29 sono state le "domande di interesse" per l'Ilva, tra aziende italiane e estere, e alcune sono già state dichiarate ammissibili dai Commissari. Tra queste Arcelor Mittal (gruppo franco-indiano), Csn Steel (Brasile), Erp Compliant Fuel (Fondo Usa), Marcegaglia, Arvedi, Trasteel, Eusider, Amenduni, e chiaramente Cassa Depositi e Prestiti. Ci dovrebbe essere sicuramente anche un gruppo della Cina.
Nessuna di queste al momento ha presentato offerte economiche.
Ma qual'è la situazione di queste aziende. Che garanzie danno?
Vediamo le principali.
Cominciamo con Arcelor Mittal. "Il gigante indiano (primo produttore mondiale) sta boccheggiando per effetto del crollo dei prezzi delle materie prime e della concorrenza della Cina... è alle prese con le difficoltà dell'acciaio a livello mondiale e con le criticità sul fronte delle materie prime: nell'ultimo anno le sue azioni sono crollate del 60%. Il 2015 si è chiuso con una perdita di 7,9 miliardi di dollari - sette volte superiore a quella dell’anno prima... a dicembre aveva un indebitamento di 15,7 miliardi di dollari.. circa tre anni fa è stata declassata da tutte le agenzie di rating al livello “spazzatura” (le sue obbligazioni hanno raggiunto rendimenti superiori al 12%) - (da Sole24ore).
Nei giorni scorsi ArcelorMittal ha annunciato la chiusura di un impianto in Spagna.
L'interesse per l'Ilva, quindi, viene letto in chiave difensiva, per non farsi scippare dalla concorrenza il mercato mediterraneo.
Marcegaglia ha una situazione finanziaria niente affatto buona. "Ha un'esposizione con le Banche che nel 2014 ammontava a 1,245 miliardi (idem), a fronte di un patrimonio netto di 828 milioni. Una situazione a dir poco precaria. D'altra parte anche il suo interessamento per l'Ilva, quindi, si può definire difensivo; "visto che è uno dei principali consumatori mondiali di coils ed in questi anni è rimasto (tra alti e bassi) un grande cliente di Ilva".
"Anche Arvedi deve fronteggiare una situazione debitoria significativa; l'esposizione verso le banche ammontava nel 2014 a 647 milioni".
Da questo primo quadro viene fuori:
Uno, che alcune di queste aziende, soprattutto le estere, vogliono acquistare l'Ilva soprattutto per impedire la concorrenza sul mercato mondiale, in una situazione, tra l'altro, di sovrapproduzione dell'acciaio e di difficoltà di vendita. Quindi, lo scopo non è, in questa ottica, un acquisto per rilanciare la fabbrica e la produzione, ma per fortemente ridimensionarla. Scrive il Sole 24 ore: "Non è escluso che i soggetti eventualmente interessati, vista la situazione di mercato, puntino ad un ridimensionamento dell'attuale Ilva".
Due, che data la situazione economica difficile di queste aziende, il loro primo problema sarà, in ogni caso, di tagliare fortemente il costo del lavoro, che vuol dire prima di tutto i posti di lavoro (il giornale della Confindustria, Sole 24 ore, ad un certo punto parla di taglio di circa il 50% dei lavoratori!), insieme al peggioramento delle condizioni salariali e normative. Sul piano occupazionale gli stessi commissari straordinari scrivono nel bando solo di "idonee garanzie di mantenimento di "adeguati" livelli occupazionali". E ogni operaio comprende che quelle parolette "idonee garanzie" e "adeguati", tradotte significano che i nuovi padroni non sono affatto tenuti a conservare tutti i posti di lavoro.
Per non parlare del risanamento. Su questo, a parte l'escamotage previsto addirittura nel 9° decreto, attualmente legge, per cui i nuovi padroni potranno modificare il piano Aia secondo i loro piani industriali, tutto i discorsi fatti nel recente passato sulla newco e badcompany, dicono chiaramente - e lo conferma anche il giornale della confindustria - che "i costi del risanamento rimarranno comunque all'amministrazione straordinaria, lasciando il privato più libero di concentrarsi sulla parte industriale".
I sindacati confederali, ma anche l'Usb stanno ancora lì, come dei bambini ignoranti o, peggio, per tenere bordone al governo, a chiedere garanzie, 'Tavoli', a compiacersi degli "impegni" che ora una sottosegretaria (Bellanova), ora il pres. della Puglia, Emiliano, danno - quando la situazione in cui vogliono cacciare gli operai e, la popolazione di Taranto sul fronte bonifiche è chiara e documentata.
Ma anche gli operai devono capire e agire! Non possono pensare che con uno sciopero e un manifestazione conclusasi con una "lettera" al prefetto, possono ora stare ad aspettare, vedendo solo chi vince dei padroni. Perchè, così, comunque loro e le masse popolari di Taranto perdono sicuro!
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