Le precisazioni di Jindal che cerca il rilancio e di restare in corsa.
Non è dato sapere perché gran parte della stampa locale e nazionale si sia schierata a favore della cordata AcciaItalia. O forse sì. Dopo aver contestato la partecipazione statale con Cassa Depositi e Prestiti e contestato per anni il premier Renzi, la parolina magica è ‘decarbonizzazione‘. Che non è dato sapere esattamente come avverrà. In realtà, in molti difendono il proprio orticello, le proprie amicizie, i propri piccoli interessi.
“Con riferimento alle indiscrezioni circolate in questi giorni e riprese dalla stampa, circa i riflessi occupazionali relativi al piano di acquisizione e rilancio dell’Ilva da parte di Acciaitalia (Arvedi, CDP, Delphin, Jindal), si precisa che il piano prevede, dopo una riduzione iniziale a 7.800 unitàdalle attuali 10.100 in forza negli stabilimenti Ilva (al netto dei 4.100 già in Cassa Integrazione) un impiego stabile di tale numero di unità fino alla piena realizzazione del piano ambientale previsto.
Si prevede quindi un incremento a 9.800 unità nel 2023, destinato a crescere a 10.800 unità nel 2024 (dato che fissa a 3.900 gli esuberi complessivi al settimo anno di attività della ‘nuova Ilva’), peraltro con piena disponibilità a ulteriori assunzioni legate allo sviluppo del gruppo siderurgico“. Così Acciaitalia in una nota, precisando che a “tali forze, inoltre, si deve aggiungere, già a partire dal 2017, l’impiego di ulteriori 2.000 addetti alla realizzazione del piano ambientale, che saranno poi integrati negli organici dall’Ilva, non appena terminata la realizzazione del Piano Ambientale“. Per quanto riguarda, infine, “il costo del lavoro si conferma che il dato medio è pari a 52.000 euro in parte allocati al costo del lavoro ed in parte previsti in appositi fondi di bilancio“, conclude Acciaitalia.
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