mercoledì 19 maggio 2021

Processo Ilva - Da oggi la Corte d'Assise si ritira in Camera di consiglio per emettere la sentenza

Lo Slai cobas - che ha presentato più di 100 parti civili, tra operai Ilva e appalto, lavoratori cimiteriali, abitanti di Tamburi e Paolo VI, ecc. ed si è costituito esso stesso come parte civile; solo sindacato che ha seguito dall'inizio tutto il processo e ha fatto varie iniziative: presidi, assemblee, convegni, ha chiamato a sostenere le ragioni dei lavoratori sia tre avvocati di Taranto che tre avvocati di Torino con esperienza nei grossi processi, amianto, Thyssen, ecc e che nonostamte i problemi di viaggio e da un anno e mezzo della pandemia si sono dedicati con grande impegno, disinteressato in questo processo, "madre" di tutti i processo di questo tipo - auspica che siano confermate tutte le condanne richieste dai PM e sia data una prima giustizia ai lavoratori, agli abitanti dei quartieri inquinati, riconoscendo le istanze di tutte le parti civili.

Seguiremo naturalmente questa ultima fase, che non dovrebbe essere breve.

Alla sentenza chiameremo le parti civili e i lavoratori, cittadini ad essere presenti.

Per dare una ultima informativa delle ultime udienze del processo, riprendiamo stralci di un'ampio comunicato di Gianmario Leone pubblicato sul Corriere di Taranto che sintetizza le ultime udienze.

"...Sono proseguite per tutta la settimana scorsa le arringhe dei legali dei maggiori imputati nel processo ‘Ambiente Svenduto‘... In particolar modo nelle ultime due settimane, è andata in scena la difesa dei legali dei fratelli Fabio e Nicola Riva.

Dopo che il difensore di Fabio Riva (diventato il principale imputato dopo il decesso del padre Emilio nell’aprile 2014), l’avvocato Luca Perrone, ha sostenuto la tesi che l’intero processo sia basato su una contestazione di disastro ambientale viziata da illegittimità costituzionale, sulla quale dovrà esprimersi la Corte d’Assise (presieduta dal giudice Stefania D’Errico, con a latere Fulvia Misserini e sei giudici

popolari), è stato il turno dell’avvocato Pasquale Annichiarico, difensore di Nicola Riva e della società Riva Forni elettrici.

Il legale, che in questi anni è stato tra i più attivi durante ogni udienza del processo nel contrastare le tesi accusatorie dei pm del pool per i reati ambientali della Procura di Taranto, rivolgendosi alla Corte d’Assise ha chiesto ai giudici una sentenza oggettiva e non politica al termine del dibattimento di primo grado. Anche Annicchiarico, come i legali dei maggiori imputati, ha sostenuto la tesi degli investimenti svolti dal gruppo Riva, “pari a 1 miliardo e 170 milioni di euro”, interventi “produttivi e ambientali”. Che per i pm dell’accusa altro non erano che interventi tesi unicamente a migliorare la produttività del siderurgico (definita dal pm Buccoliero una ‘fabbrica di carta‘) per trarne il massimo del profitto, a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini e della tutela dell’ambiente.

Annicchiarico ha ricordato “le tesi scientifiche di professionisti di primo piano” portate dai legali della difesa che poggiano “su un granitico riscontro documentale“, “riscontrate da centinaia di testimoni sia interni all’Ilva, sia, soprattutto, esterni all’Ilva e tutti hanno confermato che quegli investimenti sono stati fatti“, che invece per i pm altro non sono che “formule magiche“. Mentre per Annicchiarico quei lavori hanno comportato “un progressivo rispetto dei limiti per diossine, benzopirene e Pm10, che le leggi nel tempo diventate più stringenti, hanno abbassato progressivamente”.

Annicchiarico ha ricordato come i pm non abbiano fatto il controesame ai consulenti tecnici portati dalla difesa, ed ha poi nuovamente evidenziato la deposizione dell’ispettore del lavoro Fernando Severini, che rese noti presunti insabbiamenti di un’indagine su sversamenti e scarichi in Mar Piccolo da parte della Marina Militare e la scomparsa di un fascicolo in Procura e la decisione improvvisa di non procedere più su quel versante. Che per Annicchiarico dovrebbe comportare l’assoluzione dal capo I, ossia l’imputazione di avvelenamento di sostanze alimentari.

L’arringa dell’avvocato difensore di Nicola Riva è durata diversi giorni. Successivamente è stato affrontato anche l’aspetto patrimoniale e finanziario dell’ex Ilva negli anni 1995-2012 e le scissioni societarie fra le quali quella fra Riva Fire e Riva Forni Elettrici. Operazioni ritenute dal legale del tutto legittime sotto ogni punto di vista. In particolar modo Annicchiarico ha sostenuto la tesi che non vi sia stata alcuna distrazione di fondi dall’Ilva verso la Riva FIRE e un depauperamento per Ilva e/o per Riva Fire, a tutto vantaggio delle casseforti straniere del gruppo Riva (Ccs e Stahl), tesi invece sostenuta dai pm. Secondo il legale anzi, le operazioni finanziare avvenute nel corso degli anni avrebbero rafforzato il gruppo Ilva riducendone l’indebitamento. Mentre per i pm l’ex Ilva negli ultimi tempi altro non era che una zattera alla deriva (che per Annicchiarico era invece “un transatlantico“), dopo la decisione del gruppo Riva di abbandonarla al suo destino. A sostegno di questa tesi Annicchiarico ha ricordato le recenti sentenze del Tribunale e della Corte d’appello di Milano di doppia assoluzione di Fabio Riva dall’accusa di bancarotta. Conseguentemente l’avvocato Annicchiarico, così come il legale Perrone, ha chiesto l’assoluzione perché i fatti non sussistono.

Successivamente, nelle loro repliche i pubblici ministeri Buccoliero ed Epifani hanno riconfermato tutte le loro accuse. Epifani si è soffermato su alcune intercettazioni prodotte dalla stessa difesa, che accertebbero il potere dell’ex governatore della Regione Puglia Nichi Vendola sulla nomina del direttore generale dell’Arpa Puglia, oltre all’incontro fra il rettore dell’epoca del Politecnico di Bari, professor Lorenzo Liberti e l’addetto alle relazioni istituzionali di Ilva, Girolamo Archinà, avvenuto in una stazione di servizio sulla A-14 presso Acquaviva delle Fonti. Nel quale per i legali degli impuanti, Carlo Raffo e Gian Domenico Caiazza, non è avvenuta la consegna dei 10.000 euro dei quali, ha evidenziato la difesa, non ci sono tracce nelle immagini delle videocamere acquisite dall’accusa, mentre per Epifani le intercettazioni dimostrebbero il contrario.

Più lunga ed articolata la replica del pm Mariano Buccoliero. Che ha accusato il collegio difensivo di aver presentato l’ex Ilva come una fabbrica pulita e Taranto come un paradiso pari alle Mauritius. Mentre le relazioni ARPA e gli studi scientifici dimostrerebbeo esattamente il contrario (citando ad esempio l’abbattimento nel 2008 dei capi di bestiame avvelenati dalla diossina, della distruzione di mitili pieni di diossina e Pcb). Oltre al fatto che dopo il sequestro del 2012 e la riduzione della produzione sono calate le emissioni ed è migliorata la qualità dell’aria come la situazione epidemiologica.

Inoltre il pm Buccoliero ha ribadito come nel caso di specie nessuno degli imputati, può invocare il principio “ne bis in idem”, in base al quale nessuno può essere giudicato due volte per gli stessi fatti. Visto che i procedimenti del passato non sono affatto paragonabili con questo processo. Anche in virtù di ciò, Buccoliero ha stigmatizzato la posizione e il ruolo dei capi area e dei fiduciari, che hanno scelto consapevolmente di portare avanti la produzione di una fabbrica inquinante quando invece avrebbero potuto non falro. Anzi, proprio la grande competenza degli stessi esaltata dalla difesa, avrebbe dovuto portare ques’ultimi a gestire il siderurgico in una maniera del tutto diversa.

Il pm ha ricordato che l’accusa non è non aver fatto investimenti (che per l’accusa è stato pari a 935 milioni di euro e non 1 miliardo e 170 milioni), “ma aver provocato emissioni diffuse e fuggitive, pericolose per la salute e per la pubblica incolumità”...

Nell’udienza odierna (17 maggio) l’ex direttore generale Arpa Puglia, professor Giorgio Assennato, imputato nel processo con il reato di favoreggiamento nei confronti di Nichi Vendola, ha rinunciato alla prescrizione (la pubblica accusa aveva chiesto 12 mesi di reclusione). L’ex dg ha rilasciato dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d’Assise di Taranto, ribadendo ancora una volta di aver sempre operato in scienza e coscienza, di non aver mai subito pressioni da nessuno, di essere sempre stato molto rigido e duro nei confronti del gruppo Riva, di aver prodotto negli anni quelle relazioni su cui si basa il processo attuale che altrimenti difficilmente si sarebbe potuto svolgere...

Sempre nell’udienza odierna, il pm Buccoliero ha riformulato la richiesta per un altro imputato che ha rinunciato alla prescrizione: si tratta dell’ex segretario della Provincia di Taranto Vincenzo Specchia, accusato di tentata concussione nei confronti del dirigente del settore Ambiente dell’epoca Luigi Romandini. Per lui il magistrato ha avanzato una richiesta di condanna pari a 3 anni, mentre in precedenza aveva chiesto il “non doversi procedere per intervenuta prescrizione”...".

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