L'Ilva di Novi
Marcegaglia è peraltro presente anche sul territorio con un grande insediamento a Pozzolo. valutando entrambi i casi, però, la situazione per i lavoratori dell’Ilva non sarebbe cambiata anche in caso di vittoria di Arvedi & c. poiché entrambe le cordate hanno prospettato esuberi di personale compresi tra i 4 mila e i 6 mila dipendenti. Quasi la metà degli attuali, quindi, poiché i dipendenti dell’intero Gruppo Ilva oggi sono circa 14 mila e 200.
La proposta di acquisizione di Acelor Mittal e Marcegalia propone di portare i dipendenti a 8 mila e 400 entro il 2023. In questo caso si parla dunque di 5 mila e 800 esuberi. A differenza della cordata concorrente che aveva proposto un drastico taglio per arrivare a 7 mila e 800 dipendenti già entro il 2018 e risalire al massimo a 10 mila e 800 entro il 2024.
Novi è forse lo stabilimento che presenta meno problematiche, almeno stando a quanto dichiarato dal direttore del personale Cesare Ranieri che ha definito Taranto come “un’auto da riportare completamente a nuovo; Genova come un mezzo da restaurare e Novi come un’auto che necessiterebbe solo di benzina per andare”. Tuttavia in questo momento non viviamo bene la situazione poiché gli esuberi, e non sappiamo quanti, riguarderanno anche Novi. Il numero fornito è globale e non suddiviso fra i 3 insediamenti.
“È vero – prosegue Vacchina – speravamo tutti nella vendita, ma non pensavamo che si potesse arrivare a presentare un piano di questo genere che prevede ripercussioni sul personale, sugli stipendi e sui premi. Chiediamo più certezze a chi sta subentrando, a cominciare dagli investimenti. Le poche parti chiare, come attendere il 2024 per rifare i parchi minerali, anche se l’AIA lo consente, non ci sembra il miglior modo di presentarsi”-.
La manifestazione in Prefettura per
chiedere un incontro al governo: "L'accordo di programma non si tocca", sfilano
anche gli striscioni dei portuali e tre candidati sindaci
L'assemblea dei lavoratori Ilva a
Genova Cornigliano è durata poco più di un'ora, ma l'esito era già scontato, i
siderurgici sono usciti in corteo dallo stabilimento per dirigersi verso la
Prefettura. Sfila anche uno striscione della Culmv, la Compagnia Unica del Porto
di Genova, accanto a quello dei lavoratori del Terminal Sech, è la solidarietà
del mondo del lavoro di Genova agli operai dell'Ilva in mobilitazione oggi
contro le migliaia di esuberi previsti dal piano industriale e i rischi
occupazionali per i dipendenti dello stabilimento di Cornigliano.
"Senza lavoro c'è l'agitazione" e "l'accordo di programma non si tocca: lo difenderemo con la lotta": sono i cori più gettonati del corteo, circa un migliaio i manifestanti:
"Pacta servanda sunt", i patti vanno rispettati, il motto latino sullo striscione che ha aperto le ultime manifestazioni Ilva, continua a fare da linea guida alla protesta a Genova: mentre il ministro Carlo Calenda potrebbe già apprestarsi a firmare il decreto per l'assegnazione della società siderurgica alla cordata Arcelor Mittal-Marcegaglia, i lavoratori genovesi sono pronti a ricordargli che le intese vanno rispettate. A Genova esiste un accordo di programma firmato nel lontano 2005 che ha valore di legge e che ha certificato la riconversione dello stabilimento siderurgico genovese per dare aria più pulita alla città in cambio di garanzie di occupazione e reddito per i lavoratori e in cambio della concessione di un milione di metri quadrati per cinquant'anni all'imprenditore attivo su quelle aree, allora Riva oggi la nuova cordata in arrivo.
. «L'obiettivo è chiedere tutti insieme un incontro al governo — chiarisce il segretario generale della Fiom Bruno Manganaro — nei due incontri che abbiamo avuto col ministro Calenda non ci sono state date risposte chiare rispetto alle prospettive di Genova, agli investimenti richiesti per rilanciare la banda stagnata e anche e soprattutto sull'accordo di programma, che per noi non si tocca , ha valore di legge. E' un accordo firmato da cinque ministri e se qualcuno pensa di metterlo in discussione deve ricordarsi che da quell'intesa dipendono anche le concessioni su aree e banchine».
"Senza lavoro c'è l'agitazione" e "l'accordo di programma non si tocca: lo difenderemo con la lotta": sono i cori più gettonati del corteo, circa un migliaio i manifestanti:
"Pacta servanda sunt", i patti vanno rispettati, il motto latino sullo striscione che ha aperto le ultime manifestazioni Ilva, continua a fare da linea guida alla protesta a Genova: mentre il ministro Carlo Calenda potrebbe già apprestarsi a firmare il decreto per l'assegnazione della società siderurgica alla cordata Arcelor Mittal-Marcegaglia, i lavoratori genovesi sono pronti a ricordargli che le intese vanno rispettate. A Genova esiste un accordo di programma firmato nel lontano 2005 che ha valore di legge e che ha certificato la riconversione dello stabilimento siderurgico genovese per dare aria più pulita alla città in cambio di garanzie di occupazione e reddito per i lavoratori e in cambio della concessione di un milione di metri quadrati per cinquant'anni all'imprenditore attivo su quelle aree, allora Riva oggi la nuova cordata in arrivo.
. «L'obiettivo è chiedere tutti insieme un incontro al governo — chiarisce il segretario generale della Fiom Bruno Manganaro — nei due incontri che abbiamo avuto col ministro Calenda non ci sono state date risposte chiare rispetto alle prospettive di Genova, agli investimenti richiesti per rilanciare la banda stagnata e anche e soprattutto sull'accordo di programma, che per noi non si tocca , ha valore di legge. E' un accordo firmato da cinque ministri e se qualcuno pensa di metterlo in discussione deve ricordarsi che da quell'intesa dipendono anche le concessioni su aree e banchine».
Oggi a Cornigliano sono rimasti 1520
lavoratori dei 2700 che ancora erano occupati al momento della chiusura
dell'area a caldo, nel 2005, tanti sono andati in pensione, ma finora l'accordo
ha sempre retto con tanto di integrazione al reddito garantito dai lavori
socialmente utili. Anche oggi sui 1520 addetti 380 sono in cassa integrazione ma
sono impegnati nei lavori di pubblica utilità assicurati dalle istituzioni
locali tramite i fondi pubblici. Ma sono molti di più quelli che potrebbero
lavorare se davvero si investisse sulla banda stagnata. «Oggi Cornigliano
produce 100.000 tonnellate di banda stagnata l'anno — chiarisce Antonio Apa,
segretario Uilm — mentre il mercato nazionale è di oltre 700.000 tonnellate, con
un investimento calcolato in 120 milioni di euro si potrebbe aumentare la
produzione e impiegare tutti i lavoratori, ma finora non abbiamo avuto
chiarimenti sul dettaglio degli investimenti, solo previsioni che di fatto
portano alla riduzione complessiva della capacità produttiva di Ilva in Italia,
un elemento preoccupante, visto che alla cordata acquirente evidentemente
interessa il mercato italiano più che gli stabilimenti».Tante quindi le
incertezze, soprattutto dopo che è uscito il numero degli esuberi complessivi
previsti a livello nazionale dalla cordata acquirente, 4800.
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