giovedì 27 maggio 2021

Processo Ilva - lunedì 31 maggio la sentenza - Lo Slai cobas invita le parti civili di operai Ilva, lavoratori cimiteriali, abitanti dei tamburi ad essere presenti in aula - ore 10 allescuole Cemm di S. Vito

Gianmario Leone

pubblicato il 27 Maggio 2021, 21:01

Lunedì 31 maggio alle ore 10 i giudici della Corte d’Assise di Taranto, presieduta dal giudice Stefania D’Errico con a latere Fulvia Misserini e sei giudici popolari, dopo dieci giorni di camera di consiglio, dovrebbero leggere il dispositivo della sentenza di primo grado del processo ‘Ambiente Svenduto‘, nell’aula magna delle Scuole sottufficiali della Marina Militare.

Il processo vede coinvolti 47 imputati: 44 persone fisiche (tra dirigenti ed ex dirigenti del siderurgico, politici e imprenditori) e tre società (Ilva, Riva Fire e Riva Forni elettrici). A vario titolo sono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale doloso, all’avvelenamento di acque e sostanze alimentari, getto pericoloso di cose, omissione di cautele sui luoghi di lavoro, due omicidi colposi in relazione alla morte sul lavoro di due operai, concussione, abuso d’ufficio, falso ideologico e favoreggiamento. 

Lo scorso febbraio, il pool dei pm della Procura di Taranto (Buccoliero, Remo Epifani, Cannarile, Raffaele Graziano) ha avanzato le sue richieste di condanna per gli imputati: 28 anni di reclusione per Fabio Riva e Luigi Capogrosso, ex direttore della fabbrica e 25 anni per Nicola Riva, insieme al fratello ed al padre Emilio Riva (defunto nel 2014) ex proprietari e amministratori dell’Ilva. Sono 28 gli anni chiesti anche per l’ex addetto alle relazioni esterne Girolamo Archinà. Chiesti 20 anni invece per il dirigente Adolfo Buffo e per cinque imputati (Lafranco Legnani, Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli, Agostino Pastorino e Enrico Bessone) definiti i ‘fiduciari‘, che per l’accusa formavano un gruppo di persone non alle dipendenze dirette dell’Ilva che però in fabbrica costituiva una sorta di ‘governo-ombra‘ che prendeva ordini dalla famiglia Riva.

La condanna a 17 anni è stata invece richiesta per l’ex presidente di Ilva ed ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, l’ex capo area parchi Marco Andelmi, l’ex capo area agglomerato Angelo Cavallo, l’ex capo area Cokerie Ivan Dimaggio, l’ex capo area altoforno Salvatore De Felice e l’ex capo area acciaieria 1 e 2 e capo area Grf Salvatore D’Alò e l’ex consulente della procura Lorenzo Liberti.

La Corte d’Assise dovrà esprimersi anche sulla richiesta della confisca degli impianti dell’area a caldo che furono sottoposti a sequestro il 26 luglio 2012. 

Cinque anni di reclusione sono stati chiesti dalla pubblica accusa per l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di ARPA Puglia, Giorgio Assennato, per far ammorbidire la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. Il pm ha chiesto una condanna a 8 mesi per Nicola Fratoianni, deputato, attuale segretario di Sinistra italiana e all’epoca dei fatti assessore regionale pugliese. 

Per il reato di favoreggiamento richiesta di un anno proprio per l’ex direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato, di 8 mesi per il direttore scientifico di ARPA Massimo Blonda, l’ex Dirigente del Settore Ecologia della Regione Puglia Antonello Antonicelli, l’allora capo di gabinetto di Vendola Francesco Manna, il direttore dell’area sviluppo economico Davide Pellegrino e per l’assessore regionale Donato Pentassuglia.

Sono invece 4 gli anni di reclusione chiesti dall’accusa per l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, che risponde di una tentata concussione e di una concussione consumata, reati che avrebbe commesso in concorso con l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (anche per lui chiesti 4 anni) e con l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà. Nel capo di imputazione si sostiene che gli imputati avrebbero indotto l’ex dirigente della Provincia, Romandini, ad assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell’Ilva e in particolare a sottoscrivere la determina di autorizzazione all’esercizio della discarica per rifiuti speciali in area ‘Mater Gratiae‘ pur non ricorrendone le condizioni di legge. 

Chiesta trasmissione degli atti alla procura per l‘ipotesi di reato di falsa testimonianza è stata chiesta per cinque persone che hanno deposto nel processo. Tra queste c’è l’ex arcivescovo di Taranto Benigno Luigi Papa.

Il pm Mariano Buccoliero ha poi chiesto il non doversi a procedere per avvenuta prescrizione del reato per l’ex sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, a cui era contestato l’abuso d’ufficio in quanto, secondo l’accusa, pur essendo a conoscenza delle criticità ambientali e sanitarie causate dall’Ilva, non avrebbe adottato provvedimenti per tutelare la popolazione. Tra le richieste di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione ci sono i tecnici ministeriali Dario Ticali, presidente della commissione Aia rilasciata nel 2011, e Luigi Pelaggi ex capo della segreteria tecnica dell’ex ministro Stefania Prestigiacomo.

Una volta pronunciato il verdetto della Corte d’Assise, torneremo ad analizzare singolarmente le posizioni di alcuni dei maggiori imputati, in particolar modo di coloro i quali ricoprivano ruoli politici o negli organi di controllo.

(leggi tutti gli articoli sul processo Ambiente Svenduto https://www.corriereditaranto.it/?s=ambiente+svenduto&submit=Go)

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