Nel 2015, in particolare, le ore lavorate hanno fatto registrare un netto peggioramento, passando da 52,7 milioni dell’anno precedente a 49,2 milioni.
Il trend si salda, inevitabilmente, con il tema della sovraproduzione europea e globale del mercato dell’acciaio, e sull’incapacità di trovare, tra le siderurgie nazionali, un meccanismo di governo condiviso per gestire la situazione. Lunedì, nei negoziati del G20, è stata confermata per via ufficiale, almeno degli intenti, anche la volontà politica del governo cinese (la Cina produce la metà dell’output mondiale di acciaio) di arginare il fenomeno: un forum dell’Ocse monitorerà la sovraproduzione siderurgica globale. Lo stesso presidente degli Usa, Barack Obama, ha dichiarato che l’overcapacity «non è un problema esclusivamente delle dinamiche di mercato, ma il frutto di scelte decisionali ben precise di politica economica». Riorganizzare il settore, anche in ambito europeo, non è però così facile, e gli sforzi fatti fino ad oggi da Bruxelles sono stati largamente insufficienti.
"Ci sono ancora troppi comparti al nostro interno segnati da un eccesso strutturale di capacità - ha spiegato Gozzi in assemblea - Il problema va affrontato, come nel resto d’Europa, con un approccio pragmatico, e possibilmente governato, delle ristrutturazioni" - in poche parole significa: tagli all'occupazione! Con allungamento della cassintegrazione.Dice la Fderacciai: "la riforma dell’istituto della cassa integrazione va corretta. In particolare, a proposito del ridimensionamento della straordinaria. Se si può accettare il principio dei due anni su cinque per aziende in condizioni di funzionamento normale», questo periodo è giudicato «insufficiente quando ci sono vasti programmi di ristrutturazione o riconversione di attività o riavvii di aziende cadute in concordato o fallimento», come avviene spesso in settori capital intensive come l’acciaio... I processi di dismissione delle fabbriche e l’abbandono dei segmenti a più basso valore aggiunto vanno calibrati, assecondati e accompagnati... da un lato occorre salvaguardare il codice della concorrenza e del confronto che misura il grado di efficienza delle imprese e, dall’altro, bisogna costruire meccanismi selettivi di tutela e di conservazione degli asset più preziosi e potenzialmente utili alla fisiologia industriale e manifatturiera continentale, oggi resi più fragili dall’esistenza di un mercato globale viziato dalle asimmetrie strutturali dei produttori cinesi.
Nessun commento:
Posta un commento