Dall'Introduzione "La tempesta perfetta, i fatti che hanno preceduto la fase attuale", al ricco e importante Dossier Ilva, in uscita:
"...La responsabilità dei sindacati
confederali all’Ilva è altissima, la loro politica e azione ha
permesso che si arrivasse a questo punto, in una fabbrica che già ha
il primato dei morti sul lavoro: 47 solo per infortuni nei 17 anni di
gestione Riva. L’Ilva è diventata, anche per questi
sindacati, una fabbrica in cui è quasi normale morire, ammalarsi di
tumore, di fatto avallando l’idea di padron Riva degli infortuni
come “accidenti normali” in una fabbrica di quasi 20 mila
persone: “non succedono gli incidenti anche in un paese di 20 mila
abitanti?”, dice in un intervista patron Riva. Tant’è che Emilio
Riva, che non si è mai presentato nei processi, molti, a suo carico,
si è voluto presentare al processo, su sua querela, contro la
rappresentante dello Slai cobas considerata “mandante” di una
scritta alla fabbrica “Riva assassino”, perché riteneva
“sinceramente” ingiusto che lo si chiamasse “assassino”, lui
che, come imprenditore, aveva solo il problema di produrre acciaio e
non quello di badare alla città…
A livello nazionale, mentre noi
facciamo un'analisi di classe su ciò che sta accadendo, molte forze,
anche rivoluzionarie, dopo il 30 marzo assumono una posizione
moralista piccolo borghese verso gli operai..."
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