sabato 21 dicembre 2013

Lo Stato dei padroni restituisce tutto al padrone assassino e ai suoi servi - immediata reazione e convegno nazionale a taranto 11 gennaio

Ilva Taranto Convegno nazionale 11 gennaio - a padron Riva il processo lo facciamo noi!
a fronte della indecente sentenza della cassazione che annulla sequestro: 8,1 miliardi cifra stimata  equivalente alle somme che nel corso degli anni la società avrebbe risparmiato non adeguando gli impianti  'generando malattia e morte'



11 gennaio convegno di protesta a taranto
organizza rete nazionale  per sicurezza e salute sui posti di lavoro e territorio


info: bastamortesullavoro@gmail.com
347-1102638


comunicato invito
E' convocato un convegno sul processo a Riva e soci  del 2014 con l'avvocato dei processi Thyssen ed Eternit a Torino, avv Bonetto - sostenitore Rete nazionale sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio 

- per protestare con dati di fatto contro la sentenza della Cassazione
- per riportare un bilancio dell'esperienza vincente dei processi Thyssen-Eternit 

- per una piattaforma e un metodo della costituzione associata come parte civile, gratuita e di massa, degli operai, lavoratori e cittadini
 

Il convegno aperto a tutti si terrà sabato 11 gennaio 2014 dalle ore 9.30 alle 13 presso sala palazzo di città o biblioteca comunale - da confermare


A cura della Rete nazionale salute e sicurezza sui posti di lavoro e territorio
sede taranto
bastamortesullavoro@gmail.com
347-1102638

20 dicembre 2013



La Corte di Cassazione ha stabilito che i beni della holding Riva Fire, società proprietaria di Ilva spa, non andavano sequestrati e ha annullato senza rinvio il decreto di sequestro confermato dal riesame nel giugno scorso dal tribunale del riesame di Taranto. La stima di oltre 8 miliardi era stata formulata dai custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Mario Tagarelli come il costo totale degli interventi necessari al ripristino funzionale degli impianti dell'area a caldo per un possibile risanamento ambientale. La società Riva Fire, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe ottenuto negli anni un notevole vantaggio economico attraverso quella che i magistrati definiscono una "consapevole omissione" degli interventi nell'Ilva per la protezione e salvaguardia dell'incolumità dell'ambiente, degli operai e dei cittadini di Taranto. In sostanza 8,1 miliardi erano i soldi che secondo l'accusa i Riva avrebbero risparmiato
evitando di ammodernare gli impianti della fabbrica che secondo i periti del tribunale, oggi "genera malattia e morte". , il gip Todisco aveva autorizzato il sequestro di denaro, conti correnti, quote societarie nella disponibilità della società Riva Fire, per le violazioni ambientali alla legge 231/01 che sancisce la responsabilità giuridica delle imprese per i reati commessi dai propri dirigenti. In realtà finora, gli uomini della Guardia di finanza erano riusciti a individuare solo due miliardi rispetto agli otto richiesti. Dal sequestro sarebbero dovuti rimanere fuori i beni e le finanze riconducibili alla società di Ilva spa poiché il gip Todisco aveva infatti chiarito che i beni della società potevano essere aggrediti solo nel caso in cui non siano strettamente indispensabili all'esercizio dell'attività produttiva nello stabilimento di Taranto. L'accusa nei confronti di Emilio, Nicola e Fabio Riva è di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.

pc 21 dicembre - ILVA TARANTO lo stato dei padroni in soccorso a Riva assassino - immediata reazione

Ilva, Cassazione annulla il maxi sequestro
gli 8,1 miliardi di euro tornano ai Riva

Accolto il ricorso della famiglia, disposta la restituzione alla holding di tutti i beni

Erano i "soldi sottratti alle opere di ambientalizzazione", quegli 8,1 miliardi di euro sequestrati dalla magistratura che ora torneranno nella disponibilità della famiglia Riva. Lo ha deciso la Cassazione che ha cancellato i sigilli disposti nell'ambito della maxi inchiesta sul siderurgico. La Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento nei confronti della Riva Fire, la Holding che controlla l'Ilva spa. La sesta sezione penale ha accolto il ricorso presentato di legali della famiglia di industriali dell'acciaio, Franco Coppi e Carlo Enrico Paliero, e ha disposto la restituzione di tutti i beni.

La Corte, con la sua decisione, ha spazzato via l'ordinanza del Tribunale del Riesame che a giugno scorso aveva respinto l'istanza degli avvocati della capogruppo che controlla l'Ilva, confermando il sequestro preventivo disposto dal gip Patrizia Todisco il 24 maggio. Oggi, invece, la Suprema corte ha accolto l'istanza disponendo la restituzione delle somme bloccate.

Il sequestro annullato riguardava i beni e le disponibilità finanziarie della holding, sulla base della quantificazione elaborata dai custodi giudiziari degli impianti dell'area a caldo della fabbrica. Secondo i consulenti della procura, gli oltre 8 miliardi sarebbero una cifra equivalente alle somme che dal 1995 (anno di acquisizione della Italsider pubblica) l'Ilva avrebbe risparmiato non adeguando gli impianti del siderurgico, e in particolare quelli dell'area a caldo (sotto sequestro dal 26 luglio 2012, anche se la fabbrica non si è mai fermata), alle normative ambientali, pregiudicando l'incolumità e la salute della popolazione. La tesi degli inquirenti tarantini è che gli investimenti non eseguiti si siano tradotti in un guadagno illecito: un tesoretto che i Riva avrebbero accumulato risparmiando sulla salute dei cittadini.

In totale sotto sequestro erano finiti beni di cui è custode e amministratore giudiziario il commercialista Mario Tagarelli, per poco meno di due miliardi, di cui le liquidità ammontano a circa 56 milioni di euro. All'indomani dell'esecuzione dell'ordinanza da parte della Guardia di Finanza, a settembre, il gruppo aveva annunciato la chiusura di sette stabilimenti e di due società di servizi e trasporti facenti capo a Riva Acciaio sparsi in tutta Italia, con la messa in libertà di circa 1.400 addetti. Chiusura durata 20 giorni, e revocata dopo la precisazione da parte dei magistrati tarantini che "non è stata posta alcuna preclusione all'uso dei beni da parte del soggetto proprietario".

Grande soddisfazione da parte degli avvocati dell'azienda. "I nostri motivi di impugnazione erano molto articolati - ha spiegato il penalista Coppi - e aggredivano in modo complessivo la ricostruzione che era stata fatta dal gip prima e dal tribunale del riesame di Taranto poi. La risposta data è stata netta. Annullamento senza rinvio. Alla base delle contestazioni - ha proseguito - c'era il fatto di "accomunare la normativa sulla responsabilità delle società e quella dellle persone fisiche, con il ruolo di una holding che non era direttamente interessata rispetto a quello che sarebbe stato compiuto da una società controllata". Il legale ha poi sottolineato: "Abbiamo contestato la mancanza di presupposti, di causalità rispetto al profitto e ribadito che società in questione non era direttamente interessata nella gestione. Ora attendiamo le motivazioni per comprendere meglio".

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