da La ringhiera
Infortuni, incidenti sul lavoro, incertezza sul futuro, inquinamento, danni alla salute. Le cronache degli ultimi tre anni e mezzo si sono occupate incessantemente dell’Ilva. Una fabbrica che, poco alla volta, nell’immaginario collettivo dei tarantini e dell’opinione pubblica nazionale si è trasformata da eccellenza industriale e produttiva in mostro che inquina e fa ammalare operai e cittadini. Una fabbrica finita sotto processo insieme alla rete di aderenze e connivenze del mondo politico e istituzionale locale, regionale e nazionale.
Ancora oggi l’Ilva è una città-fabbrica che occupa 12mila persone, la popolazione di una cittadina di provincia. Potrebbe non sorprendere, quindi, se su una platea così vasta nell’ultimo mese due operai si sono tolti la vita. Statisticamente potrebbe essere irrilevante. Non sappiamo se è il sintomo di un male oscuro, oppure una tragica casualità. Potrebbe non avere alcun senso soffermarsi a riflettere su questi due episodi, ma riteniamo che sia nostro dovere interrogarci e non archiviare frettolosamente la pratica.
Fabio aveva 35 anni. Ieri sera il medico di controllo lo ha trovato nella sua abitazione impiccato. In un quaderno alcune frasi in cui, forse, spiegava perchè. Il 22 dicembre era toccato a Enzo, 40 anni, anche lui l’ha fatta finita allo stesso modo nella sua casa. Nessuno dei due, apparentemente, aveva problemi particolari, conducevano entrambi una vita regolare e serena tra lavoro e famiglia. Che succede? Anzi, succede qualcosa? Abbiamo raccolto i pareri di un collega dei due operai e di uno psicologo.
“Li conoscevo entrambi – racconta Franco Rizzo, operaio Ilva e coordinatore provinciale dell’Usb – Fabio è stato uno dei protagonisti della battaglia del Mof. Ricordo che in quei giorni la moglie portava dolci e torte durante la nostra protesta. Un ragazzo generoso, impegnato nel sociale, sempre allegro. E’ stato un vero fulmine a ciel sereno apprendere della sua morte, una circostanza che mi ha profondamente turbato. Stesso shock ho provato il 22 dicembre per Enzo. Lo avevo incontrato qualche giorno prima. Avevamo scherzato ma lo avevo liquidato frettolosamente perchè avevo da fare. Quando ho saputo della sua morte mi sono sentito quasi in colpa. Davvero non capisco cosa sia potuto scattare nella loro testa per portarli a compiere un gesto così estremo. Ho perso mio padre a dieci anni e di fronte a questi episodi penso subito al dolore dei familiari, ai figli che cresceranno senza il loro papà. Sono amareggiato. Non so… forse non c’entra niente, ma chissà se l’incertezza sul futuro, il fatto di dover comunque lavorare in questa fabbrica sapendo dell’inquinamento, dei fumi, dei veleni… alla fine crea un malessere che cresce poco alla volta, che monta dentro e poi esplode all’improvviso. Ripeto, non riesco a dare una spiegazione a queste due morti, mi faccio tante domande, ma non ho risposte”.
Cosimo Fraccascia, psicologo clinico di Taranto, conferma che “situazioni sociali instabili possono generare condizioni di stress che, protratte nel tempo, possono essere concausa nell’alterazione dell’equilibrio dell’individuo”. Purtroppo lo stato di incertezza non aiuta. “Anzi – aggiunge Fraccascia – questa condizione logora le persone e può portarle a stati depressivi importanti”. Lo psicologo si sofferma sulle modalità dei due suicidi. “L’impiccagione – spiega – è una forma cruenta che, in molti casi, nasconde un forte senso di disperazione ed una chiusura netta verso il mondo. Chi decide di togliersi la vita in questo modo, solitamente si guarda bene dal dare segnali perchè non vuole essere fermato”. Secondo Fraccascia il fenomeno, qualsiasi siano le cause, non va sottovalutato. “Bisogna fare molta attenzione – dice – perchè è forte il rischio di emulazione. Ciò non significa che non bisogna parlarne, ma che occorre farlo nel modo giusto. E’ necessario, infine, che le istituzioni si attivino. Questo è un fenomeno sociale, ma anche di natura sanitaria per cui sarebbe utile svolgere attività di prevenzione creando punti di ascolto per intercettare il malessere ed evitare che queste persone si sentano isolate”
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