...Anzi, per gli operai ci possono essere all'orizzonte esuberi e meno diritti (quindi anche meno sicurezza e tutela della salute); per gli abitanti dei Tamburi e quartieri inquinati ancora una vita e una morte all'ombra di una fabbrica che non viene realmente risanata.
Chi nella partita tra Bondi, Riva, Governo Renzi e nuovi possibili acquirenti o soci dell'Ilva, si schiera con uno o con l'altro va comunque contro gli interessi degli operai e dei cittadini di Taranto. In questo, i primi sponsor di uno o dell'altro padrone o del governo sono chiaramente i sindacati confederali, che come è spiegato anche nelle dichiarazioni dell'ex ambasciatore in India saranno o puramente servili, come hanno fatto con Riva, o penseranno solo a difendere le loro misere sedie da nuovi padroni che li trattassero da "pezze da piedi".
Come diciamo da troppo tempo: "GLI OPERAI IN TUTTO QUESTO NON SONO "IN AGENDA"! E spetta solo a loro diventarlo, al più presto!
DA ALCUNE NOTIZIE STAMPA E DA UNA INTERESSANTE INTERVISTA AD ARMELLINI, L'AMBASCIATORE ITALIANO A NUOVA DELHI DAL 2004 AL 2008, che, quindi, conosce uno dei più probabili nuovi acquirenti dell'Ilva, la Arcelor-Mittal indiana.
"Bondi scade a giorni - il decreto di nomina firmato dall’allora premier
Enrico Letta è del 5 giugno 2013 - e non è certo se verrà riconfermato o
verrà riconfermato a tempo, cioè sin quando non nascerà la nuova
cordata che gestirà l’azienda. Circola l’ipotesi di un Bondi
«traghettatore», così come corre voce che Massimo Tonon, presidente di
Borsa Italiana, banchiere e sottosegretario all’Economia nel secondo
Governo Prodi (2006), indicato come possibile successore dello stesso
Bondi, abbia mostrato perplessità nell’assumere l’incarico. Che
oggettivamente si presenta molto complesso. In quanto a Ronchi, la sua
nomina dipende dal ministro dell’Ambiente e non dal premier. È stata
fatta il 15 giugno di un anno fa, scade quindi un po’ più in la rispetto
a Bondi, e non si sa se verrà riconfermata o meno".
"In quanto alla nuova cordata che dovrà acquisire le quote dal gruppo
Riva, i nomi in campo
sono il gruppo franco-indiano Arcelor-Mittal (*) con gli italiani Arvedi,
Marcegaglia e Riva, quest’ultimo ovviamente ridimensionato. «A parte Arcelor-Mittal, chi sta messo meglio
degli italiani è Arvedi. Sugli altri vedo problemi in quanto a risorse
finanziarie» commenta Marco Bentivogli, segretario nazionale della Fim
Cisl. In effetti, Marcegaglia mostra sì interesse all’Ilva ma anche
grande cautela... (per) le perdite della società
(Bondi, nel piano industriale, parla di un miliardo nel periodo
2014-2016); l’enorme conflitto giudiziario che sta montando a Taranto
con le relative richieste di risarcimento danni (3,3 miliardi quella del
Comune); l’altrettanto enorme esborso di soldi (1,8 miliardi solo di
interventi ambientali con l’Aia, altri 635 milioni per la sicurezza dei
lavoratori, ulteriori 1,7 miliardi di investimenti industriali per
essere competitivi; tanti, almeno, ne ha stimati Bondi); il mercato
dell’acciaio che va male per la crisi e che non fa intravvedere
guadagni. E allora, chi si avventura lungo questa strada?
Partita complicata: è più che evidente. Il Governo lo sa bene e intanto a
breve deve decidere che fare del piano industriale presentato da Bondi.
Tocca al Governo recepirlo perchè la legge dice che il piano
industriale... Solo
che il Governo è davanti ad un bivio: approvandolo, approva anche la
scelta di Bondi di puntare sul preridotto di ferro in alternativa alla
produzione fatta con l’agglomerato e le cokerie, ma si distacca dalla
volontà dei nuovi potenziali acquirenti, i quali sono stati chiarissimi:
del preridotto non si parla proprio. Non approvando il piano
industriale o rimettendolo in discussione, il Governo dà una sponda ai
privati ma rischia di mettere l’Ilva ancora più in bilico, di allungare i
tempi, e soprattutto di fare una retromarcia... A dare forza al tutto è anche quanto scrive il decreto di
approvazione del piano ambientale e che da qualche settimana è sulla
«Gazzetta Ufficiale». Qui, all’articolo 3, c’è la «raccomandazione» del
Governo affinchè l’Ilva riduca il carbon coke, perchè inquina, e scelga
altre soluzioni, tra cui il preridotto, proprio per migliorare la
sostenibilità della produzione. E allora, considerati questi paletti,
come se ne esce?
A meno che i nuovi «cavalieri» dell’acciaio non pensino ad un
siderurgico ridimensionato. Niente preridotto perchè costa, meno
investimenti perchè ci sono troppi soldi da impegnare, ma anche meno
produzione e meno altiforni. Così si riducono le emissioni. Certo, ma si
riducono di qualche migliaio pure gli occupati.
Claudio Riva nell'intervista di qualche giorno fa a Sole 24 Ore era stato chiaro: "Il preridotto di ferro?... Ne sento parlare dal 1983, andavo a scuola, e non mi pare che da allora ad oggi il preridotto abbia avuto una grande espansione nella siderurgia". Di utilizzare negli altoforni il preridotto di ferro - un materiale già assemblato e oggi acquistato dall'Ilva all'estero - e il gas metano al posto dell'agglomerato di minerali e carbon coke, Claudio Riva non ne vuole sentir parlare".
(*) CHI E' MITTAL? Ecco come lo descrive l'ex ambasciatore Armellini.
Mittal è un capitalista, non un buon padtre di famiglia. Se acquisterà l'Ilva, i sindacati si preparino. Le alleanze con Marcegaglia e Arvedi? Mah, non ho mai visto Mittal fare alleanze...
Mittal, con la Arcelor francese "ingoiata" nel 2006, è il primo produttore dell'acciaio del pianeta, con 84 milioni di tonnellate l'anno, 80 miliardi di dollari di fatturato. Oggi Mittal ha un patrimonio personale di una ventina di miliardi di dollari.
"la fortuna di Mittal è stata nella grande intuizione di comprare le aziende in crisi, quando la domanda di acciaio era calata... investe nel momento giusto su aziende che nessuno vuole... con Mittal all'Ilva potrebbe arrivare una svolta più grande della privatizzazione con cui lo Stato consegnò nel 1995 alla famiglia Riva il suo maggiore centro siderurgico...
"... Mittal ha sempre razionalizzato le aziende acquistate: ciò che gli serve lo tiene, il resto lo chiude... Mittal i suoi calcoli li sa fare... non si fa certo avanti perchè gli piace Taranto o perchè è innamorato dell'Italia..."
E le condizioni di lavoro? "Diciamo che Mittal fa il capitalista... non gliene importa niente di tutto il resto. Se può fa quello che vuole... Mittal sicuramente non è un imprenditore compassionevole... i problemi anbientali? Mittal probabilmente li risolverebbe perchè non vorrebbe avere grane... elimina i problemi ambientali ma di porrebbe un problema serio con i sindacati. Mittal punta a ottimizzare l'azienda, non ad aumentare i posti di lavoro...
(dice il giornalista): I sindacati non si sono trovati benissimo con Riva soprattutto agli inizi...
(risposta) Riva batteva loro sulla testa e loro dicevano di sì. Rispetto a Riva, Mittal è un industriale che compra le aziende e le fa funzionare..."
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