane non possano essere impegnate per bonificare, attuare le tecnologie più avanzate per tenere aperta la fabbrica senza l'attuale inquinamento. Chiaramente il perchè lo sappiamo da padroni, governo e Stato al loro servizio: perchè non vogliono ridurre i profitti capitalistici per la salute dei lavoratori e della popolazione, considerati costi inutili, non produttivi. Ma Fara dovrebbe sapere bene che questa stessa logica è presente in tutti i settori, in tutte le economie, che siano nere o green (e via via vengono fuori altrettante inchieste che dimostrano che anche le economie green distruggono l'ambiente, sfruttano, ecc.ecc.); Fara dovrebbe sapere che a Bagnoli sono passati sì trent'anni ma la bonifica del territorio non c'è ancora, ma c'è stata speculazione, lo Stato e i governi hanno permesso che mettesse le mani la criminalità sia quella che spara che quella in doppio petto del capitale, della finanza.

Inoltre Fara dovrebbe sapere che la "vocazione" di Taranto è da circa 130 anni che è prima di tutto industriale, con la presenza di una massiccia classe operaia (che ha avuto una sua grande storia che nessuno vuole ricordare), e che si dice il falso quando si rappresenta Taranto come una città "del turismo, dei servizi, dell’ambiente, dell’agricoltura"

Quarto, Fara dice: "Secondo calcoli, sia pure approssimativi, occorrerebbero dieci anni circa per la prima fase, smontare gli impianti, altri dieci anni per bonificare il territorio e altri dieci anni per avviare una serie di attività alternative”.

Nel frattempo saremo tutti morti... In ogni caso, se tanto mi dà tanto, alcuni piani parlano che per una produzione di acciaio con forni ad idrogeno ci vogliono sui 15/20 anni... Sicuramente anche questi troppi, ma, per favore, non rappresentiamo come soluzione attività "alternative" che non possono mai, almeno per trent'anni, dare occupazione. 

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