venerdì 27 giugno 2014

La Banca svizzera: "Chiudete l'Ilva - male per gli operai ma bene per i nostri padroni europei...".

Chi tra gli ambientalisti tarantini che chiedono la "chiusura dell'Ilva" volesse esultare, si calmasse! La proposta del Ubs è volta solo a salvaguardare e aumentare i profitti degli altri capitalisti europei. Sicuramente non è per salvare l'ambiente di Taranto, anzi il problema si sposterebbe da Taranto (che rimarrebbe comunque inquinata e abbandonata e senza il problema oggi pressante delle bonifiche) alle altre città europee. 

Si tratta di una bassa guerra di concorrenza che fa dire ai padroni della federacciaio e della confindustria in Italia di salvare l'Ilva di Taranto per salvare sè stessi, fregandosene della salute e della vita degli operai e della popolazione; e ai padroni europei di chiudere l'Ilva per poter aumentare la loro produzione e avere più quote di mercato, fregandosene della perdita del posto di lavoro di 15 mila operai e più (compreso tutto l'indotto). 

In questa bassa guerra di concorrenza chi comunque deve pagarne i costi sono gli operai e le masse popolari. Ma le "vittime" possono e devono diventare loro il vero "pericolo" per i padroni!

La super banca: chiudete l’Ilva
«Male per Taranto, bene per l’Ue»

Gli svizzeri dell’Ubs: «Problema per 11 mila operai
in Puglia, ma vantaggio per i concorrenti


L'Ilva di Taranto"L'Ilva di Taranto
Da problema tarantino da risolvere a soluzione dei problemi della siderurgia europea. In un colpo solo la banca svizzera Ubs «sistema» l’Ilva e il comparto siderurgico continentale: «Se chiude o si ridimensiona — ha scritto nel suo report l’analista Carsten Riek — si risolverà il problema della sovracapacità produttiva della siderurgia europea». Aggiungendo, se vogliamo in maniera anche cinica, che «la chiusura, parziale o totale, del sito di Taranto è sicuramente una cattiva notizia per i suoi 11 mila dipendenti, ma sarebbe un bene per i suoi concorrenti». Che acquisirebbero quote di mercato e potrebbero incrementare l’utilizzo degli impianti. Lo studio (ripreso dalla stampa specialistica di settore francese) snocciola anche i numeri: il coefficiente di utilizzo della capacità produttiva degli stabilimenti della siderurgia europea salirebbe al 74% nel caso di una chiusura parziale dell’Ilva, addirittura all’80% (entro il 2018) con la chiusura totale. La conseguenza? Un aumento del prezzo della tonnellata di acciaio dai 3 a un massimo di 18 di euro (in caso di chiusura totale).
La chiusura del siderurgico tarantino avrebbe, ovviamente, dei costi per la comunità che Ubs stima dai 600 ai 900 milioni di euro (basti solo pensare alla cassa integrazione per migliaia di lavoratori non solo a Taranto ma anche negli stabilimenti di Cornigliano e Novi Ligure), più 100 milioni soltanto per la formazione che si renderà necessaria per consentire ai lavoratori di trovare un nuovo lavoro in caso di esuberi forzati. Complessivamente, quindi, circa un miliardo di euro. L’alternativa alla chiusura dell’Ilva è il salvataggio da parte di un cavaliere bianco, individuato da Federacciai nel colosso franco-indiano Arcelor Mittal. E anche in questo caso Ubs fa i conti. Dopo aver sottolineato che le Autorità europee garanti della concorrenza interverrebbero per evitare che nel settore dell’acciaio inox Arcelor Mittal possa infrangere il tetto del 40% della quota di produzione europea (sarebbe costretta a fermare i suoi impianti in Francia, Belgio, Germania o Spagna), l’analista evidenzia che un’eventuale acquisizione dell’Ilva potrebbe pesare non poco sul conto dei franco-indiani. A beneficio di altri concorrenti europei, dai tedeschi di Salzgitter ai finlandesi della Rautaruukki, dagli svedesi della Ssab agli austriaci della Voestalpine..."

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