sabato 21 dicembre 2013

dove sono i soldi di Riva... "Report" con un servizio ha fatto vedere qualcosa, ma l'opuscolo di Margherita Calderazzi per proletari comunisti aveva denunciato già tutto e meglio!

TUTTO QUESTO PROLETARI COMUNISTI LO HA GIA' DENUNCIATO E DOCUMENTATO.



(Da Sole 24 Ore) - “Per diciassette anni – dal 1995 – l’Ilva è stata usata dai Riva come un bancomat... In pratica i Riva avrebbero distolto dall’Ilva soldi veri... mezzo miliardo di euro, trasferendo negli anni questa cifra in Riva Fire attraverso un contratto di “assistenza tecnica e di servizi”, stipulato fra le due società nel 1999. L’Ilva, società eminentemente manifatturiera, non disponeva di tutte le competenze, tecniche e nel rapporto con il mercato, per funzionare bene. Dunque, per diciassette anni ha acquisito questi servizi dalla controllante, Riva Fire, pagando dei prezzi che ora vengono ritenuti non corretti... Ieri l’Ilva ha depositato la richiesta di risarcimento... La richiesta è stata formulata in via autonoma dall’Ilva nell’ambito di un giudizio civile promosso dalla Valbruna Nederland (la famiglia Amenduni, socia di minoranza di Ilva), che non era per nulla persuasa dei flussi di denaro in uscita dalla controllata verso la capogruppo... La richiesta di risarcimento danni fatta da Bondi viene rivolta a quasi tutto l’albero genealogico dei Riva: Fabio Arturo (latitante in Inghilterra, a Londra il 14 gennaio prossimo l’ultima udienza per l’estradizione), Nicola (ultimo presidente dell’Ilva, prima di Bruno Ferrante), Angelo Massimo, Claudio, Daniele, Emilio Massimo, il fondatore Emilio e il fratello Cesare Federico, per i quali oggi, proprio a Milano, si tiene la prima udienza preliminare per evasione fiscale...” 

MA QUESTO E' SOLO UN PEZZO DELLA STORIA. C'E' MOLTO ALTRO!
CHE DIMOSTRA COME ALL'ILVA DI TARANTO RIVA REALIZZASSE I PROFITTI VERI SULLO SFRUTTAMENTO E ANCHE SUL SANGUE DEGLI OPERAI, E COME QUESTI MILIARDI VENISSERO SUBITO OCCULTATI.

MA C'E' ANCHE CHE MENTRE I RIVA FACEVANO OPERAZIONI-TRUFFA PURE IN PIENO AVVIO DELLA VICENDA GIUDIZIARIA, IL GOVERNO AVVIAVA LA POLITICA DEI DECRETI "PRO RIVA", CHE CONTINUA TUTTORA.

Quindi il governo Monti, il governo Letta sono complici dei Riva! 


TUTTO QUESTO PROLETARI COMUNISTI LO HA GIA' DENUNCIATO E DOCUMENTATO.

Riportiamo alcuni stralci del dossier, intitolato appunto: "L’impero economico della famiglia Riva - quello che ha e soprattutto quello che ha fatto per mettere al riparo i suoi fondi": 

"...la Riva Fire che a sua volta ha il 100% di due società di Lussemburgo, la Stahlbeteili Gungen e la Siderlux, controlla – direttamente (con il 61,62%) e indirettamente (con il 25,38% della Siderlux) – l’87% del capitale dell’Ilva. Mentre la magistratura va avanti, Riva riorganizza le sue società - Alla fine del 2012, in piena bufera giudiziaria, le società lussemburghesi dei Riva sono state oggetto di alcune operazioni che hanno modificato l’assetto del controllo dell’Ilva. Fino allo scorso anno il 25,38% dell’Ilva era controllato dalla Stahlbeteili Gungen - che oltre alla quota nell’Ilva e al 25% della Riva Energia, controlla gli impianti dei Riva in Canada, Belgio, Spagna, Germania e Francia. Amministratore della Stahlbeteili è Fabio Riva, colpito da mandato di arresto europeo per associazione per delinquere e disastro ambientale e in attesa di essere estradato da Londra, dove si era rifugiato (data la collocazione della “testa” dell’impero Riva nelle isole britanniche - è evidente come l’Inghilterra sia un posto sicuro!). Il 26 luglio ‘12 - l’acciaieria di Taranto viene sequestrata e il fondatore del gruppo, l’ottantaseienne Emilio, finisce agli arresti domiciliari. Lo stesso provvedimento tocca al figlio Nicola e a sei dirigenti… La famiglia Riva, il cui business dipende per i due terzi dall’Ilva, sceglie come presidente un uomo delle istituzioni, del tutto digiuno di acciaio e di impresa, come l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante. Proprio quel giorno, il 26 luglio, nelle stanze ovattate di uno studio notarile lussemburghese, prende il via il progetto di fusione fra la StahlbeteiliGungen Holding e la Parfinex, una società lussemburghese dei Riva. Razionalizzazione prevista da tempo? La coincidenza della data è casuale? Il 5 ottobre 2012 – quando è in corso lo scontro tra magistratura e governo sull’Aia e sul sequestro degli impianti e prodotti - in Lussemburgo, prende il via lo scorporo dalla Stahlbeteili Gungen Holding del 25,38% dell’Ilva che viene conferito alla Siderlux, l’altra società controllata al 100% da Riva fire. Mentre nella Stahlbeteili Gungen restano soprattutto le attività estere dei Riva. Il 17 ottobre 2012 - l’assemblea di Riva Fire sancisce la cessione del ramo di azienda che produce e commercializza i prodotti lunghi a favore della controllata Riva Forni Elettrici, a cui peraltro passano anche riserve per 320,6 milioni di euro di Riva Fire. A quest’ultima resta, quindi, il business dei laminati piani a freddo e a caldo. Ma nella Parfinex c’erano soldi dell’Ilva! Infatti tra il 1996 e il 1997 600 milioni di dollari sono spostati dall’Ilva alla controllata lussemburghese Parfinex. Nel 1996 Parfinex viene ricapitalizzata con 98 milioni di dollari provenienti dall’Ilva International Spa e l’anno successivo altri quattro aumenti di capitale a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro trasferiscono ulteriori 500 milioni dall’Ilva. Dove sono finiti quei soldi, considerando che nel 2012 Parfinex è stata fusa con la Stahlbeteiligungen? Inoltre. Le società lussemburghesi del gruppo (Ilva International SA, Stahlbeteiligungen Holding, Utia e Parfinex) non hanno dipendenti e da alcuni primi indizi risulterebbero gestite dall’Italia: si tratta quindi di società fasulle, esterovestite, utili solo per le conseguenze fiscali. Infatti, la Stahlbeteiligungen Holding (Stahl) ha effettuato nel 2006 due prestiti all’Ilva per un totale di 470,5 milioni di euro e nel 2012 ha prestato altri 363,7 milioni alla Riva Fire. Non è ancora chiaro se queste operazioni abbiano una motivazione industriale o se, come è più probabile, siano servite soltanto ad abbattere gli utili dell’Ilva e della Riva Fire attraverso il pagamento degli interessi passivi e a ridurre quindi il carico fiscale. 
Vale a dire a nascondere i veri profitti fatti sullo sfruttamento degli operai dell’Ilva!..." 

"...Mentre a Roma, si prova la soluzione “politica”, negli studi dei professionisti dell’Ilva si continua a lavorare. - Se è datato 19 dicembre dell’anno scorso l’atto notarile della scissione del ramo d’azienda da Riva Fire a favore di Riva Forni Elettrici, cinque giorni dopo viene pubblicata sulla G.U. la Legge 231/12 salva-Ilva. Dunque, a questo punto, nelle architetture societarie esistono tre poli di attrazione: l’Ilva, che di fatto è separata da tutto il resto, le acciaierie straniere, i prodotti lunghi, un segmento che nel gruppo Riva è alimentato dai forni elettrici e non dal ciclo integrato di Taranto. Quindi mentre il governo provvedeva a tutelare gli interessi di Riva, questi portava avanti una serie di operazioni straordinarie che rendono più facile disporre del gruppo o di parti di esso, di fatto isolando Ilva e provando a proteggere il resto del gruppo industriale e finanziario da ogni iniziativa giudiziaria. 
Come si vede da tutte le operazioni finanziarie fatte in tutti questi anni, l’Ilva di Taranto è dove si è fatta la produzione, dove vi è la fonte del profitto padronale, ma gli utili, le ricchezze Riva li ha subito spostate altrove...."

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