ROMA
– "Noi non ce la meritiamo Taranto. Le città più belle del mondo lo
sapete quali sono? Budapest, Bucarest e Tarant nuestr". Così un abitante
di Taranto vecchia riassume la rabbia, non solo verso le istituzioni,
ma anche nei confronti dei suoi concittadini nel documentario "Polvere –
The Italian Dust", realizzato Vincenzo Luca Forte e Giovanna Testa.
Inquinamento, tumori, corruzione, periferie disagiate, disoccupazione:
lo sguardo non è puntato solo sull'Ilva, è a 360 gradi su una città
umiliata, annichilita, divenuta simbolo del disastro italiano.
"Il diritto alla salute è stato sacrificato in
virtù del diritto al lavoro – spiega Vincenzo Luca Forte presentando il
documentario -. Si è chiesto ai cittadini di scegliere tra lavoro e
salute: una falsa scelta, un ricatto subdolo". Gli autori puntano il
dito contro l’indifferenza delle istituzioni, "che si passano la palla
avvelenata e si discolpano".Il documentario, accompagnato dalle musiche tradizionali della città e quasi tutto in dialetto tarantino per mantenere la forza e la rabbia degli interventi, ma sottotitolato in inglese per tentare di far conoscere il dramma della città anche fuori dall’Italia,...
La polvere è quella che per più di 50 anni è fuoriuscita dai camini dell’Ilva e che è entrata nei polmoni di operai e abitanti del Rione Tamburi, quartiere adiacente al polo industriale. La stessa polvere che ha contaminato la mitilicoltura e l’agricoltura, settori sui quali l’economia tarantina si è sempre fondata. Come racconta uno dei tarantini nel reportage, "lo stabilimento siderurgico è sorto proprio alle spalle del cimitero, forse già prevedevano di fare 11.850 morti".
Nel documentario si parla anche del rapporto tra Girolamo Archinà, direttore della relazioni istituzionali dell’Ilva, e il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, anche alla luce della pubblicazione dell’intercettazione di una telefonata tra i due risalente al 2010, che tante polemiche ha scatenato. Taranto non è però solo Ilva. C'è Taranto Vecchia, con le rovine della Magna Grecia, e il borgo marinaro abbandonato a se stesso, vittima di un’industrializzazione forzata. Ci sono le discariche, ben cinque, di rifiuti speciali, tra le più grandi d’Europa, oltre agli inceneritori. "Puoi fermare chiunque qui in strada e chiedere se ha avuto un morto di tumore in famiglia - dice un giovane ripreso nel documentario -: tutti ti diranno di sì".
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