"Non dubitate che un piccolo gruppo di
cittadini coscienti e risoluti non possa cambiare il mondo. In fondo è
cosi che è sempre andata ». (Margaret Mead)
venerdì 6 dicembre 2013
La pazzia di re Giorgio...
Non ho mai ricevuto da Vendola nessuna pressione e nessuna
intimidazione”. È la mattina del 28 novembre 2012 quando Giorgio
Assennato, direttore generale di Arpa Puglia, entra nella caserma della
Guardia di finanza di Taranto. I finanzieri – che indagano da due anni
sull’inqui – namento dell’Ilva – hanno raccolto una mole d’intercettazio
– ni che li ha ormai persuasi: Nichi Vendola, in concorso con i vertici
dell’Ilva, ha fatto pressioni su Assennato per “ammorbi – dirlo”. In
quelle ore, per il governatore pugliese, è sempre più vicina l’accusa di
concussione, ma Assennato nega: nessuna pressione. Neanche il 15 luglio
2010 quando, secondo l’accusa, fu tenuto fuori dalla porta, mentre
Vendola discuteva con i Riva, e fu costretto ad aspettare per ore.
Eppure un testimone di quella giornata racconta di aver incontrato
Assennato con lo “sguardo rassegnato” e “la testa bassa”. Per
ricostruire la vicenda, però, è necessario fare un passo indietro. La
guerra contro Assennato Nell’estate 2010, l’Arpa rileva i dati del
Benzo(a)pirene emessi nel rione Tamburi di Taranto: superano il limite
previsto e l’Agenzia scrive una relazione durissima: chiede a Ilva di
adeguare la produzione alle condizioni meteorologiche perché
l’inquinamento, quando il rione è sottovento, cresce in maniera
preoccupante. I Riva temono di dover diminuire la produzione. La guerra
di Ilva contro il direttore generale dell’Arpa diventa furiosa. C’è
posta per Nichi, Archinà, il braccio destro dei Riva, lavora ai fianchi
di Assennato. Si lamenta con Vendola degli scienziati che hanno redatto
lo studio, Massimo Blonda e Roberto Giua, iniziando a ottenere qualche
risultato. È lo stesso Assennato a chiamare Archinà, ai primi di giugno,
per lamentarsi di essere stato “delegittimato”. La ragnatela di Archinà
diventa di ora in ora più fitta. Il 22 giugno scrive a Fabio Riva.
Sostiene che Assennato è stato sconfessato e descrive la posizione di
Vendola: “Per nessun impianto Ilva si deve ipotizzare una sia pur minima
restrizione”. E soprattutto: spiega che ha un accordo con il
governatore. La lettera, che Ilva sta scrivendo ad Arpa, deve essere
inviata, per conoscenza, anche a Vendola che “al ritorno dalla Cina
affronterà direttamente la questione”. Ed effettivamente, tornato dalla
Cina, Vendola chiamerà Archinà per ricordargli: “Non mi sono defilato”.
Questione d’immagine Nelle stesse ore Archinà confida ai suoi: “Vendola è
molto arrabbiato perché gli fanno fare brutta figura con l’opinione
pubblica”. E in effetti, per il segretario di Sel, ormai lanciato in una
dimensione nazionale, ammettere che l’inquinamento in Puglia sta
aumentando, può rappresentare una potente caduta d’immagine. E ora
torniamo alle risposte di Assennato agli investigatori. La riunione del
15 luglio. Gli inquirenti mostrano al direttore generale dell’Arpa
un’intercettazione: Archinà racconta come andò, il 15 luglio 2010, la
riunione tra Vendola e i Riva. “Tieni presente che già psicologicamente,
ieri, è avvenuto questo: Assennato è stato fatto venire al terzo piano
però è stato fatto aspettare fuori… come segnale forte…”. Assennato
risponde di non ricordare “nulla, salvo che vi fu una riunione, nella
quale ci fu un’anomala attesa da parte mia… non credo di aver
partecipato… ma posso escludere qualsiasi pressione”. La lunga serie di
“non ricordo” costa ad Assennato l’accusa di favoreggiamento personale
nei confronti di Vendola: con le sue risposte, secondo l’accusa, l’ha
aiutato a eludere l’imputazione di concussione. Il Fatto Quotidiano è in
grado di rivelare due dettagli che arricchiscono il contesto di quelle
ore. Le parole di Archinà, su quella riunione del 15 luglio, raccontano
qualcosa in più: “Assennato è stato fatto venire al terzo piano, però è
stato fatto aspettare fuori, come segnale forte… cosa che poi lui ha
fatto trapelare sul Corriere del Giorno…”. Cos’è trapelato sul
quotidiano locale? E soprattutto: chi l’ha fatto trapelare? “Testa bassa
– scrive il cronista Michele Tursi – sguardo rassegnato. Quello che le
veline non dicono riguarda il professor Giorgio Assennato”. Quel giorno
in Regione si tiene la conferenza stampa per il “monitoraggio
diagnostico” dell’Ilva. “Strana conferenza stampa convocata, poi
revocata e poi di nuovo convocata”, racconta Tursi. “Strana – continua –
l’assenza di Assennato nell’incontro con i giornalisti. Strano che
fosse stato avvisato all’ultimo momento con un sms e poi lasciato fuori
dalla porta…”. Il Fatto ha rintracciato il cronista che racconta:
“Quella mattina, effettivamente, parlai con Assennato e non era sereno”.
Agli inquirenti Assennato racconta di essere andato via, dopo la
riunione tra Vendola e Riva, alla quale non partecipò, mentre il
Corriere del Giorno racconta che era ancora in Regione, “rassegnato” e
“con la testa bassa”. Secondo gli inquirenti, le pressioni di Vendola
su Assennato, facevano leva sulla riconferma del suo incarico, che
scadeva nel marzo 2011. Clima infuocato E proprio a ridosso di quella
data avviene un altro episodio che il Fatto è in grado di ricostruire.
Un episodio che non integra alcuna ipotesi di reato ma spiega il clima
di quei mesi. “Arpa – racconta una fonte che preferisce mantenere
l’anonimato – aveva ultimato le rilevazioni su diossina e benzo(
a)pirene, quelle relative al 2010, e Assennato era pronto a diffondere i
dati con un comunicato stampa: le emissioni erano ulteriormente
cresciute. Vendola, quando apprese che Arpa stava per inviare il
comunicato stampa, convocò una riunione informale, alla presenza degli
assessori Nicastro, Fratoianni, Amati, Pelillo, Capone, più il
responsabile della comunicazione, Eugenio Iorio. Vendola era
allarmatissimo: telefonò ad Assennato, davanti a tutti, per ricordargli
che non poteva diffondere quei dati senza confrontarsi con la Regione.
Non intendeva manipolare nulla. Sia chiaro. Ma redarguì Assennato, con
durezza, per dirgli che quel tipo di comunicazione andava assolutamente
concordata”. Una richiesta legittima, certo, poiché l’Arpa è un ente
regionale. Una richiesta che racconta in quale clima, però, è stato
vissuto, da Vendola, il monitoraggio dell’i nquinamento targato Ilva. (Francesco Casula, Lorenzo Galeazzi e Antonio Massari - Mentinformatiche)
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