STRALCI
DELL'ESPOSTO-DENUNCIA, presentato il 30 gennaio
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Aggiramento
dell’art. 2112 e aiuto indebito di Stato
Nella
vendita dell’Ilva non si poteva concretizzare la deroga al 2112 -
che prevede il passaggio di tutti i lavoratori occupati presso Ilva
AS, con la conservazione di tutti i diritti contrattuali acquisiti,
in quanto:
non
aveva per oggetto un trasferimento di impresa sottoposta a procedure
concorsuali con dichiarata finalità liquidatoria, per la quale la
continuazione dell’attività non sia disposta oppure sia cessata;
ha
avuto, invece, per oggetto, la salvaguardia della produzione
dell’acciaio italiano, che non rientra nei servizi di preminente
interesse pubblico per cui può essere applicata la deroga al 2112.
La
deroga nel caso in specie, pertanto, si configura come illegittimo
aiuto di Stato e “concorrenza sleale” sul piano internazionale;
La
Corte di Giustizia aveva già condannato la Repubblica italiana e
aveva affermato che qualora la vicenda traslativa riguardi aziende in
esercizio, nelle quali l’attività sia proseguita, si avrà la
continuazione di tutti i rapporti di lavoro esistenti al momento del
trasferimento, indipendentemente
dalla circostanza che esista un accordo sindacale che lo preveda...
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Violazione dei
criteri di scelta dei lavoratori
I
criteri stabiliti dalle leggi, da applicare in concorso tra loro,
prevedono: 1. carichi familiari; 2. anzianità; 3. esigenze
tecnico-produttive.
I
criteri di selezione stabiliti dall’Accordo, nonchè quelli
applicati anche in peggio da AM InvestCo hanno portato a
discriminazioni nella selezione dei lavoratori.
Essa
è stata prevista ed eseguita in modo unilaterale, da parte di AM
InvestCo, venendo, pertanto meno, il principio stesso di “accordo;
le esigenze tecnico-produttive come indicato da varia giurisprudenza
- non possono essere indicate in modo generico o riferite a generici
interessi dell’impresa, ma devono essere specifiche e dimostrabili
in concreto - cosa che AM non ha fatto.
L’impugnazione
fatta da alcune OO.SS. di alcuni singoli casi di discriminazione,
cela il fatto che, al di là di singoli casi eclatanti, per tutti i
2600 lavoratori esclusi dall’assunzione presso la AM InvestCo la
violazione non è rispetto all’Accordo del 6 settembre ma rispetto
alle norme di legge in vigore.
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Imposizione illegittima dell’obbligo della conciliazione tombale
Essa
si configura come “estorsione”, perchè fatta come conditio
sine qua non per
l’assunzione in AM o per la possibilità di accedere all’incentivo
alle dimissioni.
La
sottoscrizione di tale conciliazione si configura come un abuso, in
quanto le materie su cui il lavoratore concilia/rinuncia riguardano
crediti con l’Ilva AS, non con AM InvestCo. Quindi tale
conciliazione obbligatoria risulta avere uno scopo unicamente
ricattatorio verso il lavoratore e di favoreggiamento indebito verso
l’Ilva AS.
Inoltre,
vengono “conciliate” anche materie che attengono alla sicurezza e
salute dei lavoratori, che per legge non possono essere oggetto di
rinuncia.
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Messa più a
rischio la sicurezza dei lavoratori
Tale
rischio viene ad essere aumentato a seguito della rilevante riduzione
di personale in reparti e attività centrali, quali, in particolare
Acciaierie, Manutenzione, Agglomerato, Cokeria, Laminazione a freddo,
Lamiere/tubi/finitura nastri, pulizie. In questi reparti gli operai o
vengono sostituiti da ditte esterne i cui dipendenti non hanno la
professionalità e l’esperienza dei lavoratori Ilva, o è in atto
il cumulo di mansioni e straordinari per gli operai ora AM InvestCo
che aumentano i rischi di infortunio essendo sottoposti a un maggior
carico di lavoro.
Inoltre
AM InvestCo intende portare la produzione di acciaio, attualmente a
4,7 milioni di tonnellate annue, a 6 milioni di tonnellate già a
metà del 2019. Questo comporterà un aumento di produzione e di
produttività, a fronte di un quarto di operai in meno, con effetti
che ricadranno inevitabilmente anche sulla sicurezza.
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L’accordo,
non escludendola, recepisce ed estende ad AM InvestCo l’immunità
penale
che
stabilisce che i responsabili di infortuni, di danni alla salute non
sono punibili.
Esso
risulta fortemente lesivo dei diritti dei lavoratori e dei cittadini
e di fatto istituzionalizza una ”libertà” di delinquere per i
responsabili dell’azienda.
Tale
immunità penale è inoltre, incostituzionale, perchè in aperta
violazione dei principi generali, di uguaglianza, universali che
devono essere alla base di una legge. Questa legge invece vale solo
per 1 azienda e non per tutte le aziende. Viene legalizzata una
discriminazione, stabilendo di fatto che un operaio
dell’Ilva/ArcelorMittal è diverso da un operaio di un’altra
fabbrica; come sono diversi i cittadini di Taranto che subiscono
malattie per l’inquinamento provocato dalla fabbrica siderurgica da
cittadini di altre città.
Viene
istituzionalizzato che ci può essere una fabbrica, una città al di
sopra della legge, in cui sono sospesi i diritti costituzionali,
democratici.
Questa
discriminazione - questa legge di “favore” ripropone pertanto
l’azione dello Stato italiano di favorire una “concorrenza
sleale” sia a livello delle aziende in Italia, sia sul piano
europeo e mondiale.
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Violazione
dello stesso Accordo del 6 settembre 2018
- Terziarizzazione
La
Mittal sta procedendo a terziarizzare alcune importanti attività,
soprattutto di pulizia, di aree Officine e Manutenzioni, nonchè
quelle delle aree a Verde, sostituendo con ditte esterne operai
lasciati in Ilva AS, questo non era previsto dall’accordo.
Queste
attività prima dell’approdo di ArcelorMittal, vedevano i
lavoratori inquadrati nel contratto dei Metalmeccanici, ora i
lavoratori delle ditte hanno il contratto Multiservizi. E’ evidente
il vantaggio economico che questo comporta per AM InvestCo.
Tale
politica di terziarizzazione/sostituzione risulta, altresì, in
disapplicazione del punto “Ulteriori disposizioni” dell’Accordo,
che prevede “nel
caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato a fronte di esigenze
organizzative e/o produttive, i lavoratori in quel momento ancora
alle dipendenze della società ILVA avranno diritto di precedenza
nell’assunzione”
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Imposizione
dell’Accordo anche ai lavoratori non iscritti ai sindacati
firmatari e/o che avevano espresso il loro rifiuto dell’Accordo
stesso.
Su
questa problematica sono già intervenuti vari giuristi i quali hanno
precisato che quando vengono messi in gioco diritti individuali dei
lavoratori, l’accordo può valere per gli iscritti ai sindacati
firmatari ma non automaticamente anche per i lavoratori non iscritti.
All’Ilva
inoltre vi stato il referendum sull’Accordo che ha evidenziato la
volontà di più di 4.700 operai (oltre il 45% del totale dei
lavoratori) - sia coloro che non sono andati a votare, sia coloro che
hanno votato esplicitamente No - di non aderire all’Accordo del 6
settembre - esito del referendum: 4368 non votanti, 392 hanno votato
NO, 22 schede bianche e nulle.
La
stessa giurisprudenza ha detto che “è
dubbio che sia
consentito ai Sindacati maggiormente rappresentativi di regolamentare
gli effetti del trasferimento sui rapporti di lavoro con efficacia
vincolante, indipendentemente dalla iscrizione... Le Oo.Ss.,
pertanto, non possono disporre dei diritti individuali dei propri
iscritti e, naturalmente, l’accordo non potrà certamente vincolare
i soggetti non aderenti”.
TA. 30.1.19
Slai
cobas per il sindacato di classe Taranto
Comitato
cassintegrati ILVA AS
info:
slaicobasta@gmail.com – 3475301704 – via Livio Andronico, 47
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