Per la società la prospettiva dello «spezzatino»
Matteo Meneghello23 febbraio 2016
Diciannove
manifestazioni di interesse ammesse alla due diligence (e altre sette
cui è stata chiesta un’integrazione) non bastano a diradare le nubi sul
futuro industriale del principale gruppo siderurgico d’Italia. Una
veloce analisi delle aziende che hanno deciso di inviare una proposta ai
tre commissari di Ilva, Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi
rivela che gli interessi sono sparsi e frammentati. Pochi,
ragionando sul core business e le dimensioni delle singole realtà
interessate, sarebbero pronti a rilevare Ilva nella sua interezza. E
anche gli elementi per organizzare una cordata intorno alla quota di
minoranza di Cdp non sono poi così numerosi, se si considera il nutrito
numero ai blocchi di partenza.
È
opportuno ricordare che l’invito a manifestare interesse pubblicato il 5
gennaio dai commissari riguarda non solo Ilva spa, ma anche altre sette
realtà controllate, attive in business legati all’hub tarantino, ma in
molti casi lontani dalla produzione d’acciaio.
Sulla
carta la maggior parte delle proposte sembrerebbero indirizzate proprio
a questa soluzione «a spezzatino». In vendita ci sono realtà come
Taranto Energia (utilizza i gas siderurgici di Ilva per la produzione
elettrica), Ilvaform (produce profilati), Ilva servizi marittimi.
Quest’ultima è la controllata armatoriale e ha tra i suoi asset una nave
da 300mila tonnellate di portata, alcuni spintori e chiatte, oltre a
200 dipendenti: due delle 19 manifestazioni di interesse, vale a dire
quella di Ionian shipping consortium e Pan Atlantic shipping co, sono
chiaramente indirizzate a questa realtà e certo non all’acciaieria di
Taranto.
Altra
realtà controllata è la Innse cilindri, con sede a Brescia. Questa
azienda, con oltre un secolo di attività alle spalle, realizza cilindri
per la laminazione, destinati all’autoconsumo di Ilva e al mercato. A
rigor di logica l’interesse della spezzina Fonderia Boccacci, che
produce getti in ghisa destinati anche a questo mercato (i rulli nascono
da fusioni di questo tipo) dovrebbe essere indirizzato ad Innse, e non a
Ilva spa. Stessa logica per la Faser di Lecco, che produce fusioni per
particolari dell’industria siderurgica, tra cui i rulli per colata
continua. Secondo il parere di numerosi addetti ai lavori anche le
manifestazioni di interesse delle Fonderie Mora di Gavardo (in provincia
di Brescia, appartiene al gruppo Camozzi) e della Lucchini RS di Lovere
(Bg) sarebbero indirizzate ad Innse.
Il
bando prevede anche la vendita di Sanac, controllata che si occupa
della produzione di refrattari, con circa 400 dipendenti e una capacità
produttiva di 200mila tonnellate all’anno, per un terzo destinate
all’esportazione. È a questa realtà che, per esempio, punterebbero i
polacchi di Zaklady Magnezytowe Ropczyce sa, attivi nello stesso
business. Con tutta probabilità guardano a Sanac anche Vesuvius Italia
(controllata del gruppo Vesuvius, leader mondiale nel settore dei
refrattari con sede a Londra e tra i principali fornitori di Ilva) e
Magnesita Refractories Gmbh, controllata tedesca del gruppo brasiliano.
Ci
sono poi i due centri servizio francesi (Socova, con sede a Senas e
Tillet, di Chatillon Le Duc) che potrebbero essere nel mirino degli
interessi transalpini (Etablissements robert et compagnie, Societe
mosellane de vente fers-toles-aciers) vista la loro limitata dimensione e
struttura. Sembrerebbero lontane dal core business produttivo anche la
casertana Dhi (si occupa di bonifiche), la Euroflex di Salerno (realizza
tubolari e profilati per edilizia e carpenteria) e la Car segnaletica
stradale di Benevento, mentre la Tecnotubi di Alfianello (Bs) ha
dichiarato di essere interessata solo al tubificio di Racconigi, in
provincia di Cuneo. I titolari di Eusider, di Trasteel e del gruppo
Ottolenghi (che non ha formalizzato una manifestazione di interesse)
hanno infine esplicitato l’interesse a partecipare ad un’eventuale
cordata, ma non certo a tirare le fila di questa eventuale aggregazione.
In
linea teorica i soggetti industriali in grado di puntare, da soli o
organizzando una cordata, al core business rappresentato dall’acciaieria
e dall’area di laminazione di Ilva, si contano sulle dita di una mano.
Si tratta di Arvedi, di Marcegaglia, della brasiliana Csn (quest’ultima
indicata due anni fa come potenziale partner di Arvedi nell’operazione
Ilva), della turca Erdemir (dalla quale si attendono integrazioni) e del
colosso ArcelorMittal che, però, secondo una fonte vicina al Mise,
avrebbe presentato una manifestazione di interesse solo per i laminatoi,
e non per l’area a caldo.
Resta
da capire infine il ruolo dei due fondi, il cinese P&C Shenzen e
l’americano Erp compliant fuels. I giochi però sono appena iniziati:
solo al termine della due diligence, quando sarà il momento delle
offerte definitive, il quadro sarà chiaro.
DAL VOLANTINO DIFFUSO IERI ALL'ILVA DI TARANTO
Agli operai Ilva,
Cosa proponiamo
- Un'assemblea
generale che rovesci i “Tavoli” e
imponga una nuova piattaforma.
- Una
lotta quotidiana che
non accetti lo stato di cose esistenti, commissari incapaci,
inosservanza di norme, condizioni di sicurezza, diritti, sanciti da
leggi che anche in questa fabbrica devono valere.
- Aprire
la fabbrica alla città, coinvolgere i quartieri popolari.
- Dare
vita ad un Comitato di
lotta per la salvezza
del lavoro e della salute, autonomo dalle attuali rappresentanze
sindacali, tutte.
Imponiamo
che non si firmi nulla, senza un decreto a tutela degli operai
SLAI COBAS per il
sindacato di classe
slaicobasta@gmail.com
3475301704 v. Rintone, 22 TA (aperta mart/giov. 17,30/20) leggi blog
tarantocontro
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