martedì 5 dicembre 2017

NO all'elettoralismo, tinto di "nuovo" di "potere al popolo" - Taranto è e deve restare la "capitale" dell'astensionismo operaio e popolare, della protesta a questa strada inutile e perdente

Pubblichiamo alcuni appunti sulla proposta dei compagni ex Opg di Napoli di una lista popolare alle prossime elezioni politiche. 
Questi compagni sono venuti domanica scorsa anche a Taranto, raccogliendo poche decine di persone. 
Come diciamo negli appunti, anche a Taranto l'assemblea ha raccolto prevalentemente aree  di Rifondazione comunista, Sinistra anticapitalista, singoli ex Pd, ecc. - cioè aree revisoniste, opportuniste, elettoraliste per principio, uomini e donne redivivi, ex area Pd o "sinistra" Pd - di cui c'eravamo anche dimenticati, persone singole, anche compagni ma che non li vedi proprio nelle lotte e che ora parlano (ma solo parlano...) di precarietà, sanità, devastazioni ambientali, ecc.. 
"L'obiettivo - scrivono nel loro comunicato sull'assemblea -  è costruire un forte movimento in grado di conquistare diritti e rivendicare migliori condizioni di vita. Le elezioni rappresentano un primo passaggio per farsi conoscere dalla gente e iniziare a organizzarsi"
A conferma che non le lotte che ci sono e che devono essere fatte molto di più sono la strada, ma la via perdente elettorale che non ha mai fatto conquistare nulla. 


E tutto questo in una realtà, come Taranto, in cui grandissimo è stato in tutte le ultime elezioni l'astensionismo, di classe e non qualunquista, di lavoratori, di masse popolari, e in cui, oggi, è necessario organizzare forze e lotte serie, battaglia politica proletaria (anche nella fase elettorale) contro il PD, l'avanzata della destra neo fascista, con riciclo di Cito e arrivo di Salvini, contro i populismi.
PRIMI APPUNTI DI UNA COMPAGNA DI PROLETARI COMUNISTI

I compagni di Napoli dell'ex Opg-Je sò pazzo dopo l'esperienza del sostegno a De Magistris hanno lanciato a livello nazionale l'appello per una lista popolare dal basso che riprende il loro slogan, già usato a Napoli e lanciato dai palchi dallo stesso De Magistris, di “potere al popolo”. Intorno a questo hanno lanciato e stanno tenendo assemblee in tutt'Italia che stanno avendo una partecipazione significativa. Ora c'è da aspettarsi che andranno a marce forzate e anche il lavoro di massa buono che fanno verrà indirizzato verso le elezioni – nel loro appello infatti scrivono: “iniziamo per non smettere, per costruire qualcosa che vada da qui a cinque, a dieci anni.”.

Ancora una volta il problema non è neanche in sé (noi siamo leninisti e i comunisti usano tutte le tattiche che di volta in volta servono per la strategia), ma, ancora una volta, della posizione, della filosofia in cui inquadrano questa decisione:
  • un discorso interclassista: il “popolo” che sostituisce le classi e si espande sempre di più (tra l'altro ora sostituito di fatto dalla nuova formulazione “gli esclusi” (che è anche utile come denuncia della politica del governo, dello Stato per esempio verso i migranti, ma che poi diventa una categoria sociale...). E ora, avendo davanti la questione del voto, il discorso di “popolo” diventa (e si rivolge) “paese”, ”Italia”;
  • una lista che oggettivamente (e, tra l'altro, non potrebbe fare diversamente data anche la legge elettorale) si rivolge e trova consenso da pezzi della sinistra istituzionale, gruppi elettoralisti e opportunisti, di stampo revisionista (da Rifondazione a trotskisti,
    a ex Pd redivivi, ecc.) o di stampo movimentista – tra illusioni e mediazioni che andranno sempre più al ribasso per unire qualcuno di questi “pezzi”, insieme agli euroconfusi di eurostop, ecc (scrivono: “Noi che siamo stati cacciati dal Brancaccio, vogliamo accogliere tutti, dare modo a tutte quelle forze pulite, alle assemblee territoriali, di riaprire una strada);
  • una formulazione della “sinistra” quanto mai generica (quale?) che sarebbe “lontana dal popolo” e non meccanismo portante della politica del sistema della borghesia oggi;
  • un'analisi e un discorso moralista sia verso la borghesia sia verso il “popolo”: “Questo paese sta diventando depresso, cattivo, risentito” - un discorso che coglie e utilizza alcuni aspetti meramente fenomenici che, però, senza un'analisi di classe, materialistico dialettica, non distingue: chi, quando, come, perchè; facendo così una rappresentazione non diversa da quella di giornali, partiti parlamentari, commentatori qualunquisti. Continuano nell'appello:“Ci rivolgiamo a tutta l’Italia, a questo paese che sta scivolando nel risentimento, nell’imbroglio e nella violenza, nel cinismo e nella tristezza, e che però è pieno di gente degna, che resiste ogni giorno, che mantiene dei valori”- e via di questo passo: una sfilza di parole, buone per tutte le campane. Così come è moraleggiante, borghese parlare di “gente degna”, “valori;
  • anche l'ex Opg scade di fatto nel populismo, sia con questi discorsi, tanto demagogici, inutili, quanto generici; sia quando usa l'”antipolitica”: “Noi non facciamo i politici di mestiere, non abbiamo niente da perdere, quindi scusateci se parleremo schietto”... “se noi che siamo esclusi ci organizzassimo? Se saltassimo sul palco?”... “nessuno ci rappresenta, rappresentiamoci direttamente!”;
  • Sull'astensionismo elettorale – che ha raggiunto percentuali molto alte - fanno le stesse accuse qualunquiste che fanno tutti i partiti parlamentari. Quindi regalano a discorsi di “destra” un astensionismo che è fatto di lavoratori, proletari, settori in lotta delle masse popolari, che esprime una denuncia/protesta, e non è affatto, nella sua prevalenza, espressione di settori qualunquisti che invece votano a destra.
Questo è quanto di più cieco in questa fase ci possa essere; unisce una supponenza a una incomprensione del lavoro necessario oggi, di trasformare l'astensionismo in lotta in prima persona nelle periferie, come nelle scuole, nelle fabbriche, in processi reali di autorganizzazione, base necessaria per la lotta politica. Certo, chi ha espresso già nell'elezione di De Magistris un “culto” delle elezioni (controllo della regolarità del voto, ecc), non può che attaccare in questi termini l'astensione.
  • La mancanza di analisi concreta della situazione concreta fa perdere di vista che oggi attaccare l'astensionismo e chiamare a votare, in una tendenza di aumento della destra, delle forze neofasciste, neonaziste, significa consegnare voti e persone a queste forze, anche tra i settori giovanili. Ed è populismo quando si lisciano tra le masse, tra i giovani in particolare, i discorsi qualunquisti, oggettivamente di destra, invece di, comprendendo questo, trovare gli strumenti intelligenti per portare analisi, discorsi, propaganda rivoluzionaria – perfino la loro stessa esperienza sociale di organizzazione dei migranti, del lavoro nero, non gli insegna nulla del percorso effettivo di organizzazione, crescita della coscienza, polarizzazione sociale che è necessaria;
  • Viene portato avanti un discorso anti rivoluzionario (proprio nel centenario della Rivoluzione d'ottobre!– che andava utilizzato come occasione tra i giovani, i lavoratori, le masse popolari, per parlare in termini concreti, di esperienza storica viva della via rivoluzionaria (lì dove - pochissimo c'è da dire - è stato fatto, si è dimostrato vero e possibile questo). Scrivono sul loro appello: “Anche una persona da sola può fare la differenza, può salvare delle vite, può rendere il suo quartiere migliore. E mille persone pulite e determinate possono cambiare un paese. Quindi iniziamo da qualche parte...”.
Quindi, basta rimboccarsi le maniche, basta cominciare a presentarsi alle elezioni, e si può “cambiare il paese”!? - Questo è purtroppo è il vecchissimo discorso della piccola e media borghesia perbenista, al di là della composizione sociale degli attivisti e partecipanti a “Je so pazzo”.

Oggettivamente e soggettivamente questi compagni, da noi conosciuti dall'inizio della loro militanza politica e sociale, di lotta, da sinistra stanno scivolano sempre più al centro, diventando un problema e un ostacolo nella battaglia rivoluzionaria.

Riprendendo ciò che dicevamo all'inizio, i comunisti, i rivoluzionari non sono astensionisti di principio; nella storia del movimento proletario e comunista sia a livello internazionale, sia a livello nazionale abbiamo avuto momenti ed esperienze di utilizzo delle elezioni. Ma questo utilizzo è stato sempre in funzione della via rivoluzionaria. I comunisti si sono presentati per avere una platea più ampia, per utilizzare le possibilità elettorali o parlamentari per portare la voce e il programma rivoluzionario.
Questo manca del tutto nelle motivazioni, nei contenuti, negli interventi dei compagni dell'ex Opg (d'altra parte devono comunque fare i conti con le realtà che possono raccogliere). Il programma presentato per questa lista è un elenco di rivendicazioni, proposte che si possono ritrovare in tante organizzazioni della sinistra istituzionale e che, questo è il peggio, vengono portate avanti nelle stesse forme vecchie, abusate.
Il riformismo serve sempre la reazione e in una fase di tendenza al moderno fascismo e di debolezza ideologica, politica e organizzativa del movimento comunista, del sindacalismo di classe, questo servizio reso dal riformismo è estremamente grave. 
MC 

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