E' bene che altri operai Ilva denuncino. Ma è anche necessario cominciare a "metterci la faccia" e fare azioni di protesta, di blocco delle attività nei reparti nocivi.
(Dal fatto
quotidiano)
Sotto gli impianti dell’Ilva di Taranto “c’è di tutto”. La confessione di
un ex
operaio del siderurgico all’associazione ambientalista Peacelink è solo l’ultimo tassello di un puzzle
che dal sequestro disposto dalla magistratura il
26 luglio 2012 sta lentamente chiarendo la portata del concetto di “bonifica”
dello stabilimento siderurgico del capoluogo
ionico. Chi pensa che sia sufficiente rendere gli impianti
ecocompatibili deve fare
i conti con le notizie che da qualche mese preoccupano gli operai: perché se ciò
che vien fuori dai camini e dagli impianti viene ormai immediatamente
immortalato dalle tante ecosentinelle,
forse pochi conoscono davvero cosa l’Ilva nasconda sotto quei camini.
“Andavo lì con la mascherina
protettiva – racconta
l’uomo nel video – ma non riuscivo ugualmente a respirare per l’aria satura
di sostanze”
che ha rivelato come negli anni sotto quegli impianti sia stato tombato
materiale di ogni tipo. Rifiuto oleosi, catrame,
scarti di produzione, ma anche cromo,
vanadio e materiale a componente radioattiva. A provarlo, oltre alle
dichiarazioni dell’operaio che sono già finite all’attenzione degli inquirenti,
è il lavoro dei carabinieri del nucleo
operativo ecologico di
Lecce.
Solo negli ultimi due mesi, i militari guidati dal tenente
colonnello Nicola
Candido, hanno infatti individuato due discariche nascoste nelle
viscere della fabbrica.
Pochi giorni fa, sotto il reparto Acciaieria1,
i carabinieri del Noe grazie a una serie di carotaggi hanno individuato una discarica abusiva
che ha raggiunto la profondità di oltre 3 metri: gli esiti delle primi campioni
prelevati e analizzati
ad Arpa
Puglia hanno accertato la
presenza di materiale contaminato da idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) ben oltre i limiti di legge. A
dicembre, invece, era venuto a galla lo stoccaggio di rifiuti sotto il reparto Carpenteria:
cromo, vanadio e altri rifiuti pericolosi anche a “componente radioattiva”.
Tutto sotto i piedi di operai che, proprio nel reparto Carpenteria, in numero
elevato soffrono di patologia alla tiroide. Le indagini parlano di “numerose
gallerie” e “tre locali interrati” nei quali sono stati accumulati scorie di produzione e metalli pesanti.
Un dedalo di cunicoli dove sono stati accumulati
rifiuti particolarmente nocivi. Al momento, secondo le indagini svolte dai
carabinieri del Noe, dall’Arpa e dall’ispettorato del lavoro non vi
sarebbe fortunatamente alcun allarme per ilavoratori:
i livelli di radioattività nel del capannone “sono tutti confrontabili – si
legge negli atti dell’inchiesta – con i livelli di radioattività ambientale di fondo misurati nel piazzale
esterno“.
Ma al di là dei singoli casi, emerge il mistero inquietante che si
nasconde sotto la fabbrica. La vera scommessa per chi rileverà lo stabilimento
diTaranto,
quindi, non è solo ammodernare gli impianti affinché non siano più fonte di
emissioni nocive per gli operai e per i cittadini di Taranto,
ma anche e soprattutto quella di avviare una seria bonifica dei terreni sui quali l’Ilva esiste. Al
lavoro di copertura dei parchi
minerali, per fare un esempio, dovrà eseguire una seria mappatura
delle discariche realizzate abusivamente nei decenni di
gestione statale e privata a cui far seguire operazioni di bonifica. Coscienti
che “quello che c’è lì sotto – come ha rivelato l’operaio a Peacelink – era
indescrivibile”.
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