TARANTO - Giunge al capolinea l’inchiesta
sull’infortunio verificatosi all’Ilva il 28 febbraio del 2013 nel quale
perse la vita l’operaio Ciro Moccia, addetto alla manutenzione
meccanica, e rimase ferito Antonio Liddi, lavoratore della ditta
esterna, «Emmerre», impegnata nei lavori di ambientalizzazione delle
cokerie.
Il procuratore aggiunto Pietro Argentino ha firmato
il canonico avviso di conclusione delle indagini preliminari, facendolo
notificare a 12 persone. Moccia perse la vita a fine turno, nei pressi
della batteria numero 9 delle cokerie, chiusa perché in rifacimento in
osservanza di quanto stabilito dall’Autorizzazione integrata ambientale.
A cedere furono alcune lamiere sottili (pochi centimetri di spessore)
poggiate dalla ditta incaricata dei lavori di ristrutturazione sulla
passerella utilizzata per spostarsi lungo il piano dove avviene il
«caricamento» dei forni, cioè l’immissione di carbon fossile. In quel
luogo sfila, correndo su un binario, la macchina caricatrice. Moccia non
avrebbe potuto né dovuto transitare in quel punto; le lamiere riparano i
lavoratori della ditta di ristrutturazione dalla caduta di materiale e
polvere. A Moccia sarebbe stato chiesto di effettuare la saldatura di
una staffa sganciatasi dal binario sul quale scorre la caricatrice che
serve le batterie ancora in esercizio: 7,8 e 10. Per raggiungere la
maledetta staffa, l’operaio di origine campana, da dieci anni circa
all’Ilva di Taranto, avrebbe compiuto il passo fatale.
Di cooperazione in omicidio colposo rispondono il
direttore dello stabilimento siderurgico Antonio Lupoli, il delegato
dell’area cokerie Vito Vitale, Carlo Diego, capo esercizio della
cokeria, Marco Gratti, caporeparto manutenzione meccanica batterie,
Gaetano Pierri, capoturno delle batterie, Nunzio Luccarelli, tecnico
responsabile dei lavori per conto di Ilva, Martino Aquaro, responsabile
delle attività di manutenzione carpenteria delle batterie, e poi Davide
Mirra, Cosimo Lacarbonara, Vincenzo Procino, Francesco Valdevies e
Salvatore Zecca, rispettivamente amministratore, capoturno, caposquadra,
responsabile tecnico e della esecuzione dei lavori e responsabile del
servizio di prevenzione e protezione della società «Emmerre», ditta
dell’indotto nella quale lavorava Antonio Liddi, l’altro operaio
coinvolto nell’incidente e rimasto ferito perchè precipitato sul corpo
di Ciro Moccia.
Gli indagati, difesi dagli avvocati Egidio Albanese,
Pasquale Annicchiarico, Antonio Raffo, Francesco D’Alessandro e Adriano
Raffaelli hanno venti giorni di tempo per presentare memorie o chiedere
di essere interrogati. Spetterà poi al procuratore aggiunto Pietro
Argentino tirare le somme e chiedere il rinvio a giudizio o
l’archiviazione.
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