Eravamo rimasti che il dominio della aristocrazia finanziaria doveva essere rotto dalla borghesia industriale che vedeva compromessi i propri interessi, dalla piccola borghesia che era moralmente sdegnata, visto che la finanza campava sulla miseria della popolazione e dalla classe dei contadini che ne era repressa e taglieggiata.
Marx analizza tutti gli aspetti e anche quelli esterni internazionali ed economici: Lo scoppio del malcontento generale, il passaggio dal disagio alla rivolta viene infine accelerato da due avvenimenti economici mondiali: la malattia delle patate e i cattivi raccolti, la crisi generale del commercio e dell’industria di provenienza inglese.
Questo provocò la mobilitazione del popolo e dentro di esso la scesa in campo della classe operaia, che presente in forma assolutamente minoritaria nella società politica (2 soli rappresentanti), si trova però, una volta chiamata in campo, a divenire il soggetto principe di una rivoluzione di cui è protagonista ma che non le appartiene.
Scrive Marx: “il proletariato, imponendo la repubblica al governo provvisorio e, attraverso il governo provvisorio, a tutta la Francia, occupava d’un colpo il centro della scena come partito indipendente, ma in pari tempo gettava una sfida a tutta la Francia borghese.
Ciò che esso aveva conquistato era il terreno della lotta per la propria emancipazione rivoluzionaria, ma non era certamente questa emancipazione”.
“Come gli operai nelle giornate di luglio avevano conquistato la monarchia borghese, così nelle giornate di febbraio 1848 conquistarono la repubblica borghese, che fece finalmente apparire senza veli il dominio della borghesia, poiché abbatte la corona, dietro la quale si era nascosto il capitale.”
Leggendo il testo si vede come tutti i fatti si mettono insieme non casualmente ma attraverso la
lettura scientifica della realtà della lotta di classe, sulla base della concezione materialistica e della Dialettica che concepisce e guarda le cose nel loro movimento.
Fintanto che la classe operaia non agisce con una propria autonomia politica non può ottenere per sè, quindi va al seguito delle altre classi, della piccola borghesia. Marx spiega come questo è fisiologico, in quanto per la prima volta si manifesta il partito degli operai, ma esso non è ancora preparato per affrontare lo scontro. Infatti Marx ne critica le parole d’ordini sbagliate:
“organizzazione del lavoro”, illusione del parlamento borghese e delle riforme all’interno del sistema borghese.
La borghesia industriale mano a mano che andava ad espandersi e prendeva in mano le leve del potere, vede che il principale nemico sono gli operai e le rivendicazioni proletarie, e quindi la contraddizione principale diventa tra gli interessi operai e quelli dei padroni. La piccola borghesia entra in campo (attraverso il suo partito denominato la Montagna) per ritagliarsi i suoi interessi rispetto alla borghesia industriale, e in questo cerca di usare e illudere il proletariato per soddisfare i suoi giochi parlamentari, ma anch’essa teme la scesa in campo rivoluzionaria del proletariato.
L'insegnamento è che gli operai non possono difendere i loro interessi accanto agli interessi della borghesia, e questo il proletariato lo impara a sue spese nelle varie fasi dello scontro, che passa inevitabilmente per delle sconfitte.
Il proletariato è stato usato prima dalla borghesia industriale per tentare di ottenere un governo diverso dalla monarchia finanziaria che prosciugava lo Stato a suo discapito, successivamente dalla piccola borghesia. Se il proletariato non ha una propria teoria, fa la rivoluzione per qualcun altro.
Da qui l'importanza di indagare le cause della sconfitta, da cui trarne lezioni.
Nel testo di Marx ci sono anche passaggi quotidiani, rispetto a cui sembra di essere in un telegiornale di oggi, per rendere chiaro l’illusorietà di certe dinamiche.
Dobbiamo capire i meccanismi della borghesia, come fa i soldi sfruttandoti, ma anche come ti domina, qual’è il potere, come funziona la polizia, il tribunale, la chiesa, la scuola, la televisione e le dinamiche che si sviluppano. Per questo Marx mette in guardia gli operai da illusioni di facili vittorie.
Il 22 febbraio del '48 ci fu una sommossa popolare, il re abdicò, furono aperte le porte a tutti. Ma gli operai non avevano un loro partito e gli operai furono usati come massa di manovra; ma il potere che ne uscì era ancora in mano dell’aristocrazia finanziaria attraverso un’altra forma che aveva assunto il governo provvisorio.
Gli operai si sono presentati nel parlamento in 20mila e hanno ottenuto che i due loro capi tra cui Blanqui entrassero nel governo. Sono stati messi a capo del famoso Ministero del Lussemburgo, gli hanno creato la loro stanzetta e li hanno mesi li a ragionare e a scrivere proclami su come doveva essere il lavoro, ma essi erano completamente ininfluenti. Poi lo Stato ha cominciato ad istituire meccanismi di controllo; c’erano problemi, si usciva da anni di ruberie e forte disoccupazione, ha istituito gli “atelier del lavoro” grosse opere pubbliche dove molti lavoratori disoccupati sono stati mandati a fare dei lavori più o meno utili, in sostanza quattro soldi per tener buoni i poveracci che non avevano più niente (quello che potremmo chiamare reddito di cittadinanza). In tre mesi, lo Stato è andato in bancarotta ed ha avuto un problema forte di reperimento dei fondi. Quindi questa operazione politica di mettere sottoproletari e disoccupati a fare lavori scarsamente produttivi è fallita creando un buco più grosso di prima. Un’altra opera per controllare è stata quella di istituire un’armata, non popolare, ma fatta di elementi popolari, sottoproletari (un pò come funzionava che tutti i disoccupati del sud andavano a fare carabiniere, etc); una forza di 24mila persone a Parigi, inquadrati come milizia popolare ma diretti dai generali, una sorta di paramilitari, che vengono utilizzati per il massacro di giugno.
Non soldi investiti per sviluppare, aprendo fabbriche e posti di lavoro, perché questo è contrario alle leggi del capitale, “il capitale per fare soldi ha bisogno di disperati, il cancello è li, fuori ci sono tanti altri…” . Questa frase è una delle leggi fondamentali del mondo in cui viviamo, i disoccupati non esistono per disgrazia, i disoccupati esistono per scienza, sono necessari al padrone.
Nella rivolta del 23 giugno il proletariato a Parigi scende in piazza nonostante la disparità, senza mezzi e trova una feroce repressione, l’utilizzo di armi pesanti e cannoni per bombardare le barricate. Il proletariato venne represso in maniera feroce dalle stesse truppe con cui si trovava fianco a fianco il 23 febbraio per abbattere pacificamente il trono di Luigi Filippo.
La classe operaia non aveva una organizzazione politica, non aveva una direzione, un suo progetto, eppure nonostante questi limiti è stata repressa duramente, con oltre 5.500 morti, 11mila arrestati, 4mila deportati in Algeria, perché continuava a fare paura, era la classe determinante.
La lotta dei proletari è il fattore determinante in ogni fase del conflitto ma porta con sè delle illusioni.
Quindi insegnamento fondamentale è la teoria scientifica della sconfitta secondo la concezione materialistica della storia, come lettura di parte, di classe che deve servire alla critica delle illusioni.
Imparare dall’esperienza perché dentro ogni sconfitta c’è la forza per andare avanti, l’unico vero, inevitabile cammino della classe, del suo partito per arrivare alla vittoria.
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